A concentrarsi troppo sulla sua originalità, si rischia di immaginarla fluttuante su Ferrara. Ma Villa Melchiori, l’ex villino-negozio liberty al civico 184 di viale Cavour, è ben incastonata nel quartiere che la ospita.Ce ne siamo resi conto davvero solo lo scorso 27 settembre partecipando nel giardino della stessa Villa alla presentazione – a invito – del libro “Villa Melchiori. Storia di un restauro a Ferrara”, a cura di Lucio Scardino (storico e critico d’arte) e Marcello Carrà (artista-ingegnere). Un volume realizzato con BM–Studio Bosi di Marcello Bosi, che ha eseguito i lavori di restauro da poco conclusisi e che è proprietario, assieme alla moglie Maria Magdalena Machedon, di parte dell’edificio. Un centinaio i presenti allo storico (e mondano) evento. Muti e disinteressati (forse solo apparentemente) gli abitanti delle villette o dei condomini attigui, incombenti sull’ “isola felice” Melchiori, edificata in maniera così “scandalosa” 120 anni fa. I rumori e le sagome delle auto sfreccianti su Cavour, uno stendino di panni umidi su un terrazzino molto prossimo, un bambino “trascinato” da una signora oltre una semplice rete divisoria…Villa Melchiori è un gioiello dentro la vita pulsante, quotidiana e contraddittoria della città magica a cui ha donato un sovrappiù di enigma e malinconia.
Andrea Musacci
(Foto di Luigi Pansini)
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 ottobre 2024
In viale Cavour al civico 184 si trova uno splendido esempio di fusione tra architettura e arte. Vi raccontiamo la sua genesi nel 1904, i tre enfants terribles che la progettarono e resero unica, le linee e i dettagli di un progetto irripetibile che cambiò la nostra città
di Andrea Musacci
Ferrara, al di là di alcuni pregiudizi, è di sicuro città capace di regalare sorprese. Indagando nei suoi meandri, si lascia svelare donando gemme di rara bellezza. E Ferrara è anche mosaico di giardini “segreti” (il successo di “Interno Verde” sta lì a dimostrarlo), spesso in bilico tra realtà e immaginazione (si pensi ai Finzi-Contini). Quanti occhi, da oltre un secolo, si sono posati sognanti, passeggiando su viale Cavour, su quel magnifico villino Liberty e il regno verde nel quale sembra posato. Si tratta di Villa Melchiori, e siamo al civico 184 della larga arteria che taglia la città. Un villino-negozio, in quanto per anni, al pian terreno, ha ospitato un’ampia sala espositiva di piante e fiori, per poi essere usato come appartamento.
COM’È NATO IL RESTAURO
Alcuni mesi fa, il noto critico e storico d’arte Lucio Scardino vi ha dedicato un libro, “Villa Melchiori. Il capolavoro del Liberty ferrarese” (aprile 2024). Il 27 settembre alle ore 18, proprio all’interno della villa, verrà presentato un altro volume, “Villa Melchiori. Storia di un restauro a Ferrara” (luglio 2024), a cura dello stesso Scardino e di Marcello Carrà, eccelso artista ferrarese e ingegnere. Un volume, questo, realizzato con BM–Studio Bosi di Marcello Bosi, che ha eseguito i lavori di restauro da poco conclusisi, e che contiene, oltre a quelli di Scardino, Carrà e Bosi, anche gli interventi (oltre che del Sindaco e dell’Assessore alla cultura) di Davide Danesi e Leonardo Buzzoni (Studio DaBù, per l’illuminazione della Villa), di Manfredi Patitucci (progettista di giardini) e Maria Chiara Bonora (architetto di BM – Studio Bosi).
È Maria Magdalena Machedon nel 2020 a spronare il marito Bosi a intraprendere i lavori di restauro. Eredi del fondatore Ferdinando Melchiori, infatti, sono la bisnipote Francesca e la stessa Machedon che l’ha acquistata da Anna Moretti, altra bis nipote di Melchiori, divenendo proprietaria, insieme al marito, del primo piano.
STORIA DI UNA RIVOLUZIONE
Villa Melchiori è stata realizzata nel 1904 (inaugurata il 30 luglio) dall’ingegnere ferrarese (ed ebreo) Ciro Contini, allora 31enne: fu la sua prima opera a carattere edilizio. Successivamente, fra i tanti lavori, restaurò l’Albergo “Europa” in corso Giovecca, Palazzo Cicognara-Sani in via Terranuova, realizzò l’ingresso in granito del cimitero ebraico in via delle Vigne, progettò la Laneria Hirsch e fornì al Comune il progetto di massima per realizzare il Rione Giardino. Dopo il trasferimento a Roma, nel ’41 con la moglie Lidia lasciò l’Italia in seguito alle leggi razziali: la coppia andò prima a Detroit poi a Los Angeles, dove Contini morì nel 1952.
Tornando a Villa Melchiori, in epoca estense il terreno su cui sorge appartiene al Convento di San Gabriele, che ospita le Carmelitane per volere della duchessa Eleonora d’Aragona. Il Convento viene poi soppresso in seguito alle invasioni napoleoniche. Nel 21 agosto 1903 l’area è acquistata dai Melchiori grazie a un contratto con la Ditta Pirani-Ancona. Proprio in questi anni viene concluso il tombamento del canale Panfilio, permettendo la nascita di viale Cavour, arteria fondamentale di collegamento della Stazione ferroviaria col centro. Villa Melchiori sarà la prima casa a essere costruita sul tronco terminale del nuovo viale. Contini per questo ambizioso progetto coinvolse lo scultore Arrigo Minerbi (allora 23enne) e il fabbro 37enne Augusto De Paoli, portando l’Art Nouveau nella nostra città.
TRA REFUSI E CORBEILLE
Fa sorridere, e pare assurdo, il refuso del decoratore Giuseppe Pedroni che sulla facciata riportò erroneamente il nome di “Melchiorri Floricoltore”, con due “r”, ingannando involontariamente nel tempo (e ancora oggi) non poche persone. Ma il buffo raddoppio non tolse fascino e mistero a questo luogo fuori dal tempo. Così, nel 1905 la vicina Villa Amalia (sempre progettata da Contini) cercò in un certo qual modo di emulare la magia di quel villino-negozio; e nell’aprile del 1906 Villa Melchiori finì anche sull’importante rivista torinese “Architettura italiana”. Nell’autunno del 1968 il regista Franco Rossi vi girò addirittura una sequenza del suo film “Giovinezza giovinezza”, con gli attori Alain Noury e Colomba Ghiglia.
Come scrive Scardino nel libro, De Paoli e Minerbi in sinergia con l’ing. Contini realizzarono la «convessa quanto estrosa porta-vetrata a forma di corbeille (cesta, ndr) floreale con la cancellatina che riporta una serie di rose canine in ferro, il serpentino cornicione sotto-tetto “a colpo di frusta”, le inferriate delle finestre, i fiori in cemento modellati agli angoli della terrazza e sui pilastri d’ingresso, quasi “carnose” escrescenze quest’ultime che parrebbero voler evocare mazzi del fiore chiamato “alcea rosea”, la cancellata in ferro battuto impostata sul tema-cardine del girasole (che, nella parte centrale, le linee sinuose dei gambi trasformano nella sagoma di un’enorme mela)». Inoltre, ai lati dell’edificio, i Melchiori fecero costruire prima due dépendances (grazie all’ing. Edoardo Roda) e altre due costruzioni dove sistemarono nuove serre, laboratori e un piccolo appartamento per i commessi (v. nella didascalia a pag. 11, il legame successivo con la famiglia Facchini).
UN UNICO MAGNIFICO CORPO
La Villa è immersa in un parco di circa 2200 mq, con ancora presenti diverse specie di piante, fra cui Ginkgo biloba, cedro del Libano, Bagolari, Ippocastano, camelia, azalea, glicine, vari alberi da frutto, una piccola vigna. Come scrivono Marcello Bosi e Maria Chiara Bonora nel libro, il giardino progettato per Villa Melchiori «può essere immaginato come un percorso attraverso tre stanze che dal fronte della villa si articolano in una successione verso la parte più intima del giardino dove il disegno si fa meno marcato e il carattere informale si apre ad un tono più selvatico».
È l’arte che imita la natura? No, è quella forma di preghiera laica con la quale l’uomo esprime il proprio bisogno di una più forte simbiosi con lo splendore del creato. Una casa, un giardino…di più: un corpo unico, un unico intreccio di linee immaginarie, di armonie, di richiami. Anche e soprattutto così ci si prende cura della natura, amandola e ri-dandole vita attraverso l’arte, indagando con passione nei suoi dedali tanto oscuri quanto incantatori.
Ketty Tagliatti, Maria Livia Brunelli e Marcello Carrà
Sono tre gli artisti ferraresi recentemente premiati a livello nazionale, due dei quali della Maria Livia Brunelli home gallery. Ketty Tagliatti durante la partecipazione alla 13° edizione di Art Verona, (13-16 ottobre), è stata selezionata per il progetto “Level 0” grazie all’opera “Sur-Naturale” (2016), composizione di ricamo e spilli d’acciaio. “Level 0” prevedeva che 14 Direttori di altrettante istituzioni museali italiane selezionassero ognuno un artista con una carriera alle spalle, per dargli la possibilità di esporre a livello museale. Così la Tagliatti è stata scelta da Gianfranco Maraniello, alla guida del Museo d’arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto (MART). Nell’autunno del 2017, dunque, l’artista presenterà una sua personale alla Galleria Civica di Trento. «Esporrò – ci spiega – mie opere del passato insieme ad alcune nuove, come una poltrona di fine ‘700 che rivisiterò. È per me – prosegue – un riconoscimento particolarmente gratificante, anche più di un premio in denaro».
Federica Cipriani con alcune sue opere
Marcello Carrà, invece, ha vinto il Premio Nocivelli di Brescia, riconoscimento per giovani artisti nato nel 2009, nella sezione pittura, con “Il banchetto di nozze” (2012), penna biro su carta incollata su pannello ispirata al “Banchetto nuziale” (1567) di Bruegel. Nell’opera, il ricco banchetto sembra essersi svuotato di colpo. Per arrivare alla vittoria Carrà ha passato due selezioni: dopo la prima (con circa 400 iscritti), ha esposto in una collettiva nella Chiesa della Disciplina a Verolanuova (BS), dove, lo scorso settembre è stato premiato. Fino a oggi, invece, espone insieme agli altri vincitori nell’Accademia Santa Giulia. Infine, per lo stesso premio, sezione scultura, la giovane centese Federica Cipriani ha raggiunto il secondo posto con l’opera “Senza titolo F#23” (2016), sagome di carta sospese su chiodi di diversa altezza.
Dopo la chiusura dell’EXPO milanese, chiude a Ferrara, oggi alle 17.30, anche l’esposizione a esso collegata, “Ricettario visionario” del geniale artista ferrarese Marcello Carrà. La mostra è stata esposta dallo scorso 19 settembre negli spazi espositivi della MLB home gallery di Maria Livia Brunelli in C.so Ercole I d’Este, 3.
Carrà ha elaborato ad hoc per questa esposizione una nuova serie di opere, realizzate con penna biro o con finissimi pennini a china, attraverso le quali riflette sulle contraddizioni del rapporto uomo-natura, in parte amplificate dalla stessa Esposizione Universale.
In occasione del finissage avrà luogo una sua performance di disegno: Carrà terminerà infatti il disegno iniziato all’EXPO di Milano quest’estate, uno spettacolare Arcimboldo di due metri con tutti i prodotti tipici ferraresi disegnati a penna Bic.
“Spiare dietro le quinte dell’arte attraverso lo studio della grafia” è il nome dell’evento in programma stasera alle 19 presso la MLB home gallery, in Corso Ercole I d’Este, 3 a Ferrara.
Una serata particolare nella quale Margherita Cristofori, grafologa forense e rieducatore della scrittura (sue le analisi grafologiche di noti e recenti casi di crimine), analizzerà la grafia dell’artista ferrarese Marcello Carrà e ci svelerà cosa emerge dall’osservazione del suo tratto. Una vera e propria “handwriting investigation”, attraverso cui conoscere le caratteristiche intime dell’artista, specializzato in grandi disegni a penna Bic, visibili in mostra alla MLB fino all’8 novembre nel suo “Ricettario visionario”.
L’evento sarà anche un’occasione per scoprire, per chi volesse sottoporre all’attenzione dell’esperta la sua scrittura, le proprie caratteristiche temperamentali ed intellettive. In un’epoca nella quale i supporti digitali sono ormai la metodologia di comunicazione più utilizzata, attrezzati di carta e penna, saremo tutti invitati a questa affascinante riscoperta della scrittura manuale. Vi sarà un aperitivo gratuito su invito con possibilità di lettura della propria grafia, riservato a un massimo di 20 persone.
È più che mai una penna corrosiva quella del geniale artista ferrarese Marcello Carrà, che torna alla grande a esporre nella nostra città, in uno degli spazi artistici più innovativi, e da lui più amati.
Inaugura, infatti, oggi dalle 18 alle 22 l’attesa personale “Ricettario visionario” nella sede della MLB home gallery di Maria Livia Brunelli in C.so Ercole I d’Este, 3. La mostra, curata da Eva Beccati, rivisita in chiave ironicamente critica il tema dell’alimentazione, filo rosso, grazie all’EXPO milanese, di quest’anno.
Sulle pareti della casa-galleria della Brunelli verranno servite succulenti e inquietanti pietanze a base di animali in via di estinzione. Fino al prossimo 8 novembre si potrà, perciò, ammirare quest’esposizione per riflettere sullo sfruttamento delle risorse naturali e sul rapporto tra cibo e denaro.
Marcello Carrà, classe 1976, che ha al suo attivo diverse mostre sia in Italia che all’estero, ha, quindi, elaborato ad hoc per questa esposizione una nuova serie di opere, realizzate con penna biro o con finissimi pennini a china, attraverso le quali riflette sulle contraddizioni del rapporto uomo-natura, amplificate dalla stessa Esposizione Universale milanese.
A partire da una nuova e inedita versione di Foody – la nota e criticata mascotte di EXPO che a sua volta riprende le figure dell’artista cinquecentesco L’Arcimboldo – sino ad una serie di opere con liquidi in vetrocamera, che indagano il rapporto tra cibo e denaro, sia in termini di non equa distribuzione, sia in merito alle speculazioni legate alla produttività, la personale di Carrà fonde, insomma, realismo con un carattere immaginifico.
Andrea Musacci
Pubblicato (in versione ridotta) su la Nuova Ferrara il 19 settembre 2015
Un’originale esposizione dedicata…agli artisti. La personale fotografica di Davide Righi, “Dietro la tela. Fotografie negli atelier di quattro ferraresi” inaugura domani all’Hotel de Prati in via Padiglioni, 5 a Ferrara.
Enrico Bovi, Marcello Carrà, Daniele Cestari e Flavia Franceschini hanno aperto le porte dei loro studi artistici a Righi, giovane artista classe ’81, accettando, dunque, di mostrare la loro “intimità creativa”. Un omaggio a quattro protagonisti indiscussi.
L’esposizione è visitabile fino al prossimo 26 settembre tutti i giorni dalle ore 14 alle ore 22, a ingresso libero. Per informazioni è possibile visitare il sito http://www.daviderighiphoto.jimdo.com/.
Dopo l’esposizione dedicata ad Antonioni, a Palazzo dei Diamanti torna la grande arte con la mostra dello spagnolo Francisco de Zurbarán, visitabile fino al 6 gennaio prossimo. Al tempo stesso la MLB Home Gallery dà il proprio contributo presentando la mostra di Marcello Carrà, “Le Metamorfosi dell’Agnus Dei di Zurbarán”, curata da Chiara Zocchi e visitabile fino al 1 dicembre. L’artista ferrarese classe ’76 ha reinterpretato il significato del dipinto esposto a Diamanti, realizzando le sue opere a mano libera con una penna Bic. Il contrasto tra la maestosità delle sue opere e l’uso di uno strumento così “comune” rimanda ad altre contraddizioni: la sua anima scientifica – é ingegnere di professione – si accompagna ad una profonda riflessione sulla precarietà essenziale ad ogni forma vivente. Lo stesso misticismo dell’artista spagnolo, e del suo “Agnello di Dio”, contrastano con la schietta materialità dei soggetti rappresentati da Carrà. Di fondo vi è la comune caducità, fragilità delle cose materiali e la “decadenza morale e spirituale” che unisce la crisi contemporanea con quella del XVII secolo di Zurbaran. È lo stesso Carrà – insieme a Maria Livia Brunelli – ad accompagnarci tra le sue opere, che riprendono la forma dell’agnello zurbariano ma lo riempiono di contenuti e significati lontani dalla purezza cristologica. Ad essere messi in risalto sono la decadenza, l’ipocrisia, il disfacimento, il caos e la rovina, tutti caratteri e sentimenti peculiari appunto a epoche – come l’attuale – nelle quali sembra venir meno una promessa messianica di salvezza. La produzione artistica di Carrà ha come suo tratto caratteristico la scelta di mostrare, di svelare le viscere di una condizione umana (auto) distruttiva e svuotata di ogni spiritualità. Il fatto, però, che in ogni disegno di Carrà i soggetti riprendano la forma, la linea dell’ ” Agnus Dei” rappresenta la possibilità – ancora viva – di una salvezza, la speranza di una redenzione – individuale e universale – dopo innumerevoli e sofferte “metamorfosi”.
Mi chiamo Andrea Musacci.
Da aprile 2014 sono Giornalista Pubblicista, iscritto all’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna.
Sono redattore e inviato del settimanale "la Voce di Ferrara-Comacchio" (con cui collaboro dal 2014: http://lavoce.e-dicola.net/it/news - www.lavocediferrara.it), e collaboro con Filo Magazine, Periscopio e Avvenire.
In passato ho collaborato con La Nuova Ferrara, Listone mag e Caritas Ferrara-Comacchio.
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"L'unica cosa che conta è l'inquietudine divina delle anime inappagate."
(Emmanuel Mounier)