Circa un secolo fa, il 06 novembre 1913, nacque uno dei più grandi scrittori e filosofi del Novecento, Albert Camus. L’incontro per ricordarlo, svoltosi giovedì 7 novembre alle 17 nella Sala Agnelli della Biblioteca Ariostea, ha visto confrontarsi Giuliano Sansonetti, docente dell’Università di Ferrara e Fiorenzo Baratelli, presidente dell’Istituto Gramsci, che ha organizzato l’evento insieme all’ISCO di Ferrara. Proprio quest’ultimo ha incentrato la prima parte del suo intervento sulla coppia “assurdo – rivolta”. Per “assurdo”, ha spiegato Baratelli, si intende “la contraddizione tra l’irragionevolezza del mondo e il bisogno, tipico dell’uomo, di chiarezza, di dare un significato”. La filosofia per Camus non è la costruzione di un sistema astratto, ma la domanda sul senso dell’esistenza, sul fatto se la vita sia degna di essere vissuta. Sisifo è colui che è stato punito da Zeus a spingere un masso sopra la cima di un monte; masso che, per l’eternità, rotola giù, rinnovando all’infinito la pena di Sisifo. Per Camus mentre la seconda parte – il masso che cade ogni volta – è la sofferenza della coscienza, il fatto di poterlo riportare in cima è, invece la “rivolta” dell’uomo, rivolta che dev’essere sempre collettiva, mai solitaria (“io mi rivolto, dunque noi siamo”).
Sansonetti si è invece soffermato su Camus come “uomo mediterraneo, in quanto tutta la sua opera è intrisa di questa sensibilità”, di questo amore per l’Italia, la Spagna, l’Algeria, sua patria. Questo amore per la terra è amore per la finitezza del reale, una profonda pietà per la condizione umana, con un senso del tragico di richiamo nietzschiano.
Andrea Musacci
Pubblicato su la Nuova Ferrara il 12 novembre 2013
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