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Ucraini cattolici, San Giovanni Battista nuova casa per 1 anno

5 Giu


Chiusa S. Maria dei Servi, ora riapre per loro la chiesa all’angolo via Montebello/c.so Porta Mare

di Andrea Musacci

Per una che chiude, un’altra riapre. Proseguono le tormentate vicende delle chiese ferraresi nel post sisma: il nuovo capitolo di questa storia ha come protagoniste la chiesa di Santa Maria dei Servi, in via Cosmè Tura, e quella di San Giovanni Battista. La prima, ha chiuso la scorsa settimana per i necessari lavori di restauro e consolidamento; la seconda, torna ad accogliere la vita delle nostre comunità dopo ben 4 anni. Protagonista di questo trasferimento è la comunità cattolica ferrarese di rito greco-bizantino: insomma, le nostre sorelle e i nostri fratelli ucraini.

UNA NUOVA CASA PER GLI UCRAINI

La prima Divina Liturgia, la guida della comunità cattolica ucraina ferrarese, don Vasyl Verbitskyy, l’ha presieduta per la Festa dell’Ascensione. No, non domenica 1° giugno, ma – come da tradizione – proprio il 40° giorno dopo la Pasqua di Resurrezione, giovedì 29 maggio. La prima Liturgia “ufficiale”, invece, è in programma questa domenica, Festa di Pentecoste, con anche l’accompagnamento dei Campanari Ferraresi. «I parrocchiani – ci spiega don Vasyl – ci tengono a tenere il nome della parrocchia – S. Maria dei Servi – e gli orari delle Messe, feriali e festive». Qui, se tutto andrà secondo i programmi, gli ucraini dovrebbero rimanere 1 anno, per poi tornare in via Cosmè Tura. Nel frattempo, grazie alle donne, agli uomini e ai ragazzi della parrocchia, è stato fatto il trasloco di tutte le panche, dei paramenti liturgici, delle icone (dell’iconostasi, e non), del mobilio e degli oggetti della sacrestia, dell’ufficio di don Vasyl, del coro, dei confessionali, oltre alle due sindoni, quella di Gesù e quella della Madonna. Quella di Gesù, come da tradizione del rito bizantino, è rimasta sull’altare dalla Pasqua all’Ascensione.

In attesa del 24 giugno, Festa di San Giovanni Battista, si pensa già alle attività estive, fra cui il campo del Circolo “Luce da Luce” nel quartiere Barco, con una giornata in montagna, sul lago di Cadore. E a proposito di iniziative, è stata annullata per cause di forza maggiore quella prevista in Sala Estense per il 25 giugno.

E sempre in quei giorni, per la precisione sabato 28 giugno, è in programma un avvenimento storico: un nutrito gruppo di ucraini ferraresi si recherà a Roma per il Giubileo dei fedeli della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina.

LA STORIA RECENTE DI SAN GIOVANNI BATTISTA…

Ripercorriamo ora la storia della chiesa all’angolo tra via Montebello e corso Porta Mare. Il 2 maggio 2021 la comunità parrocchiale di Santo Spirito si congeda dall’edificio  di proprietà dell’ASP-Centro Servizi alla Persona, in vista della riapertura della vicina chiesa di Santo Spirito, avvenuta due settimane dopo, il 15 maggio. La comunità di Santo Spirito ha usufruito della chiesa di San Giovanni Battista dal settembre 2012, dopo il terremoto che ha reso inagibile il suo tempio (tra maggio e settembre 2012, si utilizzò la tensostruttura allestita nel campo da basket parrocchiale e il cinema dell’oratorio).S.Spirito fu riaperto poi parzialmente da marzo 2016 a febbraio 2020. A inizio 2020 la nuova chiusura di quest’ultima, con le celebrazioni liturgiche nella Sacrestia di Santo Spirito e a san Giovanni Battista il sabato sera e la domenica. Dal 2016, a S. Giovanni si è insediata anche la comunità ortodossa moldava, per un importante esperimento ecumenico culminato, nel maggio 2019, con una partecipazione congiunta alla solennità del Corpus Domini.

Mentre sono rimasti gli affreschi, i paramenti sacri di s.Giovanni Battista sono conservati nel Museo civico di Palazzo Schifanoia e da inizio 2021 sono state installate le copie, stampate in serigrafia di altissima qualità, di alcune delle più significative opere pittoriche originariamente alloggiate in chiesa:”San Giovanni Battista alla fonte” di Giacomo Parolini, “Lazzaro povero in terra” di Niccolò Roselli, “Decollazione di San Giovanni Battista” e “Deposizione” di Ippolito Scarsella.

…E LA SUA STORIA “ANTICA”

Stabiliti a Ferrara, i canonici regolari lateranensi tra la fine del XV secolo e l’inizio del XVI costruirono la chiesa. Un edificio unico nel suo genere in città, in quanto a pianta greca (o “a croce greca”, nella quale – cioè –  navata e transetto hanno la stessa lunghezza e si intersecano a metà della loro lunghezza): una bella coincidenza con i suoi nuovi “inquilini”, i cattolici di rito greco-bizantino. Dopo, qui ci furono i benedettini, poi i somaschi, i Catecumeni, i Cavalieri del Sovrano Ordine Militare di San Giovanni di Malta, le Orfanelle. Nel 1938 la chiesa fu restaurata e riaperta, ma, colpita dai bombardamenti, nel ’54 fu nuovamente chiusa. Nel ’70 il Comune di Ferrara, quale proprietario, la assegnò all’Azienda Pubblica Servizi alla persona e nel convento venne eretto un pensionato, affidandolo all’Opera Pia Braghini Rossetti (ancora presente: è la Casa di riposo “Beata Beatrice d’Este”, con 41 ospiti). Nonostante i tentativi nel 1975 del Gran Priore Uguccione Scroffa di ripristinarla per l’Ordine, bisognerà attendere il 1995 per i lavori di restauro e consolidamento. 

LA STORIA DI S. MARIA DEI SERVI

Per quanto riguarda, invece, la chiesa di via Cosmè Tura, il 17 marzo 1636 si pose la prima pietra dell’attuale edificio, costruito su disegno dell’architetto della Camera Apostolica Luca Danese. Chiesa e convento vennero perfezionati dal 1665 al 1669 da Francesco ed Angelo Santini e nel 1797, soppressi i servi di Maria chiamati anche “serviti”, chiesa e convento vennero ridotti ad uso profano. Nel 1800 vi furono poste dalla Reggenza le sorelle del Collegio di S. Orsola, le quali non lasciarono più il luogo. Queste religiose esistevano a Ferrara fin dal 22 maggio 1584 nel piccolo ritiro, con chiesa dedicata a S. Orsola, posto nella strada detta allora “di Spazzarusco” (tale comunità religiosa, divenuta ormai troppo esigua nel numero, si è fusa nel 1929 con la Congregazione delle Suore Orsoline Figlie di Maria Immacolata di Verona).

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 6 giugno 2025

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Presepi viventi ucraini, il racconto di un popolo 

10 Gen

In 200 a Ferrara per il Festival con parrocchie da varie città del Nord Italia. L’Esarca a “La Voce”: «qui ci sentiamo a casa»

Il dramma della guerra e la letizia del Natale. Le contraddizioni del mondo e la speranza che non delude. L’eterna lotta tra il bene e il male è al centro delle Sacre Scritture e così il Festival dei Presepi Viventi ucraini tenutosi a Ferrara ha voluto rappresentarla nelle forme delle tradizioni popolari. 

Erano circa 200 i presenti lo scorso 4 gennaio nella nostra città per l’importante iniziativa che ha visto direttamente coinvolte parrocchie di diverse località, oltre a Ferrara: Firenze, Mantova, Reggio Emilia, Rovigo, Bologna, Brescia, Carpi, Correggio, Modena, Parma, Rimini e Cattolica. Gli sguardi a un tempo dolci e fieri delle ragazze e dei ragazzi emigrati – o qui nati – hanno interpretato la Vergine Maria, san Giuseppe, Elisabetta, i Re Magi. Ma non sono mancate streghette, diavoletti, soldati romani e centurioni con scudi e armature, pastori, pastorelle, pecorelle. E un ragazzo vestito di bianco con mantella nera che impugna una falce: è la morte, la morte che sconfigge il male, tipica della tradizione ucraina. E ancora: diverse le bandierine col simbolo dell’Ucraina, fasci di grano (altro simbolo del Paese), angeli e angioletti, e tante donne con gli abiti tipici tradizionali. E poi la Stella di Betlemme, a 8 punte, anch’essa tipica ucraina, che annuncia il Natale (anche se dal 2023 i greco-cattolici ucraini lo hanno “anticipato” dal 7 gennaio al 25 dicembre). 

Nella tarda mattinata, nella chiesa di Santa Maria dei Servi (via Cosmè Tura, ang. Contrada della rosa) il nostro Arcivescovo mons. Perego ha presieduto la Divina Liturgia assieme all’Esarca Apostolico in Italia mons. Paulo Dionisio Lachovicz e ad altri sacerdoti e diaconi sia della nostra Arcidiocesi che di altre comunità cattoliche ucraine in Italia. Dopo il pranzo comunitario, è partita la processione dei Presepi Viventi da S. Maria dei Servi fino alla Sala Estense (piazza Municipale), passando per via Contrada della Rosa, viale Cavour, corso Martiri della libertà; dopo una breve “sosta” in piazza Duomo, l’ingresso in piazza Municipale e quindi in Sala Estense. Un uomo con la fisarmonica ha accompagnato l’esecuzione di alcuni canti tradizionali, fra cui “Una nuova gioia”. In Sala Estense si sono quindi alternati i Presepi Viventi ucraini: alcuni uomini hanno indossato moderne divise militari, una donna era vestita da infermiera, una giovane col violino ha suonato le note di “Astro del ciel”. Il dramma della guerra ha dunque richiamato l’eterna lotta tra il bene e il male, di cui rappresenta l’ultima terribile manifestazione. Ma la letizia del Natale di Nostro Signore non viene solo per addolcire i volti stanchi e malinconici di questi emigrati, ma è autentica promessa di una Pace duratura, di una Pace che non mente, di una Pace senza ombre.

L’ESARCA ALLA “VOCE”: «UCRAINI QUI SI SENTONO A CASA»

Prima della Divina Liturgia, l’Esarca mons. Paulo Dionisio Lachovicz ha rilasciato alcune dichiarazioni al nostro Settimanale: «i cattolici ucraini nella chiesa e nella comunità di Ferrara si sentono a casa, si ritrovano a casa, possono cantare e pregare in ucraino. Questo è molto importante. Si sentono nel loro Paese, nel loro spazio sacro». Due le Porte Sante aperte da mons. Lachovicz in chiese “ucraine” in Italia: una, la Cattedrale della Madonna di Zhyrovyci e dei Santi Martiri Sergio e Bacco a Roma; l’altra, la chiesa di San Michele a Bologna, entrambe scelte quindi come chiese giubilari. E Porte Sante, naturalmente, sono state aperte a Kiev e in tutte le Diocesi dell’Ucraina. Gli chiediamo della guerra che ancora non si ferma da quasi 3 anni dall’invasione russa all’Ucraina: «è una tragedia immensa, una distruzione sistematica», commenta con dolore. «Se Putin non verrà fermato, distruggerà l’Ucraina». A fine Messa ha poi ringraziato pubblicamente mons. Perego e la Diocesi «per la vostra vicinanza al nostro popolo, alla nostra gente. Grazie per aver accolto tutti i nostri migranti».

I CAMPANARI AMICI 

Prima della Liturgia, ci è stato consentito come “Voce” di salire sul campanile della chiesa di Santa Maria dei Servi assieme a Francesco Buttino, membro dei Campanari Ferraresi dei quali fa parte da 25 anni. Tre le campane, una delle quali – la centrale, la maggiore, con caratteri gotici – risale al 1412 ed è probabilmente la più antica nella nostra Diocesi. Nel 2022 a S. Maria dei Servi i Campanari Ferraresi (che attualmente contano una dozzina di membri) han suonato ogni giorno dei primi mesi successivi allo scoppio della guerra, e successivamente in occasione delle feste. «La prima volta che abbiamo suonato qui – ci spiega Buttino – è stato per la Pasqua di 10 anni fa». E «la prima domenica in lockdown, a marzo 2020, abbiamo suonato su vari campanili qui in città: molte persone si affacciavano per applaudirci e gridarci il loro grazie. Fu commuovente».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 10 gennaio 2025

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(Foto Roberto Targa – Alessandro Berselli)

Ucraini di Ferrara, Pasqua fra tradizione e speranza

29 Mar

La guida degli ucraini cattolici in Diocesi, don Verbitskyy, ci racconta le iniziative per la Pasqua, la raccolta dei farmaci per il Paese in guerra e la prossima accoglienza di 18 bambini ucraini

di Andrea Musacci

Davanti alla nuova iconostasi, che divide il presbiterio dalle navate, sono stati posati alcuni dolci e della cioccolata. Un’offerta che regalerà un sorriso a diversi bambini ucraini, sia in Ucraina sia a Ferrara. Siamo nella chiesa di Santa Maria dei Servi in via Cosmé Tura, a due passi dal Castello. Qui incontriamo la guida dei fedeli cattolici ucraini di rito bizantino, don Vasyl Verbitskyy, per fare il punto sulla sua comunità in vista della Pasqua.

LA GIOIA DELLA PASQUA

Partiamo da come vivranno quest’ultima: la Domenica delle Palme, il Sabato Santo e il giorno di Pasqua «faremo il nostro mercatino pasquale qui sul sagrato della chiesa, con oggetti decorativi fatti a mano dal nostro circolo “Luce da luce”», ci spiega don Vasyl. Il programma della Settimana Santa, invece, prevede lunedì 25 la S. Messa per la Festa dell’Annunciazione del Signore. Dopo la liturgia del Giovedì Santo, il Venerdì Santo vedrà alle ore 14 i Vespri e l’esposizione della Sindone. Per l’occasione, la chiesa sarà aperta giorno e notte fino a sabato sera, quando alle 21.30 inizierà la Veglia di Pasqua, a cui seguirà la Messa e la benedizione dei cestini pasquali. «Questi cestini tradizionali – ci spiega don Vasyl – contengono un pane dolce» (rotondo, simile al nostro panettone), «uova naturali, burro, formaggio, carne, salumi»: vale a dire, tutto ciò che, preparato dalle famiglie, verrà da loro consumato per la colazione del giorno di Pasqua, «perché la notizia della Resurrezione è arrivata la mattina presto». L’agnello, invece, non fa parte della tradizione pasquale ucraina. Il giorno di Pasqua, poi, vi sarà la Messa mattutina alle ore 10 e quella pomeridiana alle ore 14.30 con la benedizione dei cestini.

Sul pane dolce prima citato: si chiama artos, dal greco, ed è un pane santo, benedetto, che viene avvolto in un’icona circolare con l’immagine del Cristo Risorto, come detto nel Vangelo: «Io sono il pane vivo» (Gv 6, 51), «il pane nuovo che ci invita a fare la comunione e che – prosegue don Vasyl – poi viene lasciato esposto in chiesa per una settimana, fino alla prima domenica di Pasqua, quando verrà diviso e dopo la Messa distribuito tra i fedeli presenti come simbolo della Resurrezione del Cristo». Sull’icona che lo avvolge è scritto: «Cristo è risorto dai morti, con la morte ha calpestato la morte, e ai morti nei sepolcri ha elargito la vita», come recita un canto del rito bizantino.

DOLORE E CARITÀ PER L’UCRAINA

Dal 6 al 12 febbraio scorsi, si è svolta anche a Ferrara e provincia la Giornata di Raccolta del Farmaco a cura del Banco Farmaceutico. Per l’occasione, alla comunità cattolica ucraina ferrarese sono stati donati 293 farmaci per un valore economico di 2.439,85 euro, parte dell’importante donazione di farmaci da parte del Banco Farmaceutico dal febbraio 2022 per i profughi ucraini in Italia. «I farmaci donatici – ci spiega don Vasyl – li abbiamo inviati in un ospedale di Lyman nel Donbass e in parte donati alle cinque mamme ucraine residenti nel Ferrarese che hanno figli al fronte: queste, li han fatti a loro volta recapitare ai loro ragazzi che combattono per difendere la nostra patria». Si tratta di antidolorifici, bende e garze. «Solo Cristo può aiutarci a sopportare questa guerra», ci dice don Vasyl. «Dobbiamo continuare a pregare per la giusta pace». Intanto, i furgoncini da Ferrara continuano a portare regolarmente in Ucraina anche farmaci specifici richiesti, vestiti, prodotti per l’igiene personale e alimentari «a familiari di nostri parrocchiani, persone che vivono in Ucraina e si trovano in difficoltà economica».

PREGHIERA, FUTURO E SPERANZA

Oltre alla carità, al centro della comunità cattolica ucraina vi è la preghiera. Nella Veglia serale dell’Annunciazione del Signore – prosegue don Vasyl – «le “Madri in preghiera” pregheranno per i loro figli in Ucraina. Ringraziamo Dio perché quest’anno festeggiamo i 15 anni del gruppo a Ferrara», gruppo di cui don Vasyl dallo scorso ottobre è coordinatore e guida spirituale a livello nazionale. Inoltre, «la Veglia dell’Annunciazione è una liturgia per noi particolarmente importante perché è stata la prima Messa della comunità cattolica ucraina qui a Ferrara, nel 2001». Dal ricordo all’avvenire, che non può non essere intessuto di speranza e vive anche nella carne dei più giovani: per questo, a fine maggio, per una settimana, «ospiteremo nella nostra comunità 18 bambini ucraini provenienti dall’Oratorio “Gloria” di Drohobych», nell’oblast’ di Leopoli. Il gruppo teatrale di quest’oratorio farà uno spettacolo nella nostra città il prossimo 31 maggio o 1° giugno (mentre il 30 maggio lo spettacolo si terrà nella Diocesi di Adria-Rovigo, la cui comunità cattolica ucraina di rito bizantino è diretta dallo stesso don Vasyl). Questa settimana di ospitalità riguarda bambini orfani o i cui genitori sono al fronte ed è resa possibile grazie al nostro Arcivescovo e alla Fondazione Migrantes, con l’aiuto anche della vicina parrocchia di San Benedetto. 

Proseguendo, domenica 2 giugno, continua don Vasyl, «festeggeremo i primi 5 anni del nostro circolo ricreativo “Luce da luce”». Inoltre, il prossimo 12 maggio, Festa della mamma, «il coro della nostra comunità ferrarese canterà nella Basilica di Santa Sofia a Roma per il raduno degli ucraini cattolici che vivono in Italia». Nel nostro Paese, l’Esarcato Apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino comprende 150 comunità, fra cui la nostra di Ferrara. Una grande famiglia unita nel Cristo Risorto, sofferente per la guerra nel proprio Paese ma salda nella fede e nella speranza.

Pubblicato sulla “Voce” del 29 marzo 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Il Natale degli ucraini ferraresi: preghiera e carità in prima linea

20 Dic

«Ci stiamo preparando al Santo Natale, per viverlo spiritualmente in prima linea, custodendo la nostra identità cristiana e le nostre tradizioni. E pregando per la pace». Abbiamo incontrato don Vasyl Verbitskyy, parroco della comunità cattolica ucraina di Ferrara, mentre ci avviciniamo ai primi due anni di guerra nel suo Paese. «Cerco ogni giorno – ci spiega – di fare in modo che nei nostri connazionali il tanto dolore portato da questo conflitto non si trasformi in odio e che non faccia perdere la fede». Preghiera e carità sono le roccaforti contro questo male che minaccia di continuo di esondare, nei cuori e non solo.

LA PREGHIERA DELLE DONNE

E così, ogni pomeriggio dalle 14.15 alle 15.45 un gruppo di donne si ritrova per la recita del Santo Rosario.Sono perlopiù nonne, col cuore conteso tra l’angoscia e la speranza per la sorte dei nipoti al fronte. E a proposito di preghiera, da un paio di mesi don Vasyl è stato nominato coordinatore e guida spirituale a livello nazionale del gruppo “Madri in preghiera”. Lo scorso 8 dicembre, raduno del gruppo che raccoglie mamme e madrine ucraine da ogni parte di Italia, e che a Ferrara esiste da 15 anni. Nella chiesa di S.Maria dei Servi, ogni domenica prima della S.Messa, alle 13.30, queste donne si radunano per un momento di preghiera preceduto dalla lettura del Vangelo e da un commento spirituale dello stesso don Vasyl. 

EUCARESTIA È COMUNITÀ

Un Natale sempre col cuore in gola, ma vissuto sempre in maniera condivisa: domenica 24 le liturgie sono previste per le ore 10 e 14, mentrenel tardo pomeriggio la sacrestia ospiterà la tradizionale Santa Cena con 12 piatti tradizionali senza carne (il numero non è casuale). Stessi orari per le S. Messe del giorno di Natale e per i due successivi, il 26 e il 27, rispettivamente Festa della Sacra Famiglia e di Santo Stefano, secondo il rito bizantino. Infine, il 7 gennaio i parrocchiani daranno vita alla Sacra Rappresentazione del Presepe Vivente.

GESTI DI CARITÀ A FERRARA E IN UCRAINA

L’operosità si concretizza anche nell’aiuto ai fratelli e alle sorelle in difficoltà a Ferrara e in Ucraina: ogni domenica in chiesa è presente il Mercatino di Natale conoggetti realizzati dalle famiglie, per aiutare in particolare i ragazzi al fronte – una dozzina – le cui mamme vivono a Ferrara. Sono due le donne frequentanti la parrocchia ferrarese, che in questi quasi due anni di guerra hanno perso i loro figli: una sul fronte, l’altra per un bombardamento su un ospedale. Di quest’ultima, madre di un medico, abbiamo parlato sulla “Voce” dell’8 aprile 2022. Ma la parrocchia aiuta con piccole collette alcune famiglie ucraine bisognose, come ad esempio una madre sola con tre figli piccoli. Piccoli grandi gesti per continuare, nonostante tutto, a vivere nella fede, nella speranza e nella carità.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 22 dicembre 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

Bimbi ucraini, grande gioia al Circo 

29 Mar
I bambini ucraini assieme agli artisti

Nel pomeriggio di sabato 25 marzo, oltre 30 bimbi della comunità di Ferrara sono stati invitati al Circo Armando Orfei, grazie anche a Fondazione Migrantes

Un pomeriggio all’insegna dello spasso e del puro divertimento, fra clown, giocolieri, trapezisti e molto altro. Sabato 25 marzo oltre 30 bambini ucraini della nostra città hanno avuto l’opportunità di essere ospiti del Circo Armando Orfei, per uno spettacolo che non dimenticheranno facilmente. Circo Orfei che sarà presente in via della Fiera fino al 2 aprile.

L’iniziativa di regalare ai bambini e ai loro genitori alcune ore di distrazione, è stato possibile grazie alla Fondazione Migrantes della nostra Chiesa e all’Ente Circhi.

Galyna Kravchyk, responsabile gruppo insegnanti del circolo “Luce da luce” della parrocchia ucraina ferrarese, ha coordinato assieme al parroco don Vasyl Verbitskyy l’iniziativa: in pochi giorni, si sono iscritte 58 persone, fra cui 32 bambini (oltre la metà di loro, profughi). Per molti dei piccoli, si è trattata della prima esperienza al circo. Ricordiamo che anche l’Ucraina ha un’importante tradizione circense, tanto da ospitare, per esempio, a Leopoli un circo stabile.

Inoltre, il giorno successivo, domenica 26, nella chiesa di S. Maria dei servi i bimbi ucraini hanno rappresentato la parabola del figliol prodigo, coordinati dalla stessa Kravchyk. E da domenica 19, fino a dopo Pasqua, in chiesa è allestito un mercatino pasquale solidale, il cui ricavato sarà usato per sostenere la popolazione ucraina.

Il nostro Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, non ha potuto essere presente nel pomeriggio del 25 e così ha visitato il Circo Armando Orfei nel pomeriggio successivo, intrattenendosi con gli artisti e impartendo la benedizione.

Il diploma a Kristal Brinati, giovane artista

La compagnia di Armando Orfei raccoglie 30 fra artisti e tecnici. Fra i primi, vi è la famiglia Brinati, storica famiglia circense: Oscar, 88 anni, il figlio Renato con la moglie Alba Ferrandino, e le loro due figlie Sharon, 28 anni, e Kristal, 20. Tutti artisti. Quest’ultima, sabato, alla fine dello spettacolo pomeridiano a cui hanno assistito anche i bambini ucraini, ha ricevuto dalle mani di Monica Bergamini della Migrantes il diploma del Liceo Artistico “Bruno Munari” di Castelmassa (RO), scuola che ha frequentato “a distanza”, concludendo gli studi l’anno scorso. «Mediamente mi alleno 2 o 3 ore al giorno, tutti i giorni», ci spiega Kristal, che ha debuttato nell’autunno 2020. «Fin da piccola ho fatto la giocoliera, iniziando prima con la ginnastica artistica». Kristal viene da una tradizione di giocolieri, come il padre Renato (al cardiopalma il suo numero di tiri di precisione con la balestra) e il nonno Oscar. La Migrantes nazionale attualmente segue 400 ragazzi circensi studenti in tutta Italia: li aiuta per l’iscrizione, poi i ragazzi seguono le lezioni su classroom, prima di fare una sorta di verifica “a casa” e in seguito un’altra in presenza a scuola.La Migrantes segue, fra gli altri, alcuni ragazzi circensi iscritti all’IPSIA “Bari” di Badia Polesine e all’IPSAA “Bellini” Alberghiera di Trecenta, dove seguono anche un corso di sicurezza. Inoltre, il presidente dell’Ente Circhi Antonio Buccioni collabora in modo costante con la Migrantes, facendo anche in modo che molti giovani circensi possano svolgere l’alternanza scuola-lavoro all’interno del proprio circo.

E a proposito di Migrantes, a Ferrara, oltre a Monica Bergamini, erano presenti il marito Flaviano Ravelli (che viene da una famiglia di giostrai, attività che ha portato avanti fino al 1989) e la loro figlia Valeria: sono i tre operatori pastorali Migrantes che nello specifico si occupano del mondo dello Spettacolo viaggiante. Un anno fa, nella nostra città, si sono prodigati per permettere che i figli di esercenti del Luna Park in San Giorgio, potessero ricevere, nella Basilica di S. Maria in Vado, il sacramento della Confermazione. Un’azione pastorale, questa, importante e non scontata, anche per la presenza, fra i circensi, di evangelici e, in misura minore, di testimoni di Geova.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 marzo 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

(Foto Pino Cosentino)

Ucraini, la gioia del Natale nel tempo della guerra

12 Dic

Tante le iniziative portate avanti dalla comunità che si ritrova in via Cosmè Tura a Ferrara: il Mercatino solidale, la Festa di San Nicola, i progetti con i bambini. E una grande speranza di pace

di Andrea Musacci

A quasi dieci mesi dall’inizio dell’invasione russa in Ucraina, la comunità greco-cattolica di Ferrara si prepara a festeggiare il Santo Natale. Un Natale dove la gioia per la nascita di Gesù si mischia all’apprensione per le notizie che continuano a giungere dal Paese coinvolto, suo malgrado, nella guerra, costretto a difendersi per non soccombere alle mire del governo di Putin.

La Festa di San Nicola

L’Avvento ha visto un primo momento particolare significativo per la Festa di San Nicola, che ricorre il 6 dicembre, ma che la comunità di via Cosmè Tura ha festeggiato la domenica precedente, il 4. Per l’occasione è stato inaugurato il presepe all’interno della chiesa, realizzato grazie al contributo dei bambini, presenti in 65 alla grande festa. Gli stessi bambini hanno tenuto un piccolo spettacolo, divisi nelle fasce d’età 5-8 anni, 8-12 e 12-15. San Nicola ha portato loro alcuni doni – dolci e cioccolatini – e nello spettacolo i bambini si sono divisi tra quelli “educati” e quelli “birichini”, per rappresentare l’importanza del dono, anche come testimonianza per gli altri.

Mercatino solidale e Centro Ricreativo

All’interno della chiesa era stato allestito anche un Mercatino con oggetti natalizi realizzati dai parrocchiani. Aperto la mattina e il pomeriggio (e ogni domenica fino a fine gennaio), e tenuto dagli stessi bambini, ha fruttato solo nel primo giorno un ricavato di circa 700 euro. 

Soldi che verranno usati principalmente per acquistare generatori di corrente da inviare in Ucraina, visto l’ulteriore aggravamento in molte città. Gli attacchi di missili e droni russi, infatti, hanno preso di mira l’infrastruttura energetica del Paese proprio in vista dell’inverno, quando le temperature medie in genere scendono al di sotto dello 0. Con il ricavato verranno anche acquistati cappotti, maglioni e berretti invernali, e farmaci, spesso introvabili o molto cari in Ucraina, usati anche per curare soldati feriti. «Sono gli stessi bambini – ci spiega padre Vasyl Verbitskyy – a dirci che ci tengono a raccogliere più soldi possibili per aiutare i loro padri, nonni e in generale il nostro popolo in questo momento drammatico».

E sempre a proposito dei bambini, da alcuni mesi la nostra Arcidiocesi ha trovato loro un luogo più spazioso dove poter liberamente giocare, fare catechismo e altre attività nel Centro Creativo Parrocchiale “Luce da luce”. Si tratta dell’ex Scuola d’infanzia “Pio XII” nel quartiere Barco della città. Qui, una 40ina di bambini si incontra regolarmente tre volte alla settimana (martedì, giovedì e domenica). La struttura è stata usata dalla comunità ucraina come campo l’estate scorsa e inaugurata e benedetta lo scorso 1° ottobre.

Preparazione al Natale

La chiesa di Santa Maria dei Servi, oltre al presepe, è già addobbata in attesa del Santo Natale. Una scelta inusuale rispetto alla nostra tradizione è quella di porre alberi addobbati all’interno dello stesso edificio, segno ulteriore di gioia: per l’occasione, padre Vasyl con alcuni parrocchiani ne ha posti due grandi davanti al presbiterio, oltre ad alcuni più piccoli vicini al presepe. Inoltre, sulla stessa balaustra del presbiterio sono presenti due piccoli alberi fatti con spighe di grano (simbolo dell’Ucraina), i cosiddetti didukh, adornati con i colori della bandiera nazionale, anch’essi realizzati dagli stessi parrocchiani. «È tradizione nel nostro Paese – ci spiega il parroco – di metterli la vigilia di Natale sul pavimento nella sala dove si svolge la Santa Cena». Cena che, in Ucraina tradizionalmente si festeggia nel tardo pomeriggio, circa alle ore 17, del 24 dicembre, quando – si dice – spunta la prima stella in cielo. 

Tra gli appuntamenti previsti per il periodo natalizio, proprio il 24 a Copparo (dov’è presente una nutrita comunità ucraina) alle 14.30 sarà celebrata la S. Messa e poi una festa, una specie di Santa Cena. Il 26 dicembre, invece, una 50ina di cattolici ucraini ferraresi parteciperà al pellegrinaggio nazionale a Roma: alle ore 13.30 in Basilica di San Pietro S. Messa e a seguire canti natalizi e preghiera per la pace davanti al presepe in Piazza.

Sabato 7 gennaio la S. Messa in via Cosmè Tura sarà, invece, presieduta dall’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego, mentre il giorno successivo in chiesa vi sarà il Presepe vivente, che gli ucraini ferraresi nei giorni successivi porteranno anche nelle comunità sorelle di Bologna e Mantova.

Una nuova iconostasi

Ma sul tavolo vi è anche un progetto che va oltre il Natale: la realizzazione di una nuova iconostasi, la struttura divisoria tra il presbiterio e le navate, ricca di immagini sacre (Madre di Dio, Pantocratore, S. Nicola, S. Giorgio, Arcangelo Michele, Arcangelo Uriele, Arcangelo Gabriele e Vergine Maria nell’Annunciazione, e i quattro Evangelisti). La struttura sarà completata entro la prossima Pasqua, mentre le icone saranno realizzate e poste entro settembre 2023. È possibile sostenere il progetto – eseguito da Liliana Brunelli di Ferrara – con una donazione sull’IBAN IT45 C070 7213 0010 0000 0411 330 intestato a: Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio Santa Maria dei Servi, causale “offerta costruzione Iconostasi”.

La guerra vicina e la speranza sempre viva

Non mancano, dunque, motivi di gioia per questa comunità così viva, cresciuta negli ultimi dieci mesi grazie ai tanti profughi arrivati dall’Ucraina. Sono circa un centinaio le donne e i bambini arrivati da febbraio e regolarmente presenti nelle Liturgie e attivi in parrocchia. Ora, però, ne sono rimasti una metà, dato che in molti hanno scelto, nonostante tutto, di tornare nel loro Paese. Per chi è rimasto, prosegue anche il corso di italiano, una volta alla settimana nella sala parrocchiale. Un’occasione in più per sentirsi comunità e affrontare meglio la non facile scelta di vivere in un Paese per tanti aspetti così diverso dal proprio.

Il saluto di padre Vasyl

«Voglio ringraziare con tutto il cuore i tanti ferraresi che hanno sostenuto e continuano a sostenere il nostro Paese», ci dice il parroco. «Chiedo a tutti di continuare a pregare insieme a noi per una pace giusta, affinché soprattutto i bambini non debbano più avere paura a causa della guerra. È importante – prosegue – che ci venga riconosciuta la dignità di popolo, un popolo contadino ma anche capace di costruire e di fare cultura. Che sceglie di creare e non di distruggere». 

Ma la distruzione continua per mano dell’invasore. «Proprio ieri (8 dicembre, ndr) – ci spiega con commozione padre Vasyl – a Sambir, mia città d’origine, si sono svolti i funerali di un mio amico, Nikolai, morto sul fronte: ricordo ancora quando facevamo insieme i chierichetti…». Nikolai ha lasciato la moglie e un figlio di 10 anni. Come accade sempre da febbraio, le bare di Nikolai e di un altro soldato ucciso sono state accompagnate da un lungo corteo lungo le vie della città. La preghiera e l’orgoglio di un popolo accompagnano ancora, in questo Natale di lutti e di speranza, tanti giovani per l’ultimo saluto, prima dell’abbraccio col Padre. 

Uno strazio e al tempo stesso una fede salda nel Dio dell’amore, che uniscono quella terra martoriata con la nostra terra, che accoglie tanti esuli, gente umile con nel cuore il sogno di tornare in un’Ucraina libera dagli occupanti e da ogni tentazione d’odio.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 16 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Ucraini, «una parrocchia nuova, fatta di aiuto e speranza»

30 Ago

Intervista a padre Vasyl Verbitskyy, guida della locale comunità cattolica di rito bizantino: «in sei mesi la nostra parrocchia ha accolto tanti profughi ucraini. Molti di questi sperano di tornare presto nella loro patria.Altri, invece, rimarranno qui»

A cura di Andrea Musacci


Padre Verbitskyy, in questi sei mesi come la guerra ha mutato la vita della vostra parrocchia?
«Sono stati tanti i cambiamenti. In alcuni giorni, in determinati periodi, la nostra chiesa di via Cosmè Tura a Ferrara era strapiena, con ucraini che venivano da diverse parti della provincia, e tanti ferraresi che ci raggiungevano per esprimere la loro vicinanza. Negli ultimi tempi ho notato come le persone scappate dall’Ucraina negli ultimi sei mesi siano ormai un terzo delle persone che frequentano la nostra parrocchia».

In particolare, quanti sono i bambini e gli adolescenti che seguite come parrocchia?
«Proprio in questi giorni abbiamo un campo estivo nel quartiere Barco, con 46 bambini iscritti, 30 dei quali arrivati come profughi. Da marzo, però, cioè da quando abbiamo organizzato i corsi di italiano e il catechismo, il nostro doposcuola era frequentato da ben 70 bambini, tutti profughi».

I bimbi e i ragazzi profughi come stanno vivendo questa loro nuova vita?
«Partecipano alla vita della parrocchia, ai momenti di preghiera, erano presenti alla Via crucis cittadina, alcuni di loro fanno i chierichetti, anche coloro che in Ucraina non frequentavano la chiesa o la frequentavano poco. Insieme agli altri stanno costruendo dei bei rapporti di amicizia e possono dar vita a un futuro migliore».

Più nel dettaglio, in questi mesi come si è svolta la vita della vostra comunità di S. Maria dei Servi?
«Possiamo dividere in modo netto l’attività della parrocchia in due periodi: fino al 24 febbraio [primo giorno dell’invasione russa in Ucraina, ndr] e dopo il 24 febbraio. Lo scorso 22 febbraio insieme a un gruppo di parrocchiani abbiamo svolto le prove per una rappresentazione teatrale dedicata alla parabola del figliol prodigo, spettacolo che avevamo programmato per domenica 27 febbraio. Ma la guerra ha stravolto tutti i nostri piani: le feste tradizionali nono sono state realizzate e a metà marzo abbiamo aperto il doposcuola con i profughi in arrivo dal nostro Paese. Oltre ai 70 tra bambini e adolescenti di cui ho accennato prima, abbiamo organizzato anche un corso di italiano a cui han partecipato 30 donne, oltre a una 20ina di volontari impegnati come insegnanti, tra italiani e ucraini. In parrocchia abbiamo anche decorato i rami di ulivo per la Domenica delle Palme, e poi, per la Pasqua abbiamo dipinto le uova. Senza dimenticare la festa per il Lunedì dell’Angelo, la festa della Mamma, il campo estivo per i bambini e le loro mamme a Lido delle Nazioni con 47 partecipanti e il Pellegrinaggio al Santuario del Sacro Monte di Varallo. Il culmine è stata la festa della Prima Comunione, un evento molto importante per ognuno di noi. A tal proposito ricordo una bambina arrivata qui con la madre dopo lo scoppio della guerra, col papà rimasto in Ucraina a combattere. È stata davvero una festa della speranza e della gioia».

Capitolo raccolta aiuti: quanto materiale avete raccolto e dov’è stato spedito?
«In sei mesi da Ferrara sono partiti 11 tir e 50 furgoncini, abbiamo acquistato e donato alla Caritas ucraina un’ambulanza e altre due auto. Il materiale spedito – fra cui molti farmaci – è sempre stato recapitato alle Caritas delle diverse Diocesi: Sambir-Drogobych, Ternopil, Charkiv, Odessa, Mykolaiv, Lutsk».

Quali programmi avete per settembre e i prosasimi mesi in parrocchia?
«Il 4 settembre alle ore 14.30 celebreremo la Divina Liturgia nella Basilica di Santa Maria in vado, appuntamento che gli anni scorsi era fissato in giugno. Per il mio sogno di un oratorio per i bambini ucraini, abbiamo già ricevuto dalla Diocesi – grazie all’Arcivescovo mons. Perego – la possibilità di usare l’ex-asilo nel quartiere Barco (Scuola dell’infanzia Pio XII, ndr), dov’è in corso il campo estivo. In parrocchia continuiamo a fare i corsi per gli adulti, oltre alla raccolta dei farmaci, di prodotti per l’igiene personale e di alimenti a lunga conservazione. Speriamo di riuscire a continuare la nostra attività con i bambini, non solo quelli arrivati dopo il 24 febbraio ma anche con quelli già residenti in città e in provincia».

In questi sei mesi ha avuto modo di sentire da suoi parrocchiani – profughi e non – dubbi di fede a causa della guerra?
«In questo periodo ho cercato di stare vicino a ogni persona arrivata qui o già presente. Ognuno vive la fede in maniera particolare. Certamente, alcune persone hanno avuto dubbi forti a causa della grave situazione in Ucraina, ma vedo come l’accoglienza, la vicinanza e la preghiera diano loro speranza. Addirittura, alcuni dei profughi arrivati in questi mesi, ora sono diventati loro stessi volontari».

Oggi i suoi parrocchiani sono più pessimisti o più speranzosi sull’esito della guerra e sulla possibilità di tornare in patria?
«Alcuni di loro si sentono ormai integrati qui, mentre altri sono già rientrati in Ucraina – in zone sicure – oppure vorrebbero rientrare a breve. In ogni caso, ognuno di loro nutre ancora la speranza che la guerra possa finire presto e quindi di poter tornare nella propria casa».

Articolo pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 2 settembre 2022

Fra le lacrime si cerca di rinascere: i racconti di tre donne ucraine

12 Mag
Oxana, Alina e Vasylyna

Oxana, Alina e Vasylyna sono arrivate a Ferrara negli ultimi mesi. Scappano da Kherson o hanno parenti in Donbass. Persone che non vogliono soccombere all’invasore russo

Quando le incontriamo nella sacrestia della parrocchia dei cattolici ucraini in via Cosmè Tura, Agnese insegna loro a leggere l’orologio in italiano.

Oxana, Alina e Vasylyna ascoltano con attenzione, fanno domande, si impegnano. Ma dai loro volti traspare tristezza. Agnese, volontaria di IBO Italia, ha trascorso oltre due mesi in Ucraina, ma è dovuta rientrare in Italia a causa della guerra, insieme a un altro volontario, Amos Basile.

Conclusa la lezione, chiediamo alle tre donne di raccontarci le loro storie.

«Vogliamo vivere da persone libere»

Da Cherkasy, nella parte centrale del Paese, arriva Oxana, qua da un mese. In realtà lei vive in Bulgaria e in Ucraina ci è andata per prendere i suoi due nipoti e portarli al sicuro, prima in Bulgaria, poi qui a Ferrara dove vive il suo compagno. «Durante il viaggio, grazie a una comunità protestante ho lasciato il Paese, ho dormito due giorni in una chiesa a Budapest, poi ho trascorso un mese a Sofia. Nel Donbass vivono le mie zie e mio zio», prosegue. «I loro figli non vogliono vivere sotto il giogo russo e quindi sono scappati in Belgio, Polonia e nei Paesi baltici. I russi propongono agli abitanti di andare a vivere in Russia, ma le persone si rifiutano. I miei cugini, come tanti altri nel Donbass, vogliono essere liberi, vivere da persone libere».

«A Kherson protestano contro l’occupazione russa»

Alina è scappata da Kherson, e da un mese è a Ferrara con i figli Artem e Costantin di 6 e 8 anni, con la cognata e i suoi figli di 3 e 10 anni. Nella nostra città, infatti, la madre Ludmila lavora come badante. «Siamo usciti da Kherson quando già era stata occupata dai russi, e non c’era nessun corridoio umanitario: abbiamo rischiato davvero la vita, di essere colpiti dai russi», ci spiega. «Mio marito ci ha portati a Odessa, dov’è rimasto, mentre noi da lì siamo partiti per l’Italia. A Kherson i militari si sentono i padroni, le bandiere russe sventolano, è orribile», ci dice tra le lacrime. «Non vogliamo far parte della Russia! Anche se non se ne parla, però, a Kherson ci sono proteste contro gli occupanti, la gente scende per strada con le bandiere ucraine». 

Quel viaggio a piedi di notte

A Ferrara è arrivata anche Vasylyna, venuta due mesi fa da Leopoli con i figli Anastasia e Roman di 11 e 13 anni, per raggiungere la sorella Alina. Un ricordo che le segna ancora il viso: «passata la dogana, abbiamo dovuto camminare per 8 ore, di notte. Poi per una settimana in Polonia siamo stati ospitati da una famiglia». Prima di arrivare in questa città che ora li accoglie, cercando di offrire loro un po’ di speranza.

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 13 maggio 2022

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Marta e i suoi figli a Ferrara, ma la guerra resta vicina

12 Mag
Marta col marito e i figli in un momento sereno in Ucraina prima della guerra

Marta è sposata con Pietro, sacerdote. Da Drohobyc è scappata coi figli Ivan (8 anni) e Teresa (5). Qui a Ferrara cercano un po’ di serenità, tra la scuola e la parrocchia in via Cosmè Tura

di Andrea Musacci

Raccontare attraverso i giochi e i disegni la guerra e quella vita nuova non voluta, inaspettata.

Sono alcuni dei particolari toccanti che emergono ascoltando le storie delle donne giunte a Ferrara negli ultimi mesi, molte di loro giovani madri. Come Marta, cognata di padre Vasyl Verbitskyy, guida dei cattolici ucraini nella nostra Diocesi. Marta è arrivata nella nostra città lo scorso 5 marzo da Verkhniy Luzhok, un piccolo paese vicino Drohobyc, a 30 km dal confine polacco. Con lei, i suoi due figli, Ivan di 8 anni e Teresa di 5.

A Verkhniy Luzhok hanno lasciato il marito Pietro, sacerdote cattolico di rito bizantino. «Prima della guerra vivevamo una vita normale – ci racconta Marta -, Ivan andava a scuola, Teresa avrebbe dovuto iniziare l’asilo. E sognava tanto di andare a vedere uno spettacolo di canti, con i soldi che aveva ricevuto in dono per Natale…».

Ma alle 5 del mattino del 24 febbraio l’allarme delle sirene ha rotto ogni pace. «Abbiamo visto gli aerei militari sfrecciare sulla città e poco dopo abbiamo saputo dell’inizio dell’invasione russa. Anche noi come genitori non eravamo pronti. Non pensavamo potesse accadere una cosa del genere ai giorni nostri». La decisione di lasciare il Paese l’hanno presa dopo la notizia degli attacchi alla vicina centrale di Chernobyl, la notte fra il 3 e il 4 marzo.

«Era difficile spiegare ai bambini perché dovevamo partire, e perché con sé non potevano portare i propri giochi, ma solo l’essenziale. Prima di partire, i miei figli hanno creato loro stessi alcuni giochi: Ivan, coi Lego, ha creato tank, aerei da guerra e l’Antonov An-225 Mriya». Myria significa “sogno” in ucraino. Si tratta del più grande aereo del Paese utilizzato per i rifornimenti, costruito in un unico esemplare. I russi l’hanno distrutto a Hostomel’, vicino Kiev, nei primissimi giorni di guerra. Ivan l’ha voluto ricostruire dopo aver sentito in tv la notizia della distruzione.  

Poi la partenza verso la Polonia, direzione Italia. Alla dogana file di giovani mamme come lei, «con tutta la loro vita in uno zaino», prosegue Marta. «Nelle nostre valigie, oltre ai vestiti e all’essenziale, Ivan ha voluto mettere i suoi pennarelli, dato che ama molto disegnare, Teresa invece il suo unicorno, io un rosario. A mio marito, prima di partire abbiamo detto: “ti amiamo”…».

«Noi qua, i nostri cari sotto le bombe: non è giusto…»

Quotidianamente, più volte al giorno, Marta e i bambini si sentono via WhatsApp e Viber con Pietro. 

«Nella nostra parrocchia a Verkhniy Luzhok, soprattutto dopo gli eccidi di Bucha e Irpin, in molti hanno compreso ancora di più cosa fosse questa guerra, sono rimasti scioccati, considerano quel che sta accadendo incomprensibile. Si chiedono: “dov’è Dio? Perché permette tutto questo?”. Ci sembra di non vedere la fine di quest’incubo».

Il marito aiuta come può per organizzare l’ospitalità di tante famiglie che scappano dalla zona est del Paese: dà loro sostegno spirituale, anche psicologico, e insieme ai suoi parrocchiani li aiuta per i beni essenziali, raccogliendo beni anche per i militari della parrocchia impegnati a difendere la propria patria. 

«Poco tempo fa – ci racconta Marta – è morto un uomo del nostro paese che si era arruolato volontario in un battaglione per combattere in Donbass». Sono riusciti a far tornare il suo corpo a casa, per celebrare i funerali e lì farlo riposare. «Alle esequie era presente l’intero paese: quando è passato il feretro, tutti si sono inginocchiati, i bambini con le candele e i fiori in mano». E Marta poi ci racconta di Leopoli, dove ha molti amici impegnati come volontari nell’accoglienza dei profughi, e dove vivono suo fratello e i suoi genitori: «due giorni fa hanno visto quattro missili sorvolare la città a bassa quota». Era uno dei periodici attacchi sulla città.

«Noi siamo qui protetti e i nostri cari invece là sotto le bombe», dice commossa. «Questo mi fa stare molto male, quasi sentire in colpa. Per questo, anche se siamo scappati, la guerra la sentiamo ancora molto vicina a noi». 

Ricominciare a vivere

Appena arrivati a Ferrara, suo figlio Ivan ha voluto comprare la mappa d’Italia: su un grande foglio ha disegnato i luoghi e i monumenti caratteristici di alcune città italiane, Ferrara compresa, di cui ha realizzato il Castello. Ad aiutarlo in questa sua passione, una ferrarese amica di famiglia. E Ivan è rimasto molto colpito anche dallo splendore della Basilica di S. Maria in Vado, e ogni tanto aiuta padre Vasyl come chierichetto. Piccoli sprazzi di serenità per due bambini, come lui e Teresa, che in Ucraina hanno lasciato quasi tutto. Mentre la piccola non comincerà subito ad andare all’asilo, Ivan ha iniziato a frequentare la Scuola internazionale Smiling. «Il primo giorno – ci spiega Marta – si è commosso perché i suoi nuovi compagni lo hanno accolto con alcuni disegni di cuori con sia la bandiera ucraina sia quella italiana, realizzati apposta per lui. E fuori dall’orario delle lezioni, prosegue tramite Zoom la didattica a distanza con la sua insegnante in Ucraina, anche se a volte quando là suona l’allarme, si interrompe il collegamento». 

Anche Marta un po’ alla volta cerca di ritrovare un po’ di serenità: prima di Pasqua, ad esempio,  seguendo i bambini che si preparano per la Prima Comunione e aiutandoli a dipingere le uova pasquali e a preparare i rami d’ulivo. «Mi sono sentita utile, come se avessi di nuovo una vita normale. E in ogni chiesa che visitiamo qui in città prendiamo santini come souvenir che poi porteremo a Pietro». 

«Prima della guerra – dice con tristezza Marta – noi ucraini avevamo tanti sogni: di studiare, viaggiare fuori dal nostro Paese, aprire attività commerciali. Ora invece ogni giorno non sappiamo se avremo il cibo, l’acqua potabile, un letto e una casa. Si vive alla giornata. Anzi, le persone che vivono nelle zone occupate dai russi, vivono ora per ora. E i miei figli mi fanno tante domande sulla situazione in Ucraina, se ritroveranno i loro giocattoli. Speriamo che tutto questo finisca presto».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 13 maggio 2022

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Morire da medico sotto le bombe: la storia di Andrea dall’Ucraina

6 Apr

Era chirurgo nell’est del Paese, nell’ospedale militare di Ochtyrka distrutto dai russi lo scorso 26 febbraio. La madre Anna, che da 15 anni vive nel ferrarese, ci racconta la sua storia

Andrea, medico ucciso a Ochtyrka

di Andrea Musacci

Morire mentre si tenta di strappare alla morte un soldato ferito. Morire in un ospedale, sotto le bombe russe. È la storia di Andrea, 45 anni, medico chirurgo nell’ospedale militare a Ochtyrka, nell’oblast’ di Sumy, a 60 km dal confine russo e a 100 da Kharkiv. Andrea ha lasciato la moglie Lidia, medico anche lei, e il loro figlio Antony, di 13 anni, che vivono a Husiatyn, nella zona ovest dell’Ucraina, oblast’ di Ternopil.

E ha lasciato anche la madre Anna, 71 anni, che da 15 anni vive nel ferrarese. La incontriamo nei locali della parrocchia di Santa Maria dei Servi, casa della comunità ucraina a Ferrara guidata da padre Vasyl Verbitskyy. Il volto è triste e gentile, pieno di orgoglio e di dolore per quel figlio che non vedrà più.

In Italia per aiutare la famiglia

Anna lavora come badante nell’assistenza di una signora di 98 anni, Anita Toselli, in via Comacchio a Ferrara, casa dove abita. In questi anni ha lavorato in altre quattro famiglie tra Formignana e la città. A Husiatyn, invece, era ragioniera. Nel 2007 ha scelto di venire qui in Italia per aiutare i suoi figli: «non riuscivano a trovare una casa, un lavoro, erano in crisi», ci spiega. È venuta a Ferrara perché consigliata da un amico del figlio, amico che viveva e ancora vive qui in città.

Anna 9 anni fa ha perso anche il marito, «il 23 febbraio», ricorda. «Dopo aver lavorato come autista di autobus, mi aveva raggiunto in Italia per due anni, nei quali era stato impegnato come bracciante in campagna, per poi tornare in Ucraina».

Andrea medico fino alla morte

«Andrea amava aiutare gli altri, era una persona umile, per nulla orgogliosa, aiutava anche i colleghi medici», ci racconta Anna. «L’ultima volta che l’ho visto è stato la scorsa estate: da giugno ad agosto sono stata da lui in Ucraina».

Fin da bambino Andrea sognava di lavorare come medico in una struttura militare, «”dove c’è più bisogno, dove c’è più necessità”, mi diceva sempre». Dopo la laurea in Medicina, viene assunto per un periodo in un ospedale civile a Husiatyn. 

Poi nel 2014, dopo l’occupazione russa della Crimea, chiede di prestare servizio in un ospedale militare, dove lavorerà due anni. Dal 2015 fino a pochi mesi fa ha lavorato in un ambulatorio vicino Ternopil, e poi, dal dicembre scorso, nell’ospedale militare a Ochtyrka.

«Lo scorso 25 febbraio ho parlato con lui al telefono, mi ha detto: “stai tranquilla”». Alle ore 12 del giorno dopo, il 26, un sabato, Andrea stava operando un soldato ferito quando l’esercito russo ha bombardato l’ospedale: nessuno si è salvato. «La mattina del 26 ho provato a chiamarlo e non mi ha risposto, perché stava lavorando», racconta Anna. «Poi ho riprovato nel pomeriggio, e ancora non mi rispondeva. Lunedì, due giorni dopo, alle ore 15 mia figlia mi chiama e mi dice che Andrea è morto». Ci hanno messo diversi giorni per recuperare tutti i corpi. «Martedì, il giorno dopo aver ricevuto la notizia, sono venuta qui da padre Vasyl per chiedergli aiuto». Il sacerdote ha celebrato una S. Messa per Andrea e diverse sono le preghiere per lui in queste settimane. «Grazie a lui e alla vicinanza di tante persone, un po’ mi era passata la tristezza», prosegue Anna. «Ma mio figlio mi dava tanta forza per vivere, per andare avanti». 

Le vittime sono state tutte sepolte nel campo dell’ospedale, troppa la paura di portare i corpi lontano. Ma il cognato della moglie di Andrea insieme a un amico, rischiando di essere attaccati dai russi, con un furgoncino sono comunque andati a recuperare il corpo di Andrea e lo hanno portato a Husiatyn per i funerali – svoltisi dieci giorni dopo la morte – ai quali hanno partecipato tante persone. Le esequie sono state documentate anche dalla tv locale INTB. Tutti i funerali degli eroi caduti in guerra in Ucraina, e così anche quello di Andrea, sono preceduti da un corteo lungo le vie della città, durante il quale la gente ai bordi delle strade si ferma e si inginocchia in segno di omaggio. Anna è riuscita ad andare al funerale del figlio grazie a uno dei pullman che periodicamente, anche prima dello scoppio del conflitto, vanno dall’Ucraina all’Italia e viceversa, dall’inizio della guerra portando persone in Italia e beni alimentari alla Caritas di Ternopil.

Anna è rimasta in Ucraina dieci giorni, rivedendo anche l’altra sua figlia, sposata con due figli e insegnante di scuola, e ora, come tanti, impegnata come volontaria per aiutare i profughi che arrivano dal Donbass. «Ho invitato lei e la sua famiglia, così come mia nuora e mio nipote a venire qui a Ferrara, ma non hanno voluto perché vogliono rimanere lì per aiutare e difendere il loro Paese».

Anna ci tiene a ringraziare padre Vasyl, la comunità ucraina e le tante persone che le sono state vicino: Pierluigi Trevisani, la moglie Agnese e il fratello Davide; Claudio Travagli e la moglie Anna. E soprattutto Vanes Magnanini e la moglie Anna della famiglia di Anita, l’anziana che accudisce, oltre ai medici e agli infermieri di Cona e di San Rocco.

Una rete di amicizia che non potrà lenire l’enorme dolore  di una madre che perde un figlio in guerra, ma che perlomeno la fa sentire meno sola nell’affrontare un dramma senza senso.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” dell’8 aprile 2022

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