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«Liberi da bavagli e catene, ricostruiamo la Patria»: il documento antifascista inedito dell’autunno 1943

10 Mag
Gruppo di giovani cattolici ferraresi, anni ’40 (Franceschini è il primo a sx seduto. Al centro don Carlo Borgatti e sotto don Quaranta, mentre Max Tassinari è due persone a destra di don Carlo) (foto Flavia Franceschini)

Il documento sul Fronte Giovanile Cristiano che abbiamo ritrovato a Ferrara fra le carte di Bruno Paparella fu scritto a macchina da Giorgio Franceschini, futuro deputato, in pieno terrore repubblichino: prevede la nascita della DC e della democrazia

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 14 maggio 2021

https://www.lavocediferrara.it/

di Andrea Musacci
Un documento inedito, riemerso fra le antiche carte di Bruno Paparella, fondamentale per capire la sua personalità e quella dell’altro principale ideatore, Giorgio Franceschini – di cui il 15 maggio ricorre il centenario dalla nascita -, oltre allo spirito che animava l’antifascismo cattolico ferrarese, soprattutto fra quei giovani che contribuiranno nel CLN alla Liberazione e poi alla costruzione della Democrazia Cristiana a livello locale e nazionale.Il documento ritrovato, scritto a macchina (di cui accenna Lydia Paparella, sorella di Bruno, nel suo articolo sulla “Voce” del 30 aprile scorso), reca nella prima pagina la scritta “Fronte Giovanile Cristiano” e l’indicazione “Ferrara, autunno 1943”. I nomi di Carlo Bassi, Max Tassinari e Giorgio Franceschini campeggiano su questo frontespizio. Si tratta della bozza di un progetto clandestino – mai concretizzatosi – di tipo educativo e socio-culturale, rivolto ai giovani cattolici ferraresi, mosso da grande idealità, volto a un impegno integrale. Un testo emozionante, scritto da poco più che 20enni, dopo due decenni di fascismo e nel buio della guerra e dei primi mesi della RSI, rischiando la vita e con uno slancio spirituale, culturale e politico impressionante, coniugato a un enorme desiderio di ricerca e dibattito troppo a lungo represso.

Per 20 anni i giovani furono, infatti, inquadrati prima nell’Opera Nazionale Balilla e poi nel GIL (Gioventù Italiana Littorio) con uno spirito militaresco. In una lettera del 10 settembre 1943 Alcide De Gasperi esprime a Sergio Paronetto i propri timori circa il fatto che il fascismo fosse ormai «una mentalità congenita alla generazione più giovane». Questo dimostra ancora di più l’eccezionalità di questo coraggioso documento ferrarese che “smentisce” le parole di De Gasperi.“Premessa”, “Programma” e “Punti fondamentali” sono le tre parti in cui è diviso il testo, composto da sei fogli ramati dal tempo, nell’ultimo dei quali sono indicati i diversi nomi dei promotori e dei primi possibili aderenti. Fra questi, scritti a mano, oltre ai tre indicati nel primo foglio, ipotizziamo i nomi di Antonio Periotti, Cesare Menini, Giorgio Motta, Gianni Vitali (poi cancellato, forse perché ai tempi troppo giovane), Paolo Rovigatti.

«In questo documento – spiega a “La Voce” Flavia Franceschini, figlia di Giorgio (l’altro è Dario, attuale Ministro della Cultura) -, riconosco sia la calligrafia sia la macchina da scrivere di mio papà: non ho alcun dubbio in merito». Lydia e Francesco Paparella (quest’ultimo nipote di Bruno) ci confermano che la calligrafia non è di Bruno. Inoltre, «nella nostra grande vecchia casa in corso Giovecca, nella soffitta (che chiamavamo ”granaio”) – continua Flavia -, mio padre da ragazzo aveva adibito una camera a circolo culturale, dove si riunivano gli amici. Su una trave del sottotetto ci sono ancora scritte con il nome di un circolo da lui creato. Di sicuro – aggiunge – era una passione di mio padre organizzare circoli di questo tipo».


Il documento. «Una nuova fraternità di spiriti»
«Dinnanzi al presente grave e doloroso stato in cui si trova la nazione italiana, dinnanzi al disorientamento, al dolore e ai sacrifici e alla sempre crescente incredulità del nostro popolo verso i grandi ideali. Dinnanzi allo stato di abiezione di gran parte della gioventù italiana divenuta incapace di rettamente sentire, pensare ed agire per il disordine fallimentare, spirituale e morale di tante famiglie, per l’incapacità e l’indegnità dei suoi educatori, per la mancanza di libertà d’azione e di pensiero a chi poteva più degnamente e saggiamente condurla, per l’errata impostazione educativa del passato, noi – giovani di Ferrara – dichiariamo il nostro bisogno di unirci in una nuova stretta sincera fraternità di spiriti». Così esordisce il testo. «Proviamo a metterci nei panni di quei giovani», ragiona con noi Francesco Paparella. «È vietato ogni dissenso nei confronti del regime, figuriamoci pensare di costituire un movimento politico democratico!» E invece loro, pur con le dovute cautele, lo progettano. «Erano mesi molto bui per l’Italia, quelli della repressione più violenta. Ebrei, oppositori, sospettati venivano incarcerati, condannati e barbaramente uccisi o deportati. Basti pensare, a mo’ di esempio, agli eccidi del Castello, della Certosa, del Doro e della Macchinina». Più avanti il testo continua: «Riconoscendo la nostra ignoranza in campo teologico e dommatico, ma animati da un immenso desiderio di affidarci alla verità del Cristo e della sua Chiesa (…) ci professiamo cristiani cattolici e diamo il nome di cristiano al FRONTE GIOVANILE che costituiamo».
«Il “Fronte” – è scritto poi nel documento – è soprattutto unione spirituale di giovani che (…) sentono il desiderio e la necessità di prepararsi spiritualmente e culturalmente per potersi formare una chiara coscienza cristiana, per dare oggi e ancora più domani un valido aiuto al movimento cattolico, secondo le possibilità apostoliche loro, intellettuali e sociali, con il pensiero e con l’azione. Il “Fronte” nel suo attuale momento iniziale, più che organizzazione è movimento, tendenza, corrente giovanile». Movimento che intende «raccogliere adesioni di giovani di qualsiasi categoria sociale, desiderosi di accostarsi maggiormente al Cristianesimo per il bene proprio, della Chiesa e della Patria, coll’impegno di differenziarsi nettamente da tutti i cristiani e italiani attuali “all’acqua di rose”, insensibili, infrolliti, o falsi bacchettoni e (parola aggiunta a mano non comprensibile, ndr)». L’unione, viene poi specificato, «è al di fuori di ogni organizzazione, lontana da ogni costituzione gerarchica» e fondato sulla fraternità: tutti i giovani aderenti «si conoscono tra di loro, si amano fortemente e fraternamente senza distinzioni di età o di classe, si aiutano vicendevolmente; tengono il contatto tra loro, se lontani, si interessano reciprocamente del lavoro che svolgono, si sacrificano fino all’ultimo per i bisogni del singolo o della collettività. Perciò l’appartenenza al Fronte è anzitutto un patto di amicizia e di solidarietà da mantenere e difendere con un giuramento».

Ma questa unione «è in funzione di una preparazione e di un lavoro sociale» – poiché «ogni azione sociale non compiuta nello spirito della eccelsa virtù della carità non rimanga sterile» – e politico: «Se il F.G.C. si limitasse a costituire l’unità dei giovani e a svolgere benefiche opere sociali, senza avere un’influenza politica, non avrebbe ragione di esistere e si potrebbe identificare con altre istituzioni, quale quella dell’Azione Cattolica (…). Se l’Azione Cattolica non può fare della politica perché altri sono i suoi intendimenti, è necessario (…) e non meno importante e indispensabile una netta e ferma posizione dei cattolici nella vita politica perché, oltre a non tollerare che vengano misconosciuti e negati fondamentali principi cristiani in campo morale e giuridico, in campo interno e internazionale, debbono agire affinché la ricostruzione della Patria e del mondo avvenga realmente e su basi Cristiane». È evidente come il documento getti le basi per la futura Resistenza e alternativa al nazifascismo. Il finale, coraggioso se si pensa che viene scritto nel clima di repressione totale della RSI, è commovente: «I giovani sanno che la sistemazione cristiana del mondo è necessaria e possibile: che esiste un piano di sistemazione economica sociale e politica ispirato al Vangelo di Cristo e agli insegnamenti della sua Chiesa: non possono perciò né negarlo né abbandonarlo: lo raccolgano, lo amino, lo meditino, combattano e soffrano per esso con l’ardore della giovinezza. Di questa giovinezza che, denarcotizzata, libera da bavagli e catene, purificata dalle cattive tendenze e dagli odi cui fu educata, sollevata da angosce e terrori, deve essere restituita finalmente al culto degli alti ideali dell’amore universale e della Patria».

Giorgio Franceschini nel 1943 (foto Flavia Franceschini)

Prima del Fronte Giovanile Cristiano: Juniorismo, scuole di apostolato e autorganizzazione educativa
Come raccontò lo stesso Franceschini (nel libro di Giovanni Fallani intitolato “Per Bruno Paparella: testimonianze di amici”, 1987), Paparella nel ’40 – ai tempi presidente della GIAC (Gioventù italiana di Azione cattolica) e un anno dopo averlo conosciuto – lo nominò delegato diocesano degli Juniores di AC. “Juniorismo” era il nome di un ciclostilato, uscito in tre numeri, che a inizio ’41 fu redatto e stampato dallo stesso Franceschini insieme a Carlo Bassi, Max Tassinari e altri: «era – scrisse Francheschini –, in fondo, l’espressione dell’intenzione di provare una via ancor più originale e persuasiva per l’apostolato giovanile, con nessun intendimento politico (non erano quelli né i tempi né gli uomini, né gli ambienti per comprendere l’incalzare dei tempi nuovi). (…) Si salpava verso lidi imprevedibili, ma di cui si immaginava l’esistenza: un modo nuovo di concepire la vita, la gioventù, l’amore reciproco, ben diverso da quello che i tempi e il fascismo insegnavano ai giovani». Ma «l’arcivescovado e la curia, prese dal timore di “grane” di provenienza fascista, che forse avevano cominciato a manifestare osservazioni e critiche, intervennero perché la pubblicazione cessasse». Una capacità di visione, dunque, che sembrerà poi tornare nello spirito del Fronte Giovanile Cristiano (FGC).

Anche in due lettere rispettivamente del febbraio e dell’aprile ’43, che Bruno Paparella invia da Ferrara a Franceschini, in quel periodo a Lucca per il servizio militare, torna il tema di un nuovo gruppo giovanile cattolico. Il tema è quello delle organizzazioni delle forze giovanili dentro l’AC: Paparella parla dell’istituzione delle scuole di apostolato che, «svolgendo le sue lezioni tutti i lunedì, dà luogo a interessanti conversazioni sui più vari problemi (…). C’è tanto bisogno di fare del bene nelle nostre sezioni, anche magari facendole vivere rivolte alla parte positiva ed attiva del nostro cristianesimo, alle opere di carità…». Anche qui, uno spirito molto simile al mai realizzato FGC.

Proseguendo, in un’intervista rimasta inedita che tra fine 2005 e inizio 2006 Monica Campagnoli dell’Istituto Sturzo di Bologna rivolge a Giorgio Franceschini, quest’ultimo, parlando di quel periodo, ricorda: «qui a Ferrara non c’era la possibilità di trovare dei punti di riferimento intesi come persone la cui azione poteva costituire un esempio: mentre i leader nazionali, De Gasperi, don Sturzo, ci sembravano così lontani qua in provincia. De Gasperi ancora nel luglio del 1943, in pieno periodo badogliano, sembrava un personaggio strano e misterioso. Prendemmo davvero coscienza delle idee di De Gasperi a partire dal ’45. Per questo motivo, quelli che dopo la formazione del partito divennero democristiani, prima della nascita della DC, qui a Ferrara, erano un gruppo di cattolici legati anche da un comune sentimento antifascista. (…) Rispetto alla questione della formazione, direi che qui a Ferrara, “ci siamo fatti un po’ da noi in casa” (…). Buone letture e amicizie, se dicessi delle altre cose sarebbero tutte invenzioni». Parole che in un certo senso confermano quel sano spontaneismo, quell’autodeterminazione così evidente nel documento del FGC.

Bruno Paparella nel’ 41 con alcuni famigliari (foto Francesco Paparella)


Dopo il Fronte Giovanile Cristiano: staffette partigiane, Comitato di Liberazione Nazionale e Democrazia Cristiana ferrarese
Ben 297 sono le incursioni aeree sulla città di Ferrara dal 1943 al 1945, con una trentina di bombardamenti a tappeto che provocano la morte di almeno 1070 vittime ufficiali. Il 40% delle abitazioni viene distrutto o danneggiato.

In questo clima, la famiglia Franceschini ai primi del ’44 sfolla a Ostellato, e Giorgio spesso si reca in bicicletta a Masi Torello per incontrare Luciano Comastri, giovane proveniente dall’AC, «membro del movimento clandestino DC», sfollato proprio a Masi Torello, come raccontò lo stesso Franceschini a “la Voce” nel 1985. Nello stesso articolo spiega come lui e Comastri riuscirono a portare a diversi cittadini, preti e non, – sfruttando il proprio servizio di “postini-ciclisti” del Corriere Padano – copie del messaggio radiofonico di papa Pio XII del Natale ’44, in cui il Pontefice parla della democrazia che verrà: «In una schiera sempre crescente di nobili spiriti sorge un pensiero – sono sue parole -, una volontà sempre più chiara e ferma: fare di questa guerra mondiale, di questo universale sconvolgimento, il punto da cui prenda le mosse un’era novella per il rinnovamento profondo, la riordinazione totale del mondo. (…) [I popoli] Edotti da un’amara esperienza, si oppongono con maggior impeto ai monopoli di un potere dittatoriale, insindacabile e intangibile, e richieggono un sistema di governo, che sia più compatibile con la dignità e la libertà dei cittadini. In tale disposizione degli animi, vi è forse da meravigliarsi se la tendenza democratica investe i popoli e ottiene largamente il suffragio e il consenso di coloro che aspirano a collaborare più efficacemente ai destini degli individui e della società?».

Sempre nel ‘44 Franceschini fonda, insieme ad alcuni amici dell’AC ferrarese, il primo nucleo clandestino della locale Democrazia Cristiana, anticipato – possiamo dire – dal Fronte Giovanile Cristiano. Nella primavera del 1945 Franceschini, insieme ad altri giovani cattolici, rappresenta la DC nel Comitato provinciale (clandestino) di Liberazione Nazionale, conseguendo poi il brevetto di patriota. Da elenchi di catalogazioni da lui stesso redatti, risultano anche un “Volantino clandestino diffuso dai giovani D.C. qualche giorno prima della Liberazione” e un “Programma clandestino dei Giovani D.C. ferraresi”. Purtroppo, però, non sono ancora stati ritrovati.

Nella citata intervista che rilasciò nel 2005-2006 a Monica Campagnoli, Franceschini parla anche della successiva nascita della DC ferrarese, nata dal «gruppo dei vecchi popolari, per la verità non molto numeroso», e dal «gruppo dei giovani che avevo raccolto io», e da un gruppo che chiama gli «incerti», provenienti dal mondo fascista o da quello borghese. «La Democrazia Cristiana – spiega ancora nell’intervista inedita – fece la sua comparsa qui a Ferrara solo nel 1945 (…), nacque solo pochi mesi prima della liberazione grazie all’azione di un gruppo di giovani di cui mi “vanto” di essere stato un po’ il leader. Entrammo prima nei Comitati di liberazione e poi proseguimmo la nostra attività nella DC (…)». Quei giovani si ritrovarono il 26 aprile 1945 in una sala del palazzo arcivescovile per la prima riunione della DC ferrarese. Era presente anche un gruppo degli “anziani”. Tra i giovani vi erano Carlo Bassi, Giorgio Franceschini, Cesare Menini, Gian Maria Bonsetti, mentre tra gli “anziani” l’avv. Dotti, l’avv. Gorini, l’avv. Lodi, l’avv. Devoto, Giovanni Vincenti.

La prima assemblea della DC ferrarese si tenne, invece, nei locali di via Adelardi 9/a, presso i quali per alcuni mesi prese sede il Partito, sino al trasferimento nella Borsa di commercio. Da tale assemblea uscì un Comitato provvisorio con il compito di organizzare il 1° Congresso provinciale, che si tenne il 28 settembre dello stesso anno. Ad esito di questo Congresso l’avv. Lucci venne eletto Segretario provinciale, per poi lasciare il posto ad Adalberto Galante.Il resto è storia della nostra città e dell’intera nazione, ma possiamo dire che idee, passioni e progetti di questa vicenda durata oltre 40 anni germinarono anche, clandestinamente, in quel sottotetto di corso Giovecca, sognando quel Fronte Giovanile Cristiano che mai nacque ma che diventò ben presto parte delle fondamenta per la rinascita di un intero popolo all’insegna, anche, dello spirito cristiano.


(Grazie a Francesco Paparella e Flavia Franceschini per le foto e le informazioni)

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