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Vecchio, povero e fragile: il territorio ferrarese secondo l’Annuario CDS

18 Dic

La tradizionale fotografia socio-economica di fine anno, fra disuguaglianze e possibilità

I dati, si sa, sono sempre interpretabili, non sono mai dogmi assoluti. Forniscono, però, alcune chiare indicazioni sulla realtà. Realtà che spesso stentiamo a riconoscere, come nel caso della situazione socio-economica del territorio Ferrarese.Anche quest’anno, come negli ultimi 37, il CDS di Ferrara (Centro ricerca Documentazione e Studi economico sociali) ha presentato il proprio Annuario, il 13 dicembre  nella Sala Convegni CNA di via Caldirolo, realizzato con il Patrocinio di ISCO, Provincia di Ferrara e ASviS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. L’Annuario 2024 – che ha come sottotitolo “Osserva Ferrara”- è stato presentato da Annalisa Ferrari e Gianpiero Magnani (Direttivo  CDS). Quest’ultimo ha spiegato come al suo interno vi siano i contributi di 50 autori che hanno utilizzato oltre 180 fonti per i dati e le informazioni necessarie. Il pomeriggio – molto partecipato – si è concluso con un ricordo di Paolo Micalizzi da parte di Sergio Foschi e la proiezione di “Lo sguardo e la memoria.Il sogno infinito di Paolo Micalizzi“, a cura di Roberto Fontanelli e Riccardo Modestino.

BRACCI: «SERVE CAMBIO DI PASSO»

Dopo i saluti di Anna Quarzi (Presidente ISCO) e Diletta D’Andrea (Consigliera Provincia di Ferrara) (assenti il Presidente provinciale  Garuti e quello regionale De Pascale), ha relazionato la Presidente del CDS Cinzia Bracci. Che ha innanzitutto fatto un piccolo annuncio: «stiamo pensando di tornare a realizzare anche un Annuario ad hoc sulla città di Ferrara». L’analisi della situazione socio-economica della nostra Provincia è impietosa: innanzitutto, com’è noto, in Regione il Basso Ferrarese è una delle zone più povere assieme a quelle montane. La distanza dalla via Emilia, insomma, fa la differenza. A livello demografico, la nostra Provincia in 20 anni ha registrato un calo da 360mila a meno di 340mila abitanti e siamo la Provincia con l’indice di vecchiaia più alto in tutta l’Emilia-Romagna. «E fino al 2031 la popolazione calerà ancora e pesantemente». A Ferrara, poi, l’età media è di 49 anni, 2 sopra quella regionale. «Con questi dati – ha proseguito Bracci – vi sono seri problemi di sostenibilità: servirebbero, soprattutto a livello nazionale, incentivi alla natalità e che impediscano l’emigrazione dei nostri giovani, oltre a politiche per una vecchiaia più attiva». Al riguardo, la Presidente ha citato una proposta di Pino Foschi, fondatore del CDS, di lasciare i lavoratori in età di pensionamento per alcuni anni in tandem sul luogo di lavoro coi più giovani.

A fianco della crisi demografica, vi è quella sociale: la nostra Provincia, in Regione, è quella con meno stranieri e «ciò è segno di poca attrattività produttiva». Spesso, poi, i lavoratori stranieri presenti sono stagionali.Forti differenze vi sono anche all’interno del Ferrarese, ad esempio nella percentuale di laureati/e (ad es., l’8,3% a Goro e il 38% a Ferrara). In ogni caso, in questo ambito «siamo ben al di sotto sia della media regionale sia di quella nazionale, nonostante un Ateneo in crescita». AUniFe, secondo Bracci, manca ad esempio «un Dipartimento di Agraria», in un territorio come il nostro ancora fortemente agricolo. Ancora sui giovani: il 16,1% non studia né lavora, altro «dato pesante». La fragilità economica, di conseguenza, è inevitabile: siamo la penultima Provincia come reddito imponibile medio, e come livello occupazionale nell’industria e nel terziario siamo sotto la media nazionale. Inoltre, il 62,9% delle imprese ferraresi è piccola come dimensioni. «È necessario – ha aggiunto Bracci – un cambio di passo, con innovazione e politiche serie. Altrimenti per la nostra Provincia sarà un disastro». Gli aiuti, da alcuni anni, ci sono ma «dei Fondi di coesione, appena l’1% lo usiamo in innovazione, contro il 33% a livello regionale, e quelli del PNRR non sappiamo se le future generazioni saranno in grado di restituirli», dato che in parte sono prestiti.

Anche a livello morfologico, il nostro è un territorio fragile, che va conservato e protetto: «non possiamo pensare che ce la caveremo per sempre».

BIANCHI E CALAFÀ: «TUTELARE IL LAVORO»

«Quello sulla nostra Provincia è, naturalmente, uno sguardo limitato ma nel suo piccolo ci fa comunque comprendere alcune trasformazioni in corso a livello nazionale, europeo e mondiale», ha riflettuto poi  Patrizio Bianchi (Cattedra UNESCO “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, UniFe). «Oggi nei  Paesi avanzati sempre più assistiamo a un fenomeno per cui in aree sviluppate si creano aree povere, bolle di svuotamento». Bianchi si è quindi concentrato sul tema del lavoro, che sta cambiando, soprattutto «nella percezione dei giovani, i quali non concepiscono più di poter svolgere lo stesso impiego per tutta la vita». Questa flessibilità, però, «ha bisogno di essere tutelata». Ma servono anche «reti infrastrutturali e comunicative per attrarre le imprese». In ogni caso, ha ribadito Bianchi, attenzione perché la crescita economica spesso negli ultimi decenni ha portato a «un aumento delle disuguaglianze, come ad esempio in Cina». La «scarsa partecipazione» e quindi la «scarsa democrazia» sono un rischio nelle società avanzate e all’interno dei luoghi di lavoro. Sul tema del lavoro e dei suoi diritti si è concentrata anche Laura Calafà (Docente di diritto del lavoro, UniVr): «serve la tutela di un lavoro dignitoso» contro «le ricadute in basso della globalizzazione», contro i cosiddetti “contatti collettivi pirata“, quelli cioè sottoscritti non dalle grandi organizzazioni sindacali e quindi con una corsa al ribasso nei trattamenti economici e normativi del lavoro.

MORELLI: DONNE E DELTA

SCANDURRA: FORMAZIONE PARTECIPATIVA

«Nessuno si salva da solo, è fondamentale lavorare assieme», ha poi chiosato Aida Morelli (Presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna), che si è concentrata sul tema della parità di genere («è un fatto sostanziale, ne va della stessa democrazia») e sul Delta del Po, «che ha grandi potenzialità di crescita, con possibili ricadute positive indirette anche a livello occupazionale». L’ultimo intervento è poi spettato a Giuseppe Scandurra (Docente di Antropologia culturale, UniFe), il quale ha accennato alla collaborazione tra Dipartimento di Studi Umanistici (Laboratorio Studi Urbani) di UniFe e CDS. «Da anni – ha detto – i miei studenti e le mie studentesse li coinvolgo in progetti di ricerca sul nostro territorio»: un’esperienza importante soprattutto dopo 1 anno e mezzo di dad causa Covid e con «il crescere delle università telematiche», fondate proprio sulla dad e sulla privatizzazione e lo svilimento del sapere.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 dicembre 2024

Abbònati qui!

Lavoro e redditi in crisi: e il PNRR non aiuta a superare le disuguaglianze

22 Dic

Presentato dal CDS Ferrara l’Annuario socio-economico: nel Ferrarese calano gli addetti, il Petrolchimico non ha un futuro roseo, il turismo non decolla, Ferrara non è ancora una città universitaria. E i fondi PNRR in provincia e in Regione non aiutano le aree povere

Occupazione e turismo non danno segnali positivi, e il PNRR spesso non è distribuito in modo da ridurre le disuguaglianze territoriali. È questo il quadro impietoso della nostra provincia illustrato lo scorso 16 dicembre nel corso della presentazione della 36^ edizione dell’Annuario Socio-Economico Ferrarese, realizzato da CDS Cultura OdV (Centro ricerche Documentazione e Studi), col patrocinio di ISCO e Provincia di Ferrara.

La giornata svoltasi nella sede del CNA di Ferrara, coordinata da Cinzia Bracci, Presidente CDS, ha visto Silvia Dambrosio leggere un passo sulla “pace integrale” tratto dal libro “La saggezza e l’audacia” di David Sassoli e gli interventi di diversi ospiti: Manuela Coppari (responsabile Servizio Pianificazione Territoriale e Urbanistica Provincia di Ferrara) per l’illustrazione del Piano Territoriale di Area Vasta; Massimiliano Mazzanti (Direttore Dipartimento di Economia e Management e delegato PNRR UniFe) e Giovanni Peressotti (Direttore Dipartimento Tecnico e delle Tecnologie Sanitarie AUSL e dell’Azienda ospedaliero-Universitaria di Ferrara), che hanno presentato le scelte progettuali, rispettivamente di UniFe e delle ASL ferraresi, derivanti dal PNRR e da altre fonti di finanziamento; Paolo Calvano, Assessore Emilia-Romagna, che invece ha trattato la strategia regionale e la programmazione della politica europea di integrazione e coesione; e, infine, Paolo Micalizzi, che ha guidato alla visione del documentario di Giuliano Montaldo “Ferrara. La città spettacolo” (1988).

LA CRISI DEL FERRARESE DENTRO LA CRISI DELL’OCCIDENTE

Due sono stati gli interventi introduttivi alla lunga mattinata, nei quali è stato presentato l’Annuario: Andrea Gandini (Direzione dell’Annuario CDS) ha tratteggiato gli aspetti congiunturali locali più rilevanti: «Ferrara è ancora la “bella addormentata”», ha esordito. «Nei primi decenni del secondo dopoguerra, c’è stata una situazione eccezionale di crescita, uguaglianza e benessere. Uscivamo da una guerra, i valori erano molto forti e le élite erano quindi interessate a diffondere le innovazioni in tutto il Paese». Ma furono decenni, appunto, eccezionalmente positivi. «Negli ultimi 30 anni registriamo una crescita delle disuguaglianze e una perdita di salario reale: la maggioranza delle persone – ha spiegato – ha avuto un peggioramento del reddito» e «la disuguaglianza è destinata ancora ad aumentare, con un declino dell’area del dollaro, la crescita dei Paesi del BRICS, e un indebolimento delle aree più piccole e fragili dell’Europa e dell’area occidentale».

Secondo Gandini, «la grande sfida» dei prossimi anni e decenni sarà rappresentata dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: «si può fare in modo che possa diventare una risorsa utile per la diffusione della prosperità e l’aumento dei salari», oppure – e questa è la previsione purtroppo più realistica – le innovazioni verranno utilizzate per aumentare l’automazione e sequestrare l’aumento di produttività a vantaggio delle élite». In questo contesto globale si inserisce il discorso sui fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il programma con cui il Governo gestisce i fondi del Next generation Eu. Innanzitutto, ha sottolineato Gandini, «il PNRR è per il 65% a debito, quindi dovremmo essere più cauti nello spendere questi fondi».

Se a livello nazionale «il monte ore lavorato è in calo e l’occupazione aumenta solo per i contratti part time e i tempi determinati», nel 2022 nella nostra provincia si registra una perdita di 4mila addetti. E anche le presenze turistiche nel Comune di Ferrara risultano in calo rispetto al 2019. Inoltre, nella nostra provincia «la manifattura è in crescita nel 2022, ma solo per le imprese con almeno 100 addetti» e lo stesso Petrolchimico è fonte di «grandi preoccupazioni» per il «ridimensionamento delle grandi società» nei prossimi anni. Più in generale, nella nostra provincia «non si riesce a trovare personale, a causa del violento calo demografico e dei tanti nostri giovani che cercano lavoro a Modena e Bologna».

Una nota parzialmente positiva arriva dal mondo universitario, con UniFe che aumenta di anno in anno gli iscritti (attualmente sono circa 28mila), di cui l’81% è fuori sede (la percentuale più alta d’Italia). «Ma non siamo ancora diventati una vera città universitaria, per quanto riguarda soprattutto gli studentati e la transizione al lavoro», con tanti giovani che dopo la laurea nel nostro Ateneo abbandonano Ferrara. Un esempio virtuoso a livello nazionale è invece rappresentato dal recente accordo sindacale negli stabilimenti Luxottica: il nuovo contratto integrativo aziendale prevede un modello di orario che introduce 20 settimane lavorative a 4 giorni e 30 a 5 giorni, a parità di salario, con la stabilizzazione a tempo indeterminato di 1.550 lavoratori in somministrazione e il rilancio della cosiddetta “staffetta generazionale” (part time per gli assunti anziani e assunzioni a tempo pieno, fin da subito, per i giovani). Un modello da imitare e che fa ribadire con forza a Gardini che «la ricchezza futura potrà essere creata aumentando le relazioni e il senso di comunità», non solo gli occupati e il welfare.

PNRR DISEGUALE

Diversi gli aspetti critici emersi anche dalla relazione di Aurelio Bruzzo (Direzione dell’Annuario CDS) riguardante l’utilizzo dei fondi PNRR a Ferrara e provincia. Si conferma, innanzitutto, il divario della nostra provincia rispetto al resto della Regione (che è tra le più sviluppate di Europa) e quello all’interno della nostra provincia tra il più arretrato Basso Ferrarese e il resto del territorio. «Come reddito pro capite – ha spiegato Bruzzo – la nostra provincia registra il valore più basso in Regione» e con una differenza rispetto al bolognese simile «a quello che nel secondo dopoguerra esisteva tra il nord e il centro-sud del nostro Paese». Ma le risorse del PNRR, che dovrebbero aiutare anche il superamento delle disuguaglianze territoriali, «non sono state distribuite in misura maggiore nelle aree più povere della Regione», vale a dire in buona parte di quelle della Romagna. Anche nella nostra provincia, nonostante il valore dei fondi PNRR sia fra i più alti in Regione (secondo solo a quelli assegnati al bolognese), l’area più povera (il Basso Ferrarese) ha ricevuto meno fondi rispetto alle altre aree della provincia, con l’unica eccezione del Comune di Goro. «Il PNRR, quindi, – ha concluso amaramente Bruzzo – non riequilibra i divari territoriali né in Regione né nella nostra provincia».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 22 dicembre 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

Ferrarese, un territorio che si ritrae su se stesso

19 Dic

L’analisi delle disuguaglianze territoriali e sociali fatte dal Centro Documentazione Studi. Auto elettriche, Polo del riciclo della plastica, Delta del Po: alcune proposte per uscire da una crisi cronica

di Andrea Musacci

«Da un punto di vista socio-economico il territorio ferrarese è estremamente eterogeneo e frammentato, e questo è sempre stato un ostacolo alla sua crescita». Di questa e altre disuguaglianze si è parlato lo scorso 17 dicembre nella Sala Convegni di CNA Ferrara in occasione della presentazione di “Ferrara Diseguale”, l’Annuario Socio-Economico Ferrarese 2022 che CDS (Centro Documentazione Studi) Cultura OdV ha presentato.

Disuguaglianze territoriali

Le parole di Guglielmo Bernabei (Avvocato, docente Unife e socio Cds) che abbiamo citato all’inizio ben sintetizzano la riflessione da lui svolta sulla difficile e cronica situazione del Ferrarese e su alcune possibili soluzioni.

Innanzitutto un’analisi della realtà: Comuni come Riva del Po, Fiscaglia e Jolanda diSavoia hanno tassi di occupazione molto bassi, e negli ultimi tre anni il reddito medio pro capite nel Ferrarese è calato in maniera significativa. Nelle cosiddette Aree interne, in alcuni casi è la metà della media provinciale, quasi 1/3 rispetto a quello del Comune capoluogo. Cresce inoltre la disoccupazione giovanile (fascia d’età 15-24 anni), passata dal 16,8% al 24,5%, mentre il tasso di inattività è al 25,4%, con picchi nei tre piccoli Comuni sopraccitati, oltre che a Copparo. Interessante anche l’Indice di dotazione automobilistica, con il calo nelle vendite di auto con grande cilindrata e l’aumento dell’acquisto di auto in alcune zone, come Mesola, a causa degli scarsi servizi di trasporto pubblico. Spopolamento, calo demografico, invecchiamento, dunque, dominano nel nostro territorio, «un territorio che si ritrae su sé stesso», ha detto Bernabei. Negli ultimi anni anche il tasso di pendolarismo è aumentato, di due volte e mezzo rispetto alle altre Province in Emilia-Romagna.

Una «sofferenza economica», quindi, e un conseguente «sfilacciamento sociale», acuiti dalla pandemia e dalla crisi di quest’anno, ma creatasi nel tempo: «per evitare che si cristallizzi – ha riflettuto ancora Bernabei – ci vogliono maggiori aggregazioni industriali e con alta produttività (come sono il Petrolchimico e la VM di Cento), pensando ad esempio a sfruttare le grandi trasformazioni in termini di automazione che stanno avvenendo nel comparto automobilistico, in particolare riguardo alle auto elettriche». C’è bisogno, inoltre, di «una forte alleanza tra enti locali, terzo settore ed imprese», e di «incentivare le start up e l’economia della conoscenza». Il rischio è che l’intera nostra Provincia diventi «una grande Area interna», non riuscendo a stare al passo delle trasformazioni sempre più veloci. Il futuro, più in generale, sta in «un’Italia micropolitana, che sappia cioè valorizzare davvero nuove funzioni sociali nei piccoli contesti, implementando il sistema sociale, la banda larga, la capacità amministrativa». E, nel caso del nostro territorio, che venga tutto – non solo Ferrara – considerato «per le sue forti capacità di attrazione turistica e per l’importanza  dei Distretti rurali». C’è bisogno – ha concluso Bernabei – che il Ferrarese «venga davvero considerata come una “Zona Economica Speciale”, oggetto cioè di interventi mirati. La Zona Logistica Semplificata non è più sufficiente».

Altre due proposte per creare ricchezza nel nostro territorio, le ha date Giuseppe Ferrara (Cds): la prima e più importante sarebbe quella di dar vita a un Polo Tecnologico Nazionale per il riciclo integrale dei rifiuti plastici. «A Ferrara esistono tutte le competenze per farlo: la plastica è un materiale molto leggero e molto resistente e facilmente riciclabile facendo tornare virgin-nafta (il semilavorato dalla raffinazione del petrolio) i prodotti finiti e usati». La stima di 70 miliardi di mascherine chirurgiche prodotte solo nell’ultimo biennio a livello mondiale a causa della pandemia, dovrebbe davvero farci riflettere dell’importanza di riciclare non solo per la tutela dell’ambiente ma anche per non sprecare un prodotto così riutilizzabile.

La seconda proposta, legata a questa, riguarda la creazione di un Museo della Plastica a Ferrara, vista l’importanza che questa ha nella nostra economia locale.

Delta del Po come risorsa

Oltre 54mila ettari, di cui quasi la metà valli e lagune salmastre, oltre a paludi d’acqua dolci, boschi e spiagge:è questo il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, presentato  da Aida Morelli, Presidente dell’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità del Delta del Po. Nove Comuni in tutto, da Goro a Cervia, si tratta di una delle aree naturalistiche più importanti del mondo ed è «un esempio di una terra potenzialmente molto ricca ma che in molti casi, soprattutto nel Ferrarese, poco valorizzata».

Disuguaglianze sociali: il Centro di Ascolto dell’UP Borgovado

È stata Patrizia Di Mella a presentare il progetto nato dieci anni fa a Ferrara. Una dozzina di volontari (perlopiù insegnanti e medici, più o meno in pensione), senza alcuna “piramidalità” che aiuta un centinaio di persone le quali, una volta al mese, ogni mese, vengono a ritirare la spesa con i beni forniti dal Centro di Solidarietà e Carità. Lo Sportello di ascolto è aperto due ore il martedì mattina, «perché per noi – ha spiegato – centrale è arrivare alla persona, anche al di là del suo bisogno economico: cerchiamo di aiutarli anche nell’affrontare questioni come la ricerca del lavoro, della casa o il pagamento delle bollette. Anche così si può iniziare a dar vita a una vera integrazione, a una socializzazione. Stiamo – ha concluso – lavorando per unire tutti i Centri di ascolto presenti in città, perlopiù nelle parrocchie».

Storia e bellezza da valorizzare

Infine, Paolo Micalizzi ha presentato il cinema di don Massimo Manservigi, nostro Vicario Generale, ed è stato proiettato il suo documentario “Appunti e visioni per una Città e la sua Cattedrale”, visibile in Duomo in occasione della mostra sui restauri. Un esempio, questo, della bellezza di Ferrara e della sua ricchezza dal punto di vista storico-artistico, che andrebbe maggiormente valorizzato.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 23 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

La violenza sulle donne è anche economica

16 Nov

Il 13 novembre il primo degli incontri curati da Centro Ricerche Documentazione e Studi (Cds) Cultura e Centro Donna Giustizia di Ferrara

Oltre la metà delle donne vittime di violenza che si rivolgono al Centro Donna Giustizia (CDG) di Ferrara non hanno reddito o perdono il lavoro in seguito alla violenza subita. Nel 2020 in Italia in media ogni giorno ci sono oltre 3 denunce di violenze subite da operatrici sanitarie durante lo svolgimento del proprio lavoro.
Sono alcuni dei drammatici dati emersi dall’incontro svoltosi on line il 13 novembre sul canale Facebook del Cds (Centro Ricerche Documentazione e Studi) Cultura di Ferrara. L’occasione – in vista del 25 novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – è stata la presentazione dell’Integrazione all’Annuario socio-economico ferrarese 2020, proposto dal Cds e quest’anno dedicato all’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e declinato secondo i suoi 17 obiettivi, motivo di assegnazione del patrocinio ASviS. L’Integrazione riguarda, appunto, nello specifico l’Obiettivo (Goal) 5, quello dedicato alla Parità di genere, e raccoglie testimonianze e riflessioni di 15 protagoniste delle istituzioni, della politica, delle associazioni in chiave locale, insieme a interventi di due esperte, Marcella Chiesi e Daniela Oliva.
L’incontro del 13 novembre, introdotto da Cinzia Bracci (Presidente Cds Cultura) e condotto da Annalisa Ferrari (Direttivo Cds Cultura), ha visto fra gli interventi quello di Paola Castagnotto del Centro Donna Giustizia: «l’essere vittima di violenza è una limitazione forte per le donne e per il loro contributo alla crescita della propria comunità. Vi è – ha proseguito – un’intima relazione tra la violenza economica e quella fisica e psicologica contro le donne: la seconda è l’esito estremo delle disuguaglianze di genere». Castagnotto ha poi esposto i dati qui sopracitati: «più della metà delle donne che si sono rivolte al CDG, dopo la violenza sono diventate disoccupate, e la maggior parte di loro non hanno reddito o hanno reddito basso: parliamo del 56% delle 217 donne che si sono rivolte a noi. Più della metà, quindi, ha subìto anche violenza economica», oltre a quella fisica-psicologica.
Dopo gli interventi dell’Assessora Dorota Kusiak e di Rosanna Oliva de Conciliis (Presidente Rete per la Parità e Referente per ASviS del Goal 5), hanno preso la parola Daniela Oliva (Istituto Ricerca Sociale), Marcella Chiesi e Roberta Mori (consigliera e Presidente Commissione Parità Regione Emilia-Romagna). Quest’ultima ha posto l’accento su come durante la pandemia in corso «molte sono le imprese femminili colpite dalla crisi e tanti i posti di lavoro delle donne andati perduti»: se il problema non viene affrontato, «questo arretramento del protagonismo femminile diventerà strutturale».
È stata poi Debora Romano, presidente sezione ferrarese Associazione italiana Donne Medico, ad accennare ai dati sopracitati riguardanti le operatrici sanitarie nel nostro Paese: sono 176mila le donne medico in italia. Dati del 2020 parlano di 5 denunce al giorno di violenze subite da operatori sanitari, 2/3 delle quali vedono vittime donne (perlopiù medici di base, guardie mediche e operatrici nei Pronto soccorso), quindi circa 1.100 in un anno. L’incontro si è concluso con gli interventi di Ilaria Baraldi (consigliera e vice Presidente Commissione Pari Opportunità Comune di Ferrara), Paola Peruffo (consigliera e Presidente Commissione Pari Opportunità Comune di Ferrara) e Liviana Zagagnoni (UDI Ferrara).
Il programma degli altri incontri in programma sul tema della violenza contro le donne organizzati da Cds Cultura e CDG si può trovare qui: https://www.cdscultura.com/it/blog/471-cds-cultura-e-cdg-centro-donna-giustizia-una-sinergia-di-impegni-condivisi
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 novembre 2020

https://www.lavocediferrara.it/

Un’eco-politica per non sprofondare nell’Inferno 2.0

26 Ott

Intervista ad Andrea Gandini (Cds) in occasione della presentazione dell’Annuario Socio-Economico: critica del neocapitalismo e proposte a partire da donne e giovani

La 33esima edizione dell’Annuario Socio-Economico Ferrarese – dedicata ai temi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu – sarebbe dovuta uscire la scorsa primavera 2020, ma il Covid ha bloccato tutto.
L’Annuario 2020 è quindi stato pubblicato a marzo sul sito del Centro ricerche Documentazione e Studi (Cds) di Ferrara (https://www.cdscultura.com), Associazione presieduta da Cinzia Bracci. Successivamente, appena possibile, è stato anche stampato: un’edizione, quella cartacea, che raccoglie anche ulteriori contributi di alcuni degli autori presenti nella versione online e di nuovi, alla luce della sopravvenuta emergenza sanitaria ed economica. Cds Cultura ha presentato il volume il 9 e 10 ottobre scorso nella sede del Consorzio Grisù in via Poledrelli a Ferrara all’interno del Festival dello Sviluppo Sostenibile di ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Una terza sessione di presentazione dell’Annuario si terrà il 13 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), interamente dedicata all’Obiettivo 5 – Parità di Genere.
Come accennato, l’Annuario 2020 è stato organizzato secondo i principi di Agenda 2030, come primo esperimento in Italia di rapporto elaborato a livello locale con il contributo di una molteplicità di autori provenienti da quella rete articolata che ASviS e la stessa Agenda 2030 auspicano: docenti, ricercatori, imprese, associazioni di categoria e sindacati, professionisti, rappresentanti delle categorie economiche, sindacali, dell’associazionismo e del volontariato. Ogni capitolo dell’Annuario corrisponde a un obiettivo di sviluppo sostenibile.
Se guardiamo all’imperversare di nazionalismi, all’acuirsi delle contraddizioni del neocapitalismo, alla crisi ecologica, aveva ragione Antonio Gramsci quando scriveva: «Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri». Abbiamo interpellato Andrea Gandini, Direttore dell’Annuario e membro del Comitato direttivo del Cds, per analizzare questa grave situazione a livello globale e delineare alcune direttive per immaginare un sistema socio-economico differente.
«Con la fine del comunismo reale si è pensato che il capitalismo liberista e uno stile di vita consumista e individualista fosse l’unico “modello” positivo che avrebbe aumentato la ricchezza, una sua migliore distribuzione, la qualità della vita», riflette con noi Gandini. «Dopo 30 anni sappiamo che le cose sono andate molto diversamente. In alcuni Paesi poveri, in Cina, India almeno un miliardo di persone sono uscite dalla povertà e oggi hanno buoni salari, così come vantaggi enormi sono andati a tutti i ricchi del mondo (circa 50 milioni), ma i salari di operai, commercianti, artigiani e dei ceti medi europei e americani non sono cresciuti (circa 700 milioni). E sono soprattutto aumentate le minacce ambientali al pianeta al punto tale che, se dovesse proseguire questo tipo di produzione e consumo, porterebbe nell’ipotesi peggiore all’estinzione della specie umana e, in quella migliore, a un Inferno 2.0 che consegnerebbe ai nostri figli un mondo inospitale tra riscaldamento globale, crescenti alluvioni, siccità, tornado e pandemie prodotte dalla deforestazione e crescente urbanizzazione. In sostanza la qualità della vita di quasi tutti sta peggiorando».
Ma la gravità della situazione e il pessimismo a cui sembra portare riguardano anche altri ambiti. «Le grandi multinazionali del web e farmaceutiche – prosegue Gandini – “spingono” per portarci in un mondo dove domini il digitale (web, tv, virtuale) e tendono a farci credere che le cure debbano avvenire soprattutto attraverso farmaci e vaccini, anziché pensare innanzitutto a come migliorare la qualità della vita. Un mondo, insomma, che gradualmente distrugge la vita di relazione, le comunità locali, le famiglie e dove tutti saremo più soli e dipendenti».
Gli chiediamo allora se è ancora possibile – con la fine delle grandi utopie e un presente malato come quello che ci tocca vivere – immaginare un sistema più fraterno, e in che cosa sostanzialmente si distinguerebbe dall’attuale. Un sistema dove, come scrive il Papa in “Fratelli tutti”, «il diritto di alcuni alla libertà d’impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente» (FT 123). Un pianeta, quindi, quello dove abitare, «che assicuri terra, casa e lavoro a tutti», come «vera via della pace» (FT 127).
«Bisogna cambiare strada – riflette con noi Gandini -, come dice il Papa e come recita il titolo dell’ultimo libro di un grande vecchio, Edgard Morin. Un’economia basata sull’uso indiscriminato delle materie prime e dei rifiuti deve lasciare posto a un’economia circolare che produca pochissimi rifiuti. I ricchi devono tornare a pagare le tasse, almeno più di oggi se non proprio come una volta, l’iva deve alzarsi sui consumi che inquinano, i poveri devono essere aiutati localmente da chi – Comuni e associazioni di volontariato – li conosce e non dall’Inps e non solo con soldi ma con servizi personalizzati. Con il crollo della natalità – prosegue nell’analisi – dobbiamo programmare flussi di immigrazione legale in modo che, come avviene negli altri Paesi europei, gli immigrati lavorino, siano integrati nella nostra cultura e portino benessere a tutti. Le aziende devono tornare ad aiutare i propri dipendenti e la comunità locale. La politica deve investire nella sanità territoriale, nei medici di famiglia, nella scuola, il cui modello di apprendimento va cambiato integrandolo con laboratori manuali, artistici, con uscite all’aperto, rafforzando l’alternanza scuola-lavoro, pagando di più i maestri, facendo seri concorsi».
Infine, ma non certo meno importante, «gli anziani possono rimanere più anni al lavoro con un part-time in modo da aiutare i colleghi e i giovani, mentre le donne devono essere assunte – insieme agli stessi giovani – in maggior numero perché da loro dipende il futuro del Paese. Politiche che i Governi devono fare se non vogliamo continuare a declinare».
E della concretezza il Cds fa la propria ragione d’essere, senza mai fermarsi ad analisi pur precise e profonde. Di riforme praticabili, frutto di concrete sperimentazioni e ampiamente trattate nell’Annuario 2020, Gandini ha accennato anche intervenendo nel sopracitato incontro del 9 ottobre scorso a Grisù.
Oltre a quelle condivise con noi, citiamo «l’allargamento dell’ascolto e della partecipazione alle istanze della società civile organizzata che hanno esperienze consolidate e l’apprendere dalle buone pratiche», oltre a «un nuovo Piano del lavoro sostenibile nazionale, regionale e comunale – anche come leva per rinnovare le stesse burocrazie -, che porti all’inserimento di giovani con contratti di Prima Esperienza, all’implementazione della transizione dagli studi al lavoro (partendo da Istituti Tecnici e Professionali), al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro».
«Non ci salverà la crescita di un capitalismo tecno-economico – conclude Gandini – ma solo i cambiamenti negli stili di vita personali uniti a un’eco-politica basata sul lavoro e la creatività dei nostri giovani e delle donne».
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 30 ottobre 2020

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