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«Ascolto della cittadinanza, sinergia e visione: ecco ciò che oggi manca a Ferrara»

10 Dic

Romeo Farinella (urbanista di UniFe) è intervenuto per la presentazione del libro Spazi pubblici, usi privati di Italia Nostra: «così non c’è futuro»

di Andrea Musacci

Una città senza visione, quindi senza futuro, dove le società private la fanno sempre più da padrone, a scapito del governo pubblico e del ruolo della partecipazione dei cittadini.

È un’analisi dura ma necessaria quella emersa lo scorso 4 dicembre dall’incontro svoltosi nella Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea di Ferrara, incontro dal titolo Spazi pubblici, usi privati: l’impatto dei grandi eventi sui luoghi storici e naturali

Il titolo è lo stesso del libro (ed. La Carmelina) presentato per l’occasione, curato da Lucia Bonazzi, promosso da Italia Nostra – Sezione di Ferrara, e uscito lo scorso giugno. Proprio Bonazzi ha dialogato con Romeo Farinella, urbanista dell’Università degli Studi di Ferrara, mentre le introduzioni sono state affidate a Giuseppe Lipani, presidente della sezione ferrarese di Italia Nostra, e a Patrizio Bianchi, titolare della Cattedra Unesco “Educazione, crescita, uguaglianza” dell’Università degliStudi di Ferrara.

FARINELLA: «SERVE PIÙ SINERGIA E RUOLO DEL PUBBLICO»

«Si parla tanto di partecipazione, ma la vera partecipazione è un gioco di attori, deve riguardare tanto la cittadinanza attiva quanto le istituzioni»: così Romeo Farinella fin dalle prime battute del suo intervento ha messo il dito nella piaga di una delle contraddizioni o meglio, mistificazioni, dell’ambito del confronto pubblico nella nostra città. «Se manca l’interlocuzione tra queste parti», se – cioè – la partecipazione è solo quella dal basso, dei cittadini, «è a senso unico, è meramente formale, burocratica», ha aggiunto. Partecipazione che significa anche «conflitto, elemento essenziale nelle democrazie».

Altro punto importante toccato da Farinella riguarda «l’importanza di ragionare in termini sinergici tra città, tra realtà locali: Ferrara purtroppo lo fa poco». Ad esempio, «gli Atenei di Ferrara, Modena e Bologna, pur vicini, non dialogano e collaborano tra loro» (considerando anche il fatto che «Ferrara è una città con l’università ma non ancora una città universitaria»). In questo, la gestione dei grandi eventi è emblematica, essendo «all’insegna della competizione fra le città». 

Nella nostra città – ha proseguito Farinella – «il Progetto Mura e dell’Addizione verde invece di essere considerati un punto di ripartenza, e quindi un laboratorio per ripensare la città e i suoi spazi pubblici, sono stati e sono vissuti come un punto di arrivo». Insomma, anche negli attuali amministratori pubblici di Ferrara «manca un progetto di città, una visione, una strategia; anzi, una strategia c’è ed è proprio quella che l’attuale Amministrazione sta attuando: sempre più parcheggi, anche in centro e in luoghi tutelati come la Certosa, e un aumento dell’accesso dei veicoli nel centro storico». Servirebbero invece «più treni invece di pensare al rafforzamento delle strade». Una critica Farinella l’ha rivolta anche in merito a un recente incontro pubblico: «alcuni giorni fa all’iniziativa in Municipio in occasione dei 30 anni dal riconoscimento UNESCO per Ferrara e il Delta, non si è parlato di quest’ultimo e non vi sono stati interventi riguardanti i problemi di Ferrara e della sua urbanistica».

«Perché – si è chiesto ancora il relatore – UniFe non ha dato vita a un laboratorio sulla città?»: questo è un altro esempio di mancata sinergia/dialogo tra le istituzioni.E vale anche per le precedenti Amministrazioni comunali». E a proposito di dialogo e di partecipazione, per Farinella risulta «imbarazzante» che nella nostra città «non esista più un Urban Center», cioè l’organismo  che fino a pochi mesi fa svolgeva funzioni cruciali come «attività di ascolto, informazione, analisi di casi, accompagnamento delle comunità, supporto alla promozione delle iniziative», oltre alla gestione degli strumenti online e al coordinamento del Gruppo di lavoro “Beni comuni”.

Altrettanto «imbarazzante» è il fatto che «non esista un Museo della Città di Ferrara, altro segno della mancanza di strategia di chi ci amministra», oltre alla «scarsa manutenzione dello spazio pubblico, all’interno di un serio “Piano del verde”. Ma anche di questo, a livello delle istituzioni non se ne parla…».

Le riflessioni conclusive di Farinella sono state più generali, ancor più profonde e han riguardato «il venir meno, negli ultimi decenni, di una dimensione comunitaria, e di un crescere di quella individualistica». A ciò si affianca sempre più il problema del «modello di sviluppo» delle nostre società, nelle quali «il governo pubblico dei processi è sempre più debole», ad esempio «nell’assumere sempre meno professionisti» nello stesso pubblico, «delegando a privati attività un tempo a carico dell’Amministrazione pubblica»; mentre sempre più potere – si veda riguardo alla stessa scelta e gestione dei grandi eventi – «lo hanno società private». Senza pensare al fatto che «quando una città esalta i grandi eventi come volàno di sviluppo, vuol dire – appunto – che è una città senza visione, quindi senza futuro».

GLI ALTRI INTERVENTI: NUOVE REGOLE E  MAGGIOR TUTELA DEI BENI COMUNI

«Come Italia Nostra ci auspichiamo che si arrivi a un Regolamento ufficiale, quindi nei termini di legge, su cosa si può fare e cosa no al Parco Urbano di Ferrara», ha detto Lucia Bonazzi: «quali e quanti eventi, con quanti spettatori, con quanti decibel».E «chiediamo che il Parco Urbano sia maggiormente tutelato, o attraverso un vincolo paesaggistico o rendendolo zona di protezione speciale della Rete UE “Natura 2000″», nato appunto per la conservazione della biodiversità. Per i grandi eventi, andrebbe invece «valorizzata l’area nella zona meridionale della città». 

Lipani ha invece auspicato nella nostra città un «guardare in maniera integrata»: sviluppo e tutela possono andare assieme» e lo sviluppo, quindi, «non segua la mera logica del mercato». Se i beni comuni sono «il  patrimonio ereditato dai padri», la loro tutela «non può non essere partecipata»: non vanno quindi considerati come «un insieme di risorse da consumare», ma beni per cui «mettere a disposizione le proprie competenze e conoscenze». Lavorare assieme, insomma, «all’insegna della reciproca responsabilità», una «co-produzione di conoscenze che diventa co-progettazione».

Sprazzi utili per la riflessione  li ha regalati anche Bianchi, trattando innanzitutto della partecipazione da intendere come «capacità di sentire individualmente e collettivamente la responsabilità», o del «rapporto tra patrimonio e sviluppo, da ridefinire considerando non solo il patrimonio tangibile, ma soprattutto quello intangibile, immateriale». E infine, l’accento sull’importanza di «tornare a ragionare sul lungo periodo, anche riguardo ai grandi eventi», e «pensando a tutte le possibili ricadute, considerando la città tutta assieme, non a comparti separati».

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 12 dicembre 2025

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«Formazione e ricerca: solo così l’Europa può essere competitiva»

22 Feb

La Prolusione dell’ex Ministro Patrizio Bianchi all’Accademia delle Scienze di Ferrara: «Cina e altri Paesi sono all’avanguardia nel digitale, ma le disuguaglianze aumentano»

di Andrea Musacci

Quale può essere oggi il ruolo dell’Europa in un contesto globale complesso, conflittuale e dominato sempre più dall’economia cinese e da altre economie orientali?

Su questa drammatica domanda ha riflettuto lo scorso 12 febbraio Patrizio Bianchi nella sua Prolusione richiestagli dall’Accademia delle Scienze di Ferrara. In via del Gregorio, dopo i saluti di Pier Andrea Borea (Presidente dell’Accademia) ha preso la parola il noto economista, titolare della Cattedra Unesco Educazione, crescita ed eguaglianza presso l’Università di Ferrara. Lungo, il suo curriculum: solo per citare gli incarichi passati più prestigiosi, ricordiamo che è stato Ministro dell’Istruzione del governo Draghi, Assessore a scuola, università e ricerca della Regione Emilia-Romagna ed è professore emerito di UniFe, di cui è stato Rettore. “Tendenze e conflitti dell’economia globale”: già dal titolo scelto per la sua Prolusione, ben si comprende su quale contesto ci troviamo a ragionare a 35 anni dalla caduta del Muro di Berlino, e quando ormai ampiamente si sono spente quelle speranze nate allora di poter vivere in un mondo di pace e dove il libero mercato dovrebbe portare maggiore democrazia e ricchezza per i popoli.

FRATTURE E DISILLUSIONI

«L’attuale momento internazionale è molto difficile, in quanto attraversato da diverse fratture», ha esordito Bianchi. Per questo, è importante «l’apporto della ricerca, della scienza, di parlarsi, di confrontarsi: oltre all’Università, è significativo il ruolo delle Accademie come la vostra».

Viviamo dunque in un’epoca complicata, che segue una lunghissima crescita avvenuta nell’ultimo mezzo secolo. In questo periodo di tempo, però, vi sono state «fasi tra loro molto diverse»: si usciva dal secondo conflitto mondiale e dopo 40 anni è caduto il mondo sovietico, dando vita a una fase nuova: a metà anni 90 si è avuto, infatti, il World trade Agreement, la possibilità cioè di commerciare liberamente fra tutti i Paesi a livello globale, a differenza di ciò che avveniva durante la Guerra Fredda. Successivamente, vi è stata una rapidissima fase di crescita, con un aumento fortissimo della popolazione a livello mondiale (più che raddoppiata in pochi decenni) e un aumento del reddito medio. «Ma questo aumento del reddito non è stato distribuito equamente», ha aggiunto il relatore. Tre sono le grandi illusioni nate dopo la caduta del Muro nel 1989: «che non ci sarebbero più state guerre, che il mercato si sarebbe autoregolato e che le nuove tecnologie avrebbero reso il mondo più democratico. Ma questi tre aspetti – fra loro collegati – non si sono del tutto realizzati».

RICERCA PER CRESCERE

La vera protagonista a livello mondiale – per la crescita impetuosa che ha avuto – è la Cina. Cina che dagli anni ’90 ha avviato politiche di «salari bassissimi, dimostrando grande capacità di produzione e forte disponibilità a collaborare con gli altri Paesi». Collaborazione che è avvenuta «facendosi formare» dagli occidentali, ai quali, quindi, ha “preso” anche le tecnologie. Un aspetto decisivo, questo, e drammaticamente «sottovalutato» da molti. I cinesi, quindi, avevano capito che «educazione, formazione e ricerca sono le chiavi dell’innovazione». Le fasi di instabilità – perciò – «sono molto pericolose se non si investe nell’industria, quindi nell’innovazione, in formazione, ricerca e tecnologia ma si sta attenti solo ai guadagni in Borsa», ha ammonito Bianchi. «Ciò che fa la differenza, quindi, sono gli investimenti di lungo periodo». Arrivando all’inizio del nuovo millennio, la nuova fase è segnata negli USA dalla crisi dei subprime, «che colpisce soprattutto le banche più piccole, legate a quelle grandi e grandissime. A questa crisi negli USA si è reagito girando pagina, cioè investendo sull’industria digitale». Dal 2008, infatti, «lo scambio internazionale di prodotti fisici cala, ma la produzione totale cresce, grazie proprio all’aumento dell’economia digitale».

EUROPA E RUSSIA IN DIFFICOLTÀ

È soprattutto in questi anni che la Cina cresce esponenzialmente mentre l’Europa registra una «crescita scarsa e molto altalenante». L’Europa – per Bianchi – «solo quando gioca assieme compete e trascina l’economia mondiale, mentre quando si fraziona è troppo piccola per stare al passo» degli altri Paesi forti. E oggi – è l’ennesimo allarme che l’economista lancia – per l’Europa «potrebbe essere troppo tardi per una ripresa, per una crescita pur necessaria per la stabilità mondiale». Fra i grandi Paesi, solo la Russia non può altrettanto sorridere. È, infatti, un Paese «dominato da un gruppo ristretto di oligarchi che impedisce lo sviluppo di una vera economia nazionale: in Russia si registra una forte inconsistenza del sistema economico».

ANALISI DI ALCUNI SETTORI CHIAVE

Andando più nel dettaglio, e analizzando alcuni settori economici chiave, vediamo ad esempio come dal 2000 al 2021 il mercato dell’auto in Cina è cresciuto in % dal 1,5 al 37,5, mentre negli USA è calato dal 13,4 al 2,7 e in Germania dal 12, 4 al 5,4. E la Germania è il Paese europeo più forte in questo settore… 

«La chimica – ha poi aggiunto Bianchi – è l’ambito che oggi più mi preoccupa, se in esso non riusciamo più a produrre e a innovare». Proseguendo, per quanto riguarda la produzione digitale, nei circuiti integrati svettano Hong Kong, Cina, Taiwan e Singapore; gli USA producono invece circa 1/3 di ognuno di questi Paesi. Idem per i semiconduttori, prodotti per il 22% in Cina, altrettanto a Taiwan e per il 25 in Corea del sud. Per non parlare dell’«enorme concentrazione di ricchezza nell’ambito della comunicazione, dove dominano Cina e USA». Ma la Cina è anche il Paese «con più brevetti e che più ha investito in robot e macchine di produzione ad alta tecnologia: se i Paesi europei – ha spiegato con amarezza Bianchi – si mettessero tutti insieme arriverebbero forse ai livelli di USA o Giappone», ma sarebbero comunque ancora lontani dalla terra del dragone.

DISEGUAGLIANZE CRESCENTI

Come accennato sopra, tutto ciò negli ultimi tre decenni ha portato, però, a «un aumento delle disuguaglianze a livello globale». In particolare, in Cina sono raddoppiate: il 10% dei ricchi controlla il 70% della ricchezza, mentre in USA il 10% della popolazione controlla l’80% della ricchezza, e il secondo 50% controlla appena lo 0,6%…

Se il massimo della povertà rimane in Africa e in America latina, la vecchia Europa «tiene», nonostante tutto. Il nostro continente – ha spiegato Bianchi – «è marginale nel digitale ma primo in altri settori: ad esempio esportiamo in quello farmaceutico e negli strumenti scientifici, soprattutto legati all’ambito sanitario e più in generale alla qualità della vita. Investimenti in salute, scienza e welfare sono quindi importanti perché possono essere elementi di traino per l’Europa a livello globale. Dobbiamo consolidare questo nostro primato europeo: ma purtroppo il tema viene spesso sottovalutato». Com’è – secondo Bianchi – sottovalutato quello dell’educazione, «importante non solo per la vita delle persone ma appunto come traino per lo sviluppo».

DOVE STA L’EUROPA?

Oggi qual è, quindi, il posto dell’Europa nel mondo? Per Bianchi, come detto, l’unica via per il nostro continente sta nell’«investire in educazione, ricerca e nella capacità di trasformare queste in qualità della vita. Non dobbiamo abbatterci: l’identità europea oggi si può esprimere a livello continentale unitario solo nella capacità di investimento e recuperando una visione di lungo periodo, per poi – sempre come Europa – essere in grado di costruire e garantire la pace a lungo termine».

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 21 febbraio 2025

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Omaggio alla stampa nella personale di Orioli

14 Gen

2015-01-10 17.58.43Oltre a ricoprire un ruolo importante nel panorama giornalistico italiano (in quanto vicedirettore de Il Sole 24 ore), Alberto Orioli porta avanti anche una originale attività artistica. In omaggio al suo lavoro ha intitolato “Menabò” la nuova personale, presentata sabato alle 18 alla Galleria del Carbone in Via del Carbone, 18/a. Oltre all’artista e a Paolo Volta della Galleria, è intervenuto anche Patrizio Bianchi.

Orioli ci spiega come la mostra spazi tra un approccio “tecno-entusiasta” e uno “intimista”. Nelle ventidue opere propone un ready-made attraverso il collage di pagine di quotidiani (italiani ed esteri) con oggetti apparentemente poco vicini al mondo della carta stampata: viti, chiodi e bulloni.

2015-01-10 18.24.48Un omaggio surreale all’informazione cartacea, che rischia di diventare, con l’irrompere irrefrenabile della stampa digitale, “un oggetto di culto”. Una riscoperta, dunque, della materialità come elemento originario della lettura, con le sue spirali di parole, “scarnificate e reinventate” in un linguaggio eclettico e al tempo stesso universale, in una parola: artistico.

La mostra è visitabile fino al 25 gennaio dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 20, sabato e festivi dalle 11 alle 12.30 e dalle  17 alle 20, chiuso il martedì.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 14 gennaio 2015

Al Carbone il tempo trasformato in arte

24 Nov

Opera di Flavia FranceschiniUna babele di linguaggi e di suggestioni dedicate al concetto di tempo, percepito come mistero, come entità inafferrabile, forse indicibile. La collettiva “Scandito ad arte. Suggestioni sulla misurazione del tempo” è stata inaugurata sabato alle 18 presso la Galleria del Carbone, in Vicolo del Carbone, 18/a, alla presenza dell’Assessore regionale Patrizio Bianchi. Dodici artisti ferraresi si sono incontrati per confrontarsi su questa intuizione, cercando di dare forma artistica all’interrogativo sulla rappresentazione del tempo. Mentre nella prima sala gli artisti sono stati invitati a usare come base delle proprie creazioni lo stesso tipo di orologio da parete, nella seconda alcuni di essi hanno proposto dipinti e installazioni sullo stessa tema. Si può trovare il serpente attorcigliato di Guidi a scandire forse l’eterno ritorno, o le farfalle di Carletti e Difilippo (contro la post-tecnologia di Cova), le vorticose fanciulle danzanti della Franceschini, oppure il tempo inteso come immobilità, sospensione eterna, come nel caso di Volta, Turra e Zanni.

Completano la collettiva le opere di Bonora, Bottazzi, Cestari e Goberti, tra richiami alla civiltà sumerica, lune dorate e riflessioni sulla soggettiva percezione del passar del tempo.

La mostra è visitabile fino al 7 dicembre tutti i giorni dalle 17 alle 20, sabato e festivi anche dalle 11 alle 12.30. Chiuso il martedì.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 24 novembre 2014

La storia di Adriano Olivetti oggi all’Ibs.it

12 Apr

Adriano_Olivetti_fotoritrattoIn occasione dell’uscita del volume di Adriano Olivetti, “Le fabbriche del bene”, per Edizioni di Comunità, e delle nuove edizioni degli scritti olivettiani, oggi alle 18 alla libreria Ibs.it in p.zza Trento e Trieste a Ferrara vi sarà un incontro pubblico. Dopo l’introduzione di Fabio De Luigi, interverranno Patrizio Bianchi, Assessore alla Regione Emilia-Romagna e ordinario di Economia applicata, e Beniamino de’ Liguori, Direttore editoriale Edizioni di Comunità e Centro Studi Fondazione Adriano Olivetti. L’incontro è organizzato in collaborazione con Fondazione Adriano Olivetti e Edizioni di Comunità. Scomparso nel ’60, Olivetti fu un innovatore nell’ambito imprenditoriale, antifascista e forte sostenitore di un federalismo – nazionale ed europeo – fondato sulle comunità locali. A tale scopo fondò il Movimento Comunità.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 12 aprile 2014