Nell’affresco di luglio del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia sono raffigurate le nozze di Bianca d’Este con Galeotto della Mirandola, fratello del celebre Giovanni. Proprio a quest’ultimo, e proprio nel celebre Salone, ieri alle 18 si è svolta la presentazione del libro “Giovanni Pico della Mirandola. Mito, Magia, Qabbalah” di Giulio Busi e Raphael Ebgi. Massimo Cacciari e Marco Bertozzi si sono ritrovati per quest’ occasione nell’amato Palazzo estense del XIV secolo. Durante la sua giovinezza, Pico della Mirandola soggiornò, tra l’altro, anche a Ferrara. Qui, oltre a conoscere personalmente Girolamo Savonarola, ebbe come maestro e amico Battista Guarini, figlio del famoso umanista Guarino. Fu proprio lui, disse Garin, a fargli conoscere la filosofia. Cacciari ha elogiato il libro come di “eccezionale valore e grande novitá” riguardo al Rinascimento fiorentino, italiano ed europeo e allo “straordinario interesse” in questo periodo per le tradizioni cabalistiche. Nel caso di Pico, per capire le ragioni di questa “necessità della cabala” che egli sentiva fortemente, Cacciari è partito dal concordismo ficiniano come teoria – fondata sull’assunto del Cristianesimo come religione perfetta e definitiva – dalla quale il filosofo di Mirandola prende le distanze. Secondo quest’ultimo, il concordismo risultava insostenibile dal punto di vista teologico e filosofico: solo “la cabala coglie il vero rapporto tra unità e Uno”, in quanto “grande grembo in cui i distinti si riconoscono nella loro unità”, mantenendo il loro carattere di “manifestazioni necessarie dell’Uno”.
Andrea Musacci
Pubblicato su la Nuova Ferrara il 21 marzo 2015