I funerali del sacerdote: il 6 novembre S. Benedetto gremita per l’addio al salesiano. Tanti i ricordi
Entrando nella chiesa di San Benedetto capiterà a molti di buttare l’occhio al secondo confessionale sul lato destro. Lì, per tanti anni, don Gianalfredo Deponti confessava chiunque lo desiderasse. Il giorno delle sue esequie è vuoto e spento, l’unico a essere acceso è quello dal lato opposto, occupato da don Giuseppe. Ma non inganni quest’immagine di assenza e di silenzio: “Donde” era, è e rimarrà sempre presente in quel luogo, col suo calore a scaldare i cuori delle tante persone che ha amato e dalle quali tanto è stato amato. Intere generazioni, nei suoi lunghi 56 anni di permanenza nella comunità ferrarese, che hanno riconosciuto in lui non solo un pezzo fondamentale della storia salesiana nella nostra città, ma soprattutto una guida, un fratello, un amico. Nonostante il giorno e l’orario lavorativi, la chiesa di San Benedetto era colma mercoledì 6 novembre per i suoi funerali: persone non solo di San Benedetto, tanti i confratelli, fra cui l’ex parroco don Luigi Spada e don Enrico Castoldi, vicario ispettoriale dei Salesiani emiliano-lombardi, le Piccole Suore degli Anziani Abbandonati del Barco e le Suore della Carità dell’Istituto San Vincenzo. Sulla bara ai piedi dell’altare, la sua stola, una sciarpa della contrada di San Benedetto e un cartello realizzato dai nipoti con una foto e una scritta, “ciao zio!”. Una cinquantina i presbiteri presenti per la celebrazione presieduta dal nostro Arcivescovo, e, in prima fila, Angelo, uno dei quattro fratelli di don Gianalfredo, che era il primo (gli altri sono Ambrogio, Virginio, Filippo, tutti scomparsi). Dodici i nipoti (di cui sette vivono a Ferrara, gli altri tra la provincia di Como e di Bergamo), e svariati i pronipoti. Uno dei nipoti ha assistito lo zio anche l’ultima notte, culmine di un anno lungo e tormentato, l’ultimo della sua esistenza terrena, costellato da tanti ricoveri in ospedale, ma anche dall’affetto dei famigliari, dei confratelli, della sua comunità. Per dare l’idea di quanto “Donde” fosse amato da tutti, segnaliamo come fossero presenti anche “Eugenio”, signore di origini africane che in molti conoscono perché staziona spesso davanti al Caffè del Corso di via Bersaglieri, angolo corso Giovecca, e persone come Roberto, che, ci spiega, da oltre trent’anni non frequenta la parrocchia, ma qui è cresciuto grazie anche a persone come “Donde”. Dopo il saluto di don Paolo Salmi (“don Gianalfredo ci stimola a fare della nostra vita un grande dono”) e quello di mons. Perego (“la sua vita ha profumato di resurrezione: questa resurrezione è il dono che oggi il Signore fa a lui”), nell’omelia lo stesso parroco ha raccontato: “quando all’una di notte di Ognissanti ti ho visto nel letto”, da poco spirato, “ho avuto un flsahback di quando aprivo la porta della tua camera dove riposavi e sbirciavo per vedere se dormivi tranquillamente. Eri stato tu stesso a dirmi: ‘ogni tanto passa a guardarmi…’: in entrambe le occasioni avevi il viso sereno. L’amore di Dio – ha proseguito – ti ha raccolto e ti depositerà nel posto che ti spetta: di questi posti, ce ne sono per ognuno di noi. Anche se fragili, infatti, Dio ci chiama. Anche tu, Donde, eri fragile, avevi i tuoi difetti, avevi un bel caratterino: non molto tempo fa ti dissi scherzando: ‘fai il furbo…ti stiamo un po’ viziando eh…’, e tu col tuo sorriso un po’ furbetto mi risposi: ‘me lo hanno già detto…’. Don Deponti – sono ancora parole di don Salmi – aveva cercato di farsi ‘tutto a tutti, per poterne salvare in qualche modo alcuni’ (1 Cor 9, 22)”. Tanti i ricordi che emergono: i suoi tanti viaggi a Lourdes – 49, per la precisione – con l’Unitalsi (presente in massa), “viaggi nei quali non smetteva di confessare nemmeno in treno”. E poi le cartoline che mandava ai parrocchiani dalla località francese, o le chiamate dalla montagna, dall’amata Frassenè, “solo per sapere come stai…”, o per gli auguri di compleanno – “se li segnava tutti”, ci ricorda Sandro, un parrocchiano. “Aveva fatto esperienza dell’amore di Dio e voleva comunicarlo a chiunque”, ha proseguito il parroco. “E ci ha insegnato anche la preghiera: aveva sempre il rosario fra le dita, legato al polso, o disperso – ma sempre ritrovato… – fra le lenzuola del suo letto. Ti dico ‘arrivederci’, ma tu ci diresti ‘ciao!’”. Nella parte conclusiva della celebrazione il parroco ha letto il messaggio fatto recapitare dal Vescovo di San Marino, il ferrarese mons. Andrea Turazzi: “carissimo don Gianalfredo, ho tanti motivi di gratitudine nei tuoi confronti. Don Deponti era salesiano al 100% e al 100% presbitero della Chiesa di Ferrara-Comacchio. Di lui mi colpì soprattutto il suo linguaggio nuovo, il suo stile. Prima di lasciare Ferrara, un giorno guardavamo insieme i ragazzi giocare nell’oratorio: ricordo che in lui non vi era mai un sospiro o una nostalgia, ma sempre la stessa passione per la gioventù”. A seguire, i saluti di tre nipoti, Chiara (“Grazie Signore per averci donato zio Donde. Ricordo la sua pazienza e la sua capacità di leggere i cuori, la sua disponibilità e la sua capacità di saper sdrammatizzare”), Giovanni e Stefano. Chiara ci ha consegnato anche questo ricordo: “ ‘Signore aiutami a essere come Tu vuoi che io sia’: quando andavo da lui mi diceva di rivolgere a Dio questa preghiera, di guardare a Lui come un padre misericordioso che mi guida e mi aiuta sempre a scegliere la via giusta. E lo zio DonDe l’aveva fatta, la volontà di Dio: come fratello, come sacerdote, come insegnante, come zio. Uno zio importante DonDe, c’è sempre qualcuno che sa chi è, che lo conosce. Una volta una persona mi chiese: ‘com’è avere uno zio sacerdote?’, io risposi: ‘normale’, ma non è vero: è speciale, è super avere uno zio come DonDe! Sapere che in ogni momento potevi contare su di lui, che sicuramente ‘non’ avrebbe pregato per te! Così diceva scherzando: ‘oggi nella messa non ho pregato per te’. E io so che anche oggi da lassù, con il suo sorriso lui continua a ‘non’ pregare per noi”. Daniela Bonfieni, amministratrice della parrocchia, ha preso a sua volta il microfono: “Ciao Donde, o monello, come ogni tanto ti definivi. Grazie di tutto per quello che hai fatto per la mia famiglia da quasi 50 anni, da quel giorno di marzo che sei entrato nella nostra vita per la perdita dei nostri papà [il padre di don Gianalfredo e quello della signora Daniela – ci spiega – sono morti lo stesso giorno del marzo 1970, ndr]. Grazie per essere stato il papà che a me e a Dario è mancato fin da piccoli e per essere stato il nonno di Sara, come ogni tanto ti chiamava. Sono certa che continuerai la tua missione da lassù, sempre discretamente vicino. Ci mancherai tanto, per le nostre chiacchierate, per le tue sgridate, per le tue telefonate…per tutto. Ciao Donde”. Anche un’altra parrocchiana, Carmela Rotola, ha scelto di rivolgere un saluto: “è stato per me e per tanti un riferimento, un ottimo consigliere”. Alla fine, un canto di gioia, suggello di questo “evento pasquale”: il canto dedicato a don Bosco “Padre, maestro ed amico”, oltre a “Gabriel’s Oboe” del maestro Morricone, seguiti da un commosso applauso. Don Deponti è stato tumulato alla Certosa, in un loculo a parte: per essere sepolto nella cappella dei salesiani dovrà attendere l’anno prossimo, quando verranno riesumate le salme di due confratelli.
Andrea Musacci
Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 novembre 2019