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La preghiera: l’eterno in me, che esco dal mio tempo

7 Giu

Quel «canto che Cristo ha introdotto nel mondo»: l’ultimo incontro con don Federico Giacomin

La preghiera non è un mero «esercizio pietistico, “donabbondiano”» ma «l’ingresso del tempo della Pasqua nel mio tempo». Anche un ottimo oratore non è detto sia capace di trasmettere l’essenza…dell’orante. Don Federico Giacomin, presbitero della Diocesi di Padova, con la sua passione e l’originale talento oratorio che lo contraddistingue, vi è riuscito, appassionando i tanti partecipanti dei tre incontri da lui tenuti in questi mesi a Casa Cini, Ferrara. La sera del 29 maggio – sul tema “Come pregare?: Prega solo chi si compromette. L’ecclesiologia dell’orante” – si è tenuto l’ultimo dei tre, parte del progetto dedicato alla preghiera organizzato proprio tra Casa Cini e il Duomo.

ANTI-TECNICA E RIBELLIONE

Come pregare, quindi. Ma un “come” tutto da definire, trattandosi di un mistero, anzi del Mistero più grande. Mistero che – ha spiegato il relatore – «esula dalla “tecnica” del pregare. A forza di spiegarle, le tecniche distruggono il mistero». 

Se il mistero/sacramentum è «quell’azione che mentre la fai realizza qui e ora la presenza viva e vera del Signore Gesù», allora «tantissime nostre azioni, anche quotidiane, sono sacramento». Per questo, la domenica quando ci ritroviamo per la liturgia diventiamo realmente, nella nostra comunione, «Chiesa come Corpo di Cristo, ecclesia». La preghiera, che portiamo anche nella liturgia domenicale, è un vero e proprio «atto di ribellione»: sì, «ribellione al proprio tempo personale per entrare in quello di Cristo» e ribellione al tempo in cui ci è dato di vivere, così dominato dall’individualismo.

NELLA NOSTRA MANCANZA ESPLODE L’ETERNO

È necessario uno sguardo diverso, un tempo diverso. Un modo diverso di vivere il proprio corpo: «la preghiera del cristiano – ha proseguito don Giacomin – non è semplice, e non è sua». È una lotta continua, qualcosa di «non naturale». «L’uomo non prega volentieri, ogni altra cosa lo attrae», scriveva Guardini. Ed è il Corpo di Cristo che prega in noi. 

«O Dio vieni a salvarmi, Signore vieni presto in mio aiuto»: con questo Salmo inizia la preghiera nella Liturgia delle ore, a rappresentare la nostra mancanza, il nostro «non essere Dio», il nostro essenziale stato di «necessità». «Pregando vivo – quindi – una situazione estatica, nella quale, cioè, sto fuori di me, nel Corpo di Cristo». La Liturgia delle ore – pur nella sua «semplicità, canonicità, regolarità» – mi chiede di «andare in un altro Corpo, in un altro tempo». Di compiere, come accennato, qualcosa di non naturale, di particolarmente «difficile». Non si tratta di cercare a ogni istante la «concentrazione» ma di sentire quel «canto intra-trinitario che Cristo, incarnandosi, ha introdotto nel tempo»: la preghiera, dunque, «riempie di eternità il mio tempo». La partecipazione dei fedeli alla liturgia non consiste, dunque, semplicemente nel cantare o nel ripetere formule ma nel pregare con l’anima e col corpo, nel «partecipare alla Pasqua di Cristo, come corpo unico», il Suo. La preghiera è quindi «labbra e ritualità»: tutto ciò che viviamo, se vissuto in Lui, diviene pasquale.

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Percorso sulla preghiera: gli incontri rimanenti

Il 12 giugno alle ore 21 nella Cattedrale di Ferrara è in programma l’ultimo dei tre momenti di adorazione, guidato dal gruppo Taizè. I primi due sono stati guidati dalla Comunità Shalom.

Inoltre, sono previste due esperienze di preghiera in cammino in città accompagnati da Gian Maria Beccari (Insegnante di filosofia, religione e del metodo Feldenkrais): la prima si è svolta il 13 maggio, la seconda sarà il 17 giugno, ore 18-20, su “Mi fido di te?: Pregare attraverso il corpo nella relazione con l’altro”. Partenza dal Monastero del Corpus Domini di Ferrara.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 7 giugno 2024

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Vero pane dei figli: Corpus Domini, Festa di popolo a Ferrara

5 Giu

Oltre 300 persone riunitesi il 30 maggio prima nella Cattedrale poi insieme per la Processione fino alla chiesa di San Paolo. Il racconto

di Andrea Musacci

Quaranta minuti prima dell’inizio della S.Messa in Duomo, su Ferrara si scatena un forte temporale. È il 30 maggio, l’atteso giorno della Celebrazione diocesana della Festa del Corpo e Sangue del Signore.

La memoria di un precedente simile – e nemmeno troppo remoto – non dava molte speranze: nel 2018, circa 1 anno prima della chiusura della Cattedrale per i lavori, la Processione fu costretta all’interno del tempio a causa del violento acquazzone abbattutosi sulla città. Il dispiacere, in quell’occasione, fu ancora maggiore vista la presenza dell’allora presidente CEI card. Gualtiero Bassetti.

Quest’anno, grazie a Dio, il “concerto” d’acqua e tuoni dal cielo ha rispettato i tempi della liturgia: alle 19, ora d’inizio della S. Messa, dal microfono don Paolo Galeazzi (alla guida della Cappella Musicale della Cattedrale) annuncia, per giusta precauzione, che il corteo si sarebbe svolto all’interno dell’edificio da poco riaperto. Ma a conclusione della liturgia, l’inatteso nuovo annuncio, dalla stessa voce: come programmato, la processione può snodarsi lungo le vie del nostro centro cittadino.

Un ritorno, quello nel cuore di Ferrara, dopo 2 anni, dato che l’anno scorso la processione – serale – si svolse nella meravigliosa Comacchio dopo la Messa in Concattedrale. Giovedì scorso, a ora di cena, circa 300 persone uscite dal Duomo, alla sequela del Signore, hanno prima raggiunto piazza Trento e Trieste per poi proseguire lungo via San Romano, via Carlo Mayr, corso Porta Reno e giungere nella chiesa di San Paolo. Qui, la celebrazione si è conclusa con il canto del Tantum Ergo Sacramentum e la Benedizione Eucaristica.  

In Cattedrale, nel primo banco vi erano 5 bambine e bambini che quest’anno hanno ricevuto la Prima Comunione nelle parrocchie cittadine di Santa Caterina Vegri e Quacchio. Gli stessi che lungo il tragitto, scansando le pozze d’acqua, hanno gettato sull’asfalto i petali di rose raccolti prima della S.Messa e donati dalle varie parrocchie.

Impeccabile come sempre il servizio d’ordine, attento e discreto, curato da Unitalsi e Comunione e Liberazione, entrambi distinguibili dallo sguardo vigile e dalle “divise d’ordinanza”. In testa al corteo, alcuni appartenenti al Terz’Ordine francescano (della Basilica di San Francesco) con tanto di stendardo con l’emblema araldico Francescano: il braccio del Cristo e quello di San Francesco che si incrociano, entrambe con le stimmate sul palmo, e in mezzo la Croce. Corpo e Sangue di Cristo.

Pubblicato sulla “Voce” del 7 giugno 2024

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Reinserire, aiutare, integrare: le proposte della Caritas Ferrara

1 Giu

8xmille, una firma che fa bene. Intervista al Direttore Falagausta sui diversi progetti in cantiere: centro diurno per senza fissa dimora, Segretariato sociale, dormitorio di emergenza. E proseguono le iniziative per detenuti e mamme straniere coi loro bimbi. Visita il sito https://www.8xmille.it/come-firmare

Direttore Falaguasta, partiamo da come i fondi dell’8xmille li utilizzate per i servizi “classici”: mensa, distribuzione alimenti ecc.

«I fondi 8xmille utilizzati per i servizi primari (mensa, distribuzione alimenti, distribuzione indumenti, servizio docce e igiene personale e ambulatori medici), servono essenzialmente per tre motivi: per il mantenimento della strumentazione dei locali come ad esempio acquisto di frigo, frullatori, piano cottura industriali, tavoli, sedie, presidi medici per gli ambulatori, computer ecc. Tutti oggetti usati quotidianamente e che di conseguenza hanno la necessità di essere aggiornati o sostituiti periodicamente con un alto impatto economico; per l’acquisto di generi alimentari, vestiario invernale e farmaci nei momenti di particolare richiesta; per aiutare economicamente a far fronte al pagamento di utenze, ticket sanitari, assicurazioni, affitti». 

Leggi il resto dell’intervista qui.

Pubblicato sulla “Voce” del 31 maggio 2024

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Ferrara FunCamp: il Seminario rivive d’estate

30 Mag

Dal 10 giugno al 26 luglio nel nostro Seminario Arcivescovile di via G. Fabbri a Ferrara, il Campo estivo per bimbi e ragazzi di età 6-14 anni. Una proposta educativa e ludica unica nel nostro territorio. Ecco tutte le proposte e come si svolgerà

[Leggi qui il comunicato]

[Qui la locandina]

Il primo Centro estivo nel nostro Seminario di Ferrara. Una proposta innovativa, di qualità, differente dagli altri Campi estivi del territorio. È tutto questo, e molto altro, “Ferrara FunCamp”, in programma dal 10 giugno al 26 luglio nel Seminario Arcivescovile di Ferrara (via G. Fabbri, 410). Un progetto nato dal Seminario stesso e dalla Cooperativa “Serena”: il primo, col desiderio di valorizzare maggiormente i propri spazi; la seconda, alla ricerca di questi per poter svolgere le proprie attività. Entrambi, accomunati dal desiderio di una proposta formativa diversa per bambini, ragazzini…e per le loro famiglie.

NUOVA VITA AL NOSTRO SEMINARIO

Da un po’ di tempo il nostro Seminario Arcivescovile collabora con la Coop. Serena: la cooperativa B26 ha, infatti, preso in affitto la gestione delle cucine del Seminario usandole per le strutture di Coop. Serena che, dal lato opposto di via Fabbri, da oltre 1 anno gestisce anche il “Betlem”, storica Casa di Riposo della nostra Diocesi.

Oggi, sono tanti gli spazi poco utilizzati o inutilizzati nel nostro Seminario, un declino iniziato soprattutto nel periodo Covid: una decina di dipendenti vi sono impiegati nell’amministrazione, nella manutenzione e pulizia degli spazi, oltre che nella biblioteca. Nella grande struttura vi risiede appena qualche sacerdote e qualche giovane per un possibile percorso di discernimento vocazionale. Ma l’area meno utilizzata è sicuramente quella ampia esterna retrostante l’edificio, che per decenni ha ospitato tantissimi giovani e giovanissimi in ritiri o giornate nelle quali l’aspetto vocazionale si fondeva con quello ludico e amicale. Chi non ha un particolare ricordo di un periodo della propria vita legato alla struttura di via Fabbri? 

Si è ragionato tanto, quindi, su come rendere ancora vivi questi spazi, su come valorizzarli, al tempo stesso rispondendo ai bisogni di tante famiglie del territorio. E così, il nostro Seminario assieme a Coop. Serena propone un mese e mezzo di formazione e divertimento: non un mero “parcheggio” per i bambini e i ragazzi, ma un luogo accogliente, creativo ed educativo di qualità dove poter vivere un’esperienza indimenticabile.

Per la Coop. Serena si tratta del primo Centro estivo dedicato alla fascia d’età 6-14 anni: «raccogliamo, analizziamo e cerchiamo di dare risposte ai bisogni che emergono dalle famiglie del territorio. E così abbiamo agito anche in questo caso», ci spiegano. Oltre a fornire un’ulteriore possibilità lavorativa per i propri educatori e dipendenti, «proponiamo un progetto continuativo di sette settimane per i più piccoli e al tempo stesso per le loro famiglie». 

I SEI PROGETTI EDUCATIVI SPECIALI

Sei, infatti, i Progetti Educativi Speciali in programma dal 10 giugno al 26 luglio ogni settimana o a settimane alterne in collaborazione con associazioni ed enti del territorio: Laboratorio “Sapore di Emozioni: Un’Esplorazione Sensoriale del Cibo come Espressione Emotiva”, in collaborazione con Ass. “Kairos. Il tempo dei cambia-menti”; Laboratorio “Esploratori di Storie: Laboratorio di Narrazione e Scrittura Creativa” in collaborazione con Ass. C.I.R.C.I.; Laboratorio di “Educazione al Primo Soccorso” in collaborazione con la Croce Rossa Italiana – Ferrara; Laboratorio di “Cultura della legalità” in collaborazione con i Carabinieri del Comando Compagnia di Ferrara; Esperienza “I Nonni raccontano: un ponte fra le generazioni” in collaborazione con CRA Betlem e Residenza Serena di Coop. Serena; Laboratorio “Zumba Kids: coreografie di danza-fitness per bambini e ragazzi” in collaborazione con l’istruttrice Giulia Barbi. 

DAI NONNI A UNIFE E ALLA PALLAMANO

Due parole in più merita in particolare il Progetto “I Nonni raccontano”: gli anziani ospiti del Betlem e della Residenza Serena si mettono in gioco per educare e giocare con i bambini del Centro estivo, attraverso l’aiuto degli educatori. «Recandosi in Seminario per stare con i bambini – ci spiegano gli organizzatori -, potranno mettere a frutto la propria esperienza e umanità, vincendo la solitudine e il senso di inutilità che possono vivere». Anche gli altri Progetti sono pensati come momenti formativi importanti su temi particolarmente sensibili oggi (dal rapporto col cibo all’uso dei social, dal bullismo alla prevenzione degli abusi), tutti «nell’ottica di un benessere fisico e mentale, di un’alta qualità della vita». E senza la “pesantezza” dell’orario scolastico colmo di impegni, ma con la rilassatezza e i tempi dilatati tipici del periodo estivo. Inoltre, gli educatori ripresenteranno i contenuti di ogni incontro ai bambini e alle bambine iscrittesi successivamente. Educatori che non saranno solamente quelli già parte della grande famiglia di Coop. Serena ma che saranno scelti anche fra gli studenti e le studentesse iscritte al Corso di Scienze dell’Educazione dell’Università di Ferrara, interessati a svolgere il proprio tirocinio curricolare durante il “Ferrara Funcamp”. «È stata proprio UniFe a contattarci – ci spiegano da Coop. Serena -, entusiasti, come sono, di questo nostro progetto».

Un’altra collaborazione è quella con Ferrara United, team locale di pallamano che si è reso disponibile a fornire personale qualificato per svolgere attività motoria durante il Centro estivo. Riguardo agli spazi, nella zona esterna verrà appositamente aggiunta una tensostruttura per ospitare il pranzo e altre attività comuni in caso di maltempo, e altre tensostrutture più piccole per poter svolgere altre delle attività in programma.

Tanto sport e divertimento, quindi, ma non solo questo: una differenza sostanziale rispetto ad altri Centri estivi, per trascorrere un mese e mezzo in cui crescere come persone, sviluppando la propria identità nel rispetto della diversità. Per diventare giovani consapevoli, curiosi, aperti alla vita. Scusate se è poco.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 31 maggio 2024

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«Nella liturgia il Mistero è presente»

24 Mag

Riscoprire la «capacità simbolica» nell’era del web: la lezione di don Giacomo Granzotto

Quale liturgia nell’epoca del flusso senza sosta di informazioni e immagini via web? A questa domanda – decisiva, ma spesso ignorata – ha cercato di rispondere don Giacomo Granzotto, Direttore Ufficio Liturgico e Musica Sacra diocesano, in occasione dell’ultima lezione di quest’anno della Scuola di teologia per laici. “Per ritus et preces… Quale è la dynamis che anima i gesti liturgici?”, il titolo dell’incontro tenutosi lo scorso 17 maggio a Casa Cini, Ferrara.

«I gesti e le parole della nostra liturgia – ha spiegato il relatore – sono quelli di Gesù “medico celeste” che guarisce nel corpo e nell’anima». In altre parole, la liturgia «è il modo scelto da Dio per comunicare con noi, il primo strumento per entrare nel Suo Mistero». Documento fondamentale per rendere, dunque, la liturgia sempre più comprensibile pur nella sempre totale aderenza al modus operandi del Cristo, è la “Sacrosanctum Concilium” (1963) del Concilio Vaticano II, frutto anche del Movimento liturgico nato grazie all’abate Guéranger nel XIX secolo.

Spesso, però, oggi ai giovani «manca una capacità di lettura per comprendere la liturgia». La dimensione multimediale nella quale sono/siamo tutti, chi più chi meno, inghiottiti, secondo studi scientifici delle maggiori riviste internazionali, «ha modificato il nostro cervello». Le conseguenze riguardano la memoria, l’attenzione, la concentrazione e le interazioni sociali. Soprattutto molti giovani «hanno un rapporto patologico col web che porta a una dipendenza dalla dopamina e al mancato sviluppo di certe aree cognitive» (circa il 25% in meno…).

Riprendendo anche riflessioni di Pavel Florenskij, don Granzotto ha riflettuto quindi sull’importanza della «capacità simbolica» tipica dell’essere umano, cioè quella di «penetrare il mistero». Una capacità oggi che, appunto, si sta andando perdendo.Di conseguenza, «la ritualità liturgica diventa sempre più noiosa, difficile da sostenere, piena di gesti il cui senso si fatica a comprendere». Oggi – ha riflettuto don Granzotto – «manca la consapevolezza del Mistero, il messaggio evangelico spesso viene edulcorato o si dà troppo peso alla dimensione orizzontale a scapito di quella verticale, trascendente».

Ma la liturgia verrebbe snaturata se si adeguasse ai tempi e alle forme del mondo digitale. Dobbiamo, al contrario, «cercare di tornare a una normalità comportamentale». Romano Guardini rifletteva – ad esempio ne “La Santa Notte” – sull’importanza del «silenzio per le parole, del riposo creatore, in una società dove dominano la produzione e il rendimento. È la mentalità del mondo che, purtroppo, spesso vince anche nelle nostre parrocchie: nella liturgia, ad esempio, rispettiamo i momenti di silenzio?».

Citando anche passi di Matta El Meskin (1919-2006), monaco copto egiziano e di OdoCasel (1886-1948), monaco e teologo benedettino, don Granzotto  ha dunque posto l’accento sull’importanza di riscoprire l’infinita bellezza della nostra liturgia, «Chi in essa davvero opera», cioè lo Spirito. In essa «il Mistero è presente», la memoria liturgica è «ripresentazione, non rappresentazione: non dimentichiamo mai la nostra relazione col Dio vivo, vero e vivente».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 24 maggio 2024

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Europa, parole per un futuro diverso

22 Mag

Festival della Fantasia, grande partecipazione alla rassegna della Fondazione Zanotti sul senso della nostra identità

A cura di Andrea Musacci

ANIMA, RADICI E TABÙ

Buttiglione: «recuperare i valori antichi e la dimensione religiosa». Il Barocco anima creativa. Dogmi e totem di oggi

L’Europa come idea forte, come visione dell’avvenire, mosaico di parole da recuperare. È stato questo il senso dell’incontro svoltosi la mattina di domenica 19 maggio nel Castello di Ferrara, uno degli appuntamenti centrali del Festival della Fantasia iniziato giovedì 16. «L’Europa è un’opera d’arte perché è nata come grande composizione», ha introdotto Davide Rondoni, Direttore Artistico del Festival, prima degli interventi di tre relatori d’eccezione.

La fantasia non può non richiamare innanzitutto l’aspetto creativo. Su questo si è concentrato Francesco Botturi (Università del Sacro Cuore di Milano): nel XVI secoloil Barocco «non era solo uno stile ma una cultura, un esperimento per entrare nella profondità del reale, un pensiero compositivo». Il Barocco, però, si trovò a lottare contro il pensiero razionalistico cartesiano, che «”abolisce” il movimento e la sensibilità a scapito dell’analisi, del pensiero puro e astratto, prevedendo la mente incarnata dell’intelligenza artificiale». Questo tra pensiero compositivo e pensiero analitico/razionalistico (poi illuministico) è un conflitto ancora oggi in atto: il razionalismo è «la tecnocrazia, la secolarizzazione, l’antropocentrismo che emargina la religione». Il destino dell’Europa, quindi, rischia di essere quello di una «progressiva atomizzazione razionalistica e tecnoscientifica». Ma l’Europa autentica è quella che sa valorizzare «il mondo poetico dell’umano, la cui mente non è soprattutto analitica e calcolatrice, ma compositiva, creativa», ha proseguito Botturi: la cifra dell’umano è «l’ingegno», la capacità di «stabilire relazioni tra realtà fra loro lontane e diverse», appunto componendole ma senza annullare la tensione tra loro, la «contraddittorietà della loro relazione».

«Solo una realtà – ha riflettuto quindi Rocco Buttiglione, noto politico e filosofo, nel suo discorso – può accogliere tutte le contraddizioni insolubili, tutti i dolori del mondo: la Croce di Cristo». La risposta al desiderio di felicità della persona non sta, infatti, nelle cose ma «viene da altrove, sta in Altro. Non si può sradicare Cristo dalla storia, e solo da Lui nasce quel popolo, alternativa a una società di individui atomizzati preda del potere», ha riflettuto. L’idea originaria di Europa è stata, quindi, bloccata. Era l’idea dei padri, quella che si fondava «sui valori ebraico-cristiani e su quelli greci e latini». È nata, invece, «un’Europa senza radici culturali». Di conseguenza, manca «un dèmos, una creazione spirituale con forti radici comuni e un comune destino». Così, per Buttiglione, lo stesso Trattato di Lisbona del 2009 non ha fatto che confermare «l’Europa della burocrazia e dei diritti individuali». Questi ultimi, in particolare, sono dominanti mentre «mancano i doveri, i diritti della famiglia e quelli delle nazioni». Ma questo «sistema di divertissement», di distrazioni «si sta incrinando»: abbiamo  bisogno di una «globalizzazione non solo economica ma etica e politica». I Trattati vanno dunque «riformati mettendo al centro l’identità culturale europea e recuperando la dimensione religiosa».

«Viviamo in un’Europa edulcorata, senza lacrime né santi», ha detto poi Ginevra Leganza, giornalista de Il Foglio, citando Cioran. Tre parole, nella nostra Europa decadente, vengono oggi in particolare snaturate: «amore, come dogma; morte, come tabù; postumano, come totem». Riguardo alla prima, per Leganza spesso domina «una concezione edulcorata di amore, astratta e assolutista»; ma questo può essere anche «un demone, può nascondere violenza, ossessione». E mercificazione, come nel caso «dell’utero in affitto». La morte, invece, oggi è «rimossa, c’è ma non si può più dire, è la protagonista silenziosa del nostro tempo». L’idea dei nostri tempi è quella della «morte per scelta, per cultura», quindi come «opzione alternativa alla vita»:non a caso, anche in Italia aumentano i suicidi e la promozione dell’eutanasia porta a una «normalizzazione della morte». Senza pensare all’aborto: chi usa l’espressione “interruzione di gravidanza” vuole rimuovere il fatto che sia un gesto che «porta morte, ponendo invece l’accento su chi compie questa scelta». Infine, il totem dell’intelligenza artificiale: per Leganza, questo è il tentativo ancor più radicale di «sostituzione dell’umano con la tecnologia»: ma «così rischiamo di diventare schiavi degli schiavi, cioè dei robot, delle macchine». 

L’alternativa è quindi chiara: l’Europa con un’anima e un senso o quella artificiale e dogmatica?

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CARITÀ

25 anni del “Centro di Solidarietà Carità”

In occasione del Festival della Fantasia, il Castello Estense ha ospitato un’esposizione, con testi e immagini, sui 25 anni di vita del “Centro diSolidarietà Carità” (CSC) di Ferrara.

A fine anni ’80, sull’esempio del “Banco dos Alimentos” di Barcellona, nasce in Italia la “Banca del cibo” grazie a don Luigi Giussani e a Danilo Fossati, presidente dell’azienda “Star”. Nel 1989 nasce quindi la Fondazione Banco Alimentare, e dieci anni dopo, il 1° maggio 1999, a Ferrara e provincia, il “Centro diSolidarietà Carità”. I dati sono importanti – circa 930mila kg alimenti raccolti e oltre 11mila persone assistite, metà delle quali nel solo Comune di Ferrara – ma non bastano a raccontare il senso di quest’avventura. Gli scopi del CSC sono ancora gli stessi di 25 anni fa: distribuzione di alimenti e farmaci a persone e famiglie bisognose, ed educazione alla carità. Sì, perché non è sufficiente il pur necessario sostegno materiale: ciò che i volontari del CSC fanno è di condividere la propria vita, di cercare assieme il suo senso. La carità è dunque un evento di popolo, non solo durante l’annuale Colletta Alimentare. In mostra, diverse le testimonianze di volontari e volontarie,  di alcune comunità, enti e associazioni coinvolte, e di uno dei fondatori, Riccardo Canella.

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LAVORO

Partecipazione, popolo ed educazione: valori e proposte

Sabato 18 maggio, il Festival ha ospitato un Seminario sul lavoro proposto dalla Confraternita. Emmanuele Massagli, Presidente ADAPT e LUMSA, fra i promotori della proposta di legge della CISL “Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”, ha spiegato come questa si ispira all’art. 46 della Costituzione italiana («[…] la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende»). Nella proposta rientra la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel CdA dell’azienda, la redistribuzione degli utili, la formazione di Commissioni interne, la consultazione dei lavoratori su decisioni importanti delle imprese. 400mila le firme raccolte: dopo gli oltre 190 emendamenti proposti in Parlamento, ora la discussione  prosegue. Ruggero Villani, Direttore Confcooperative Ferrara, ha invece posto l’accento sull’importanza di valorizzare la «dimensione espressiva» del lavoro e non solo quella «acquisitiva/economica». La prima, infatti, è importante per la «fioritura umana della persona», oltre ad aiutare «l’incremento produttivo» dell’impresa stessa. Sono intervenuti anche Giovanni Maddalena, Università del Molise («le opere nascono dalla libertà della persona, e questa libertà dal desiderio della felicità, che è sempre un cammino verso l’ideale, verso il bene»), Enrico Tiozzo Bon, Presidente Federazione Centri di Solidarietà («le nostre opere nascono da un popolo, speranza per il Paese»), Roshan Borsato, Ca Foscari Venezia («nell’epoca del sovraccarico informativo e della digitalizzazione è importante educare al pensiero critico»).

La Fondazione Zanotti ha invece riflettuto sulle formelle dei mesi presenti sulla facciata del nostro Duomo cittadino.

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PACE

Capuozzo: «capire il dolore dell’altro, stare coi disarmati»

Di pace e perdono si è parlato domenica 19 in Castello, dopo i saluti di Marcello Corvino, Direttore artistico Teatro Comunale “Claudio Abbado”.

Atteso l’intervento di Toni Capuozzo, noto giornalista e conduttore televisivo, per una vita inviato in diversi teatri di guerra. «Ho sempre cercato di raccontare la guerra immaginando la sofferenza delle persone, tutte», ha spiegato. Per la pace, è fondamentale «tentare di capire le ragioni dell’altro e confrontarsi col loro dolore. Da quando faccio l’inviato in guerra, non riesco più a parteggiare: sto solo dalla parte dei civili, dei disarmati, non considerandoli numeri ma persone, ognuno con la propria vita, con un nome, cercando di raccontare la loro storia», per evitare «una fossa comune della memoria». Dopo il ricordo dell’amico e collega Franco Di Mare, recentemente scomparso, Capuozzo ha spiegato come la guerra sia «la morte dell’innocenza e della parola».

«Questo realismo umano di Capuozzo – ha riflettuto il Direttore Davide Rondoni – è un’alternativa sia all’astrazione e alla distrazione, sia al cinismo e alla disperazione. L’atto più grande della persona è il perdono: è il più grande atto di libertà, che solo l’essere umano – nessun altro animale – può compiere».

L’incontro sulla pace ha visto anche gli interventi di Jiries Qumsiyeh (Direttore del Ministero palestinese per il Turismo) da Betlemme, Franco Vignazia (artista), Ettore Soranzo (Associazione Santa Caterina da Siena ETS) ed Enrico Tiozzo Bon, che hanno raccontato la loro amicizia  tra Italia e territori palestinesi, nella comune fede cristiana.

Pubblicato sulla “Voce” del 24 maggio 2024

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Quelle vite nate grazie alle donne del SAV

18 Mag

8XMILLE, UNA FIRMA CHE FA BENE. Sono 236 le famiglie attualmente assistite dal Servizio di Accoglienza alla Vita di Ferrara. Vi raccontiamo la storia di una di queste donne aiutate, e di come i loro drammi vengono affrontati dalle volontarie, nell’ascolto e nel rispetto

di Andrea Musacci

La carità, se autentica, non ha bisogno, anzi rifugge ogni pubblicità. Per questo, raccontare ciò che rappresenta per il nostro territorio il SAV – Servizio di Accoglienza alla Vita è raccontare ciò che, con estrema discrezione e in modo anonimo, solo a tratti emerge, ma molto incide nella realtà. Senza nessuna vanteria, senza nessun intento moralistico o di proselitismo. Semplici testimonianze di donne aiutate, di bimbi nati anche grazie a un ascolto, a un sorriso, all’abbraccio di altre donne. Di una famiglia, appunto, com’è il SAV. 

Leggi l’articolo intero qui.

Pubblicati sulla “Voce” del 17 maggio 2024

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«Utero in affitto reato universale, partì tutto dalla mia denuncia»

3 Mag

Il giurista Gianfranco Amato è intervenuto a Ferrara: «ci vuole una rivoluzione cristiana e culturale»

«La battaglia nel nostro Paese per rendere l’utero in affitto reato universale è nata da una mia audizione in Senato». Gianfranco Amato (nella foto, a sx, assieme a Marco Romeo), Presidente nazionale dei “Giuristi per la vita” si “intesta” così la paternità di una lotta che accomuna – caso raro sui temi bioetici – il mondo cattolico con parte di quello laico. Amato ne ha parlato a Ferrara lo scorso 26 aprile in occasione del secondo Laboratorio di Sussidiarietà della Scuola di politica organizzata dalla Fondazione Zanotti. Tema, “La dignità infinita della persona umana radice di una costruzione sociale libera”, per un appuntamento che ha richiamato un centinaio di persone nel Collegio Borsari di via Borsari a Ferrara. Amato ha tenuto poi altri due incontri nel Ferrarese: la sera di sabato 27 nella sede della Manifattura dei Marinati a Comacchio ha relazionato su “La devozione della Madonna a Comacchio e l’educazione del popolo”, mentre la sera di domenica 28 nella parrocchia di Jolanda di Savoia ha riflettuto su “La Vergine di Guadalupe e la famiglia”.

DIFENDERE L’OVVIO: LA VITA NON È IN VENDITA

«Nel febbraio 2023 – ha raccontato Amato – vengo convocato dalla IV Commissione Permanente del Senato sulle Politiche dell’Unione Europea, per un’audizione riguardante un Regolamento UE nel quale si sostiene che, in virtù del principio di libera circolazione dei cittadini all’interno dell’UE, se due cittadini dello stesso sesso hanno “avuto” un figlio nella stessa UE, l’Italia deve riconoscere questo legame di filiazione. Nella mia audizione alla Commissione dico chiaramente che questo porterebbe a legittimare la pratica dell’utero in affitto». Le sue parole furono chiare: «Risulta assolutamente necessario che il Parlamento dia corso alle proposte che puniscono la maternità surrogata anche se commessa all’estero e solleciti l’adozione di Convenzioni internazionali che definiscano tale pratica come reato universale». Da qui nacque il successivo dibattito poi sfociato in un disegno di legge proposto dalla deputata di FdI Carolina Varchi e passato alla Camera lo scorso luglio. Ora si attende anche l’approvazione da parte del Senato.

Quella della mercificazione del corpo della madre e del nascituro risale ormai ad alcuni decenni fa: ai primordi della GPA, ha spiegato Amato, «gli ovociti venivano scelti tra le studentesse dei campus USA, cioè tra giovani sane e intelligenti». Alle quali si prometteva un lauto guadagno, fino a 20mila dollari. Poi, però, il commercio del corpo della donna e di sue parti si è talmente sviluppato che gli ovociti si possono tranquillamente acquistare on line: è ciò che, ad esempio, denuncia il documentario “Eggsploitation” (2010) di Justin Baird e Jennifer Lahl. Le conseguenze vanno, in molti casi, dalla sterilità alla morte. A questo sfruttamento si accompagna quello della donna che affitta il proprio utero, «impegnandosi contrattualmente anche ad abortire il proprio “prodotto”» (così viene chiamato il bambino che porta in grembo) «nel caso sia un po’ “difettoso”». Una nuova forma di schiavitù. Nel 2015 una celebre coppia omosessuale, Dolce&Gabbana, rilasciò un’intervista a Panorama che fece molto scalpore: «Non abbiamo inventato mica noi la famiglia», disse Dolce in un passaggio. «L’ha resa icona la Sacra Famiglia, ma non c’è religione, non c’è stato sociale che tenga: tu nasci e hai un padre e una madre. O almeno dovrebbe essere così, per questo non mi convincono quelli che io chiamo figli della chimica, i bambini sintetici. Uteri in affitto, semi scelti da un catalogo. E poi vai a spiegare a questi bambini chi è la madre. (…) Procreare deve essere un atto d’amore, oggi neanche gli psichiatri sono pronti ad affrontare gli effetti di queste sperimentazioni». Una battaglia, dunque, non solo dei cattolici, e non solo degli eterosessuali, ma di chiunque, usando la retta ragione, abbia a cuore la natura e non il mercato, la civiltà e il rispetto delle persone. Una cultura, questa occidentale, che nasce col Giuramento di Ippocrate e trova riscontro in maestri come Platone e Aristotele, o Confucio dall’altra parte del mondo. E che, naturalmente, ha nella Rivelazione di Cristo il suo pieno compimento.

LE BASI DELLA VITA E DELLA FAMIGLIA

Un amore per la realtà nella sua bellezza elementare, nella sua essenza. Essenza oggi messa sempre in dubbio da ideologie pericolose, ma difesa dalla stessa Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 dove, all’articolo 16, è scritto: «La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto ad essere protetta dalla società e dallo Stato». Così come ribadito nell’articolo 29 della Costituzione italiana.

La risposta a questo presente alienante e mercificante? Per Amato la possiamo trovare nell’insegnamento di San Benedetto da Norcia e nella sua Regola, base della nostra civiltà, fondamento della moderna santità e del lavoro come nobilitante la persona. Quattro sono, quindi, le rivoluzioni ancora oggi necessarie per ricostruire la società dalle sue macerie: «la rivoluzione della croce, quella della riscoperta delle proprie radici cristiane, quella della cultura e quella del lavoro. Dobbiamo creare – ha concluso Amato – piccole comunità di famiglie attorno alla fede in Cristo, che sappiano cos’è la cultura, trasmetterla, e libere di educare i propri figli senza indottrinamenti esterni».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 3 maggio 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Verde Ferrara: esempi positivi e progetti futuri per la sostenibilità

26 Apr
(Foto Alessandro Berselli)

Il 16 aprile in Seminario il Convegno dedicato alle Comunità Energetiche Rinnovabili: i vantaggi per imprese, cittadini, comunità e le testimonianze di cooperative, fondazioni, Comuni (e di una parrocchia)

di Andrea Musacci

La transizione energetica è una sfida che riguarda tutte le comunità, con l’obiettivo di una rigenerazione della società in un’ottica sostenibile, all’insegna della competitività delle aziende e del risparmio per i consumatori. Di questo si è parlato nel Convegno “Le Comunità Energetiche Rinnovabili. Modelli virtuosi nel rispetto del creato” organizzato dalla nostra Arcidiocesi assieme all’UCID diocesano e al Serra club di Ferrara e svoltosi il 16 aprile nel Seminario di Ferrara. Prima del Convegno, il nostro Arcivescovo ha celebrato la Messa nella chiesa del Seminario assieme a p.Augusto Chendi, Assistente UCID diocesano, e don Marino Vincenzi, Assistente Serra Ferrara.

GIATTANASIO: «FERRARA SEMPRE PIÙ GREEN»

Il dibattito – presentato e coordinato da Antonio Frascerra, presidente UCID diocesano, e Alberto Lazzarini, presidente Serra Club Ferrara – ha visto un primo intervento a cura di Mauro Giannattasio, Segretario Generale Camera di Commercio Ferrara e Ravenna. «Le aziende nel Ferrarese sono calate dalle oltre 30mila del 2022 alle 29.296 del 2023», ha spiegato. «I cali maggiori si sono registrati negli ambiti dell’agricoltura, della pesca e del commercio; gli aumenti, soprattutto nelle costruzioni». Insomma, «la nostra provincia è in crisi ma tante imprese continuano a investire: sbaglia chi pensa che la nostra economia provinciale sia stagnante». Stesso discorso vale per l’export, «in calo ma con piani di investimento di tante nostre imprese». Il tutto, in un contesto di continuo calo demografico, «con conseguenze anche sull’economia». 

Venendo al tema del Convegno, «le aziende che investono nel green hanno un aumento della produttività del 9%», ha proseguito. E l’Italia in Europa è «all’avanguardia nella sostenibilità, e anche nel Ferrarese sempre più imprese investono nel green», il 35,1% del totale (tra le grandi, oltre la metà). I vantaggi non sono pochi: «aumento del fatturato, della produzione, degli occupati e delle esportazioni, più attenzione al capitale umano (carriera, tempi di vita, facilitazioni) e più fondi dal PNRR». «La grande sfida del nostro territorio – ha concluso – sta quindi nel non lasciar scappare i nostri talenti, di non disperdere le importanti energie vitali che possiede».

COSA FA PFF GROUP

PFF Group è un’azienda con sede  a Ferrara nata nel 2009 e specializzata nella transizione ecologica e nell’efficientamento energetico per aziende e privati. A rappresentarla, i due CEO e fondatori Ivano Malaguti e Simone Toffanin. Il primo ha raccontato di Luigi Pellegrino, studente di Economia a UniFe, che dopo uno stage in azienda ha dedicato la propria tesi a PFF, per poi venire assunto dalla stessa. Toffanin, invece, ha spiegato come nel 2021 PFF ha dato vita alle prime quattro Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) – o Gruppi di Autoconsumo Collettivo (GAC), se sono sotto lo stesso tetto -, associazioni di persone, imprese, enti, pubbliche amministrazioni, istituzioni, fondate su un giusto equilibrio tra produzione di energia dalle rinnovabili e autoconsumo. La CER, quindi, mette assieme produttori e consumatori, usando impianti di massimo 1 Megawatt ma con benefici ambientali (nessuna emissione di CO2), sociali (condivisione) ed economici (riduzione dei costi della bolletta).

IL VESCOVO E L’ECOLOGIA 

Il nostro Arcivescovo mons. Perego ha poi analizzato la Laudate Deum e la Laudato si’, riflettendo su alcuni passaggi interessanti per il tema della sostenibilità: abbandono dei combustibili fossili e loro sostituzione «progressiva ma senza indugio»; gli investimenti in cooperative energetiche (come le CER, «opportunità per sostenere un modello di vita e socialità non consumistico»), il boicottaggio dei prodotti di aziende non sostenibili, le conseguenze sulla giustizia sociale e l’impegno del mondo cattolico, anche in un’ottica ecumenica e interreligiosa.

ESEMPI VIRTUOSI NELLA NOSTRA PROVINCIA

Numerose le testimonianze dal pubblico (una 90ina i presenti), che hanno ulteriormente arricchito il già proficuo dibattito.

 Ve.Ba. è il nome di una cooperativa ortofrutticola con sede e stabilimento produttivo a Gaibanella, specializzata nell’essiccazione e nella disidratazione della frutta. Nata nel 1971, conta oggi 80 soci. Angelo Artioli, Presidente della Cooperativa, è intervenuto per raccontare come Ve.Ba. da alcuni anni si stia affrancando dall’uso del gas metano attraverso il progetto di due impianti: uno da 860 Kw già approvato e realizzato, e uno da 4,5 Mw. A questo, si aggiungerà l’investimento per la sostituzione degli impianti di essiccazione con altri alimentati ad energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico, giungendo così al quasi totale abbandono del gas.

Fra gli interventi, anche quello dell’arch. Cristiano Ferrari, che si è occupato per conto della Fondazione Opera Don Cipiriano Canonici Mattei del restauro di Palazzo Gulinelli in corso Ercole I° d’Este  a Ferrara, attuale sede della Smiling school, restauro conclusosi nel 2018 e che ha visto anche un’importante riqualificazione energetica con l’utilizzo di fonti rinnovabili e di materiali ecosostenibili. Sempre per la Fondazione Canonici Mattei, lo Studio APE di Cristiano Ferrari sta lavorando al progetto di riparazione e restauro funzionale con riqualificazione energetica del Complesso scolastico di S. Monica, colpito dal sisma del 2012. Nel Complesso di via Montebello a Ferrara si sta realizzando un impianto fotovoltaico che non servirà solo l’edificio: l’idea è di dar vita a una CER con la vicina sede dell’Istituto Tecnico Economico Bachelet e col Campus Universitario Collegio Don Calabria di via Borsari. Da ultimo, ma non meno importante, l’arch.Ferrari sta lavorando anche  a un nuovo sistema di riscaldamento, dagas a elettrico, per la chiesa di Denore, con l’idea di realizzare una CER, che sarebbe la prima ecclesiale nella nostra Arcidiocesi.

Ha preso poi la parola Massimo Buriani, Direttore Generale della Cooperativa Castello, coop. di abitazione fondata nel 1971. Attraverso un programma di forti investimenti, la Castello punta alla riqualificazione del patrimonio abitativo in un’ottica di risparmio energetico di cui potranno beneficiare in primo luogo i soci assegnatari (con contenimento dei consumi energetici), ma anche la collettività. Infine, l’Assessore di  Voghiera Dante Bandiera ha spiegato come l’Amministrazione di cui fa parte sta cercando di dar vita a una CER nel proprio Comune.

Pubblicato sulla “Voce” del 26 aprile 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Fine vita e inizio vita: il Seminario dei giovani pro-life a Ferrara

23 Apr

A Casa Cini dal 19 al 21 aprile il “Quarenghi” dei giovani del Movimento Per la Vita. Una tre giorni di riflessioni e testimonianze su fragilità e cura: ecco il racconto

La cura della vita in tutte le sue fasi non è solamente un tema che appartiene alle pur necessarie riflessioni teoriche ma è fatta soprattutto di esperienze concrete. Una dimostrazione di ciò si è avuta dal 19 al 21 aprile scorsi a Casa Cini, Ferrara, con l’edizione del Seminario “Quarenghi” – edizione primaverile 2024 – organizzato dai giovani del Movimento Per la Vita nazionale (MPV). Tema scelto per quest’anno, “Dall’inizio alla fine, la vita sorprende”.

Il primo giorno ha visto i saluti di Alessandra Cescati Mazzanti (Presidente SAV Ferrara), Maria Chiara Lega (SAVFerrara),  Cristina Coletti, Assessora alle Politiche Sociali del Comune di Ferrara e del ferrarese Andrea Tosini, ex membro dell’Équipe giovani MPV nazionale.

La tre giorni ha visto quindi alternarsi incontri frontali con esperti (fra i quali quello con Giuliano Guzzo, giornalista e scrittore, e con Dino Moltisanti, Docente di Bioetica alla Cattolica di Roma), ma sempre arricchiti dal confronto coi presenti, e momenti di condivisione tra i giovani (i cosiddetti focus group). 

FINE VITA E CURA

RICCIUTI: «CURE PALLIATIVE LA GIUSTA RISPOSTA»

Sul fine vita ha riflettuto il medico palliativista Marcello Ricciuti, componente del Comitato nazionale per la Bioetica: «la Sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale ha introdotto una nicchia di non punibilità del suicidio assistito in determinate condizioni», ha detto. E in Parlamento è stato presentato il disegno di legge del senatore PD Bazoli, «che porterebbe a una liberalizzazione del suicidio assistito e dell’eutanasia, e a un aumento dei casi (come dimostrano le leggi in altri Paesi), senza fra l’altro prevedere l’obiezione di coscienza e le cure palliative». Il giusto approccio sta invece nel comprendere come «inguaribile non significa incurabile», cioè non sta «né nell’abbandono della persona da curare, più o meno terminale, né nell’accanimento terapeutico dettato dall’incapacità di accettare il limite della natura umana». La risposta risiede nella Medicina palliativa, «fatta innanzitutto di terapia del dolore e dei sintomi, oltre che di supporto sociale, psicologico e spirituale, di sedazione palliativa e terapie occupazionali». Cicely Saunders (1918-2005), infermiera britannica, di fede anglicana, è la madre degli Hospice e la pioniera delle cure palliative. Una figura molto importante, da riscoprire, soprattutto in un’epoca come la nostra dove – secondo dati del Ministero della Sanità e della SDA-Bocconi – solo il 23% di italiani che potrebbero ricevere cure palliative, le riceve (il 10% nel mondo). E in Olanda si è arrivati a una proposta di legge in Parlamento per l'”Eutanasia per vita completata”, quindi anche nel caso di assenza di qualsiasi forma di malattia. Il bivio è netto: «dove le cure palliative sono promosse e utilizzate, i casi di suicidio assistito ed eutanasia calano drasticamente. Ma le stesse cure palliative – ha proseguito Ricciuti – non sono sufficienti: rimane lo scandalo della sofferenza e della morte, la coscienza del proprio limite e dunque la necessità di trovare una risposta positiva, una positività, di riscoprire l’amore».

Una testimonianza concreta è stata poi portata da Andrea Pattaro, esperto in cure palliative e responsabile dell’Hospice ADO “Casa delSollievo” di via Fallaci a Ferrara (l’altro Hospice ADO nel Ferrarese è “Le onde e il mare” di Codigoro): «è importante parlare di cure palliative, di qualità della vita, non della morte, e di assistenza non solo al paziente ma anche ai suoi familiari. Il nostro accompagnamento ai pazienti, per metà oncologici, è profondo e ampio, e riguarda anche l’assistenza domiciliare. Tante volte – ha aggiunto – ciò che sorprende in positivo è la capacità di risposta del paziente e dei suoi familiari, il modo in cui vivono la situazione di sofferenza».

MATERNITÀ E ABORTO

Dalla fase terminale dell’esistenza a quella iniziale. Domenica mattina è intervenuta Jane Itabina, giovane originaria del Camerun, la quale ha raccontato dell’aiuto ricevuto dal SAV di Ferrara, in particolare dalle volontarie Lorenza e Paola. Alcuni anni fa, mentre studia Farmacia a UniFe, rimane incinta. Una situazione difficile da gestire, con la volontà di portare avanti sia la gravidanza sia gli studi. «Una mia amica mi consiglia di rivolgermi al SAV», ha raccontato: «da loro ho ricevuto un grande aiuto a livello emotivo, psicologico ed economico. Per me il SAV è stato una seconda famiglia, mi ha cambiato la vita, mi hanno accolto e aiutato anche dopo il parto, donandomi il corredino e prodotti per l’infanzia per il mio bambino, che accudiscono anche due volte alla settimana quando io non posso».Ora, infatti, Jane ha coronato anche il suo sogno e lavora come farmacista. «Vorrei tanto – ha concluso – aiutare a mia volta una mamma in difficoltà».

Un’altra commovente storia di accoglienza della vita nascente è stata quella, sempre domenica mattina, che hanno portato i coniugi Matteo Manicardi e Fabiana Coriani di Sassuolo – autori del libro “La storia di super Micky” (ed. San Paolo) – il cui piccolo Michele (“Micky”) è nato il 24 ottobre 2019 ma morto dopo appena 5 ore e 13 minuti. Già genitori di Federico e Alessio, i due scoprono di aspettare un alto bimbo ma i problemi iniziano già durante la gravidanza: «i medici – hanno raccontato – ci consigliano di abortire, ma noi rifiutiamo subito: se avessimo rifiutato nostro figlio, non avremmo avuto nemmeno più il coraggio di guardarci in faccia e la nostra famiglia si sarebbe distrutta. I medici, per questa nostra scelta, ci trattavano come ingenui, come persone fuori dal mondo. Abbiamo fatto questa scelta consapevoli anche del fatto che nostro figlio avrebbe potuto vivere una vita in un letto, o comunque con una grave disabilità. Miky era già parte della nostra famiglia». Il giorno dopo la morte del piccolo, «abbiamo fatto il funerale: la chiesa era strapiena. Può sembrare strano ma eravamo comunque felici, riconoscenti di questo dono. E successivamente, per tre mesi, abbiamo anche accolto un bimbo di 1 mese in affido di emergenza. Grazie a Miky – hanno proseguito i coniugi – ci siamo anche riavvicinati a Gesù con maggiore consapevolezza». E dopo la morte di Michele, è nata la piccola Emma, altro dono per questa stupenda famiglia.

«I VOLONTARI NEI CONSULTORI? NON UNA NOVITÀ, DA 16 ANNI ANCHE IN EMILIA-ROMAGNA»

Il primo giorno è intervenuta invece Antonella Diegoli, presidente di Federvita Emilia-Romagna, la quale dopo aver riferito dell’impegno della sua associazione contro la delibera regionale sul fine vita, ha citato, sul tema dell’aborto, le “Linee di indirizzo per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza” emanate dalla nostra Regione nel 2008, per dimostrare come la presenza dei volontari nei Consultori fosse una scelta già fatta a livello locale, e anche da una Giunta di sinistra come quella emiliano-romagnola. In un passaggio del testo si spiegava l’intenzione di promuovere «nei territori distrettuali forme di aiuto e sostegno per le donne che vivono l’esperienza della gravidanza e della maternità in assenza di idonea rete parentale di supporto o in povertà di risorse economiche e creando reti coordinate tra servizi sociali, consultori familiari, centri per le famiglie, unità operative ospedaliere di ostetricia e ginecologia, associazioni di volontariato e altre risorse formali e informali del territorio tali che possano rilevare donne gravide/mamme in difficoltà e con problematiche sociali e attivare forme di supporto, sin dall’inizio della gravidanza, così da prevenirne l’interruzione» (corsivo nostro). Un testo molto simile a quello introdotto dall’attuale Governo nazionale al decreto “Pnrr-quater” e duramente attaccato dalle opposizioni: «Le regioni organizzano i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, Componente 1, del Pnrr e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche del coinvolgimento di soggetti del Terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel sostegno alla maternità».

CHI SONO I GIOVANI PER LA VITA

Davide Rapinesi e Antonella Chiavassa sono i Responsabili nazionali dei giovani del MPV. Sono, cioè, a capo dell’Équipe giovani nazionale, composta da 20 ragazze e ragazzi da tutta Italia. Nella nostra Regione, il responsabile dei giovani MPV è Giuseppe Maria Forni. Antonella, romana, 29 anni, si sta specializzando in oncologia alla Sapienza, mentre Davide, 28 anni, è un agronomo di Viterbo.

«I giovani qui presenti (foto, ndr) – hanno spiegato alla “Voce” – di età fra i 20 e i 30 anni, provengono soprattutto dal Lazio (Roma e Viterbo), Lombardia, Veneto,Sardegna, Toscana e Calabria. Alcuni di loro è la prima volta che partecipano a un nostro “Quarenghi”. Il bello di questi nostri Seminari è la libertà di parlare di questi temi, anche in maniera controcorrente, senza allinearsi alla narrazione mediatica spesso fuorviante e ideologica». Il prossimo appuntamento è dal 26 al 31 luglio prossimi col Seminario estivo “Quarenghi” nel Salento, a Santa Maria di Leuca .

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 26 aprile 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio