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Ferrara terra di missione: i giovani brasiliani in Diocesi si raccontano

5 Nov

Abbiamo incontrato i quattro missionari provenienti da Parauapebas, per tre mesi presenti tra il bondenese e Ferrara grazie a don Roberto Sibani: ecco come svolgono il loro servizio, tra visite alle famiglie e Mercatino solidale a San Paolo

di Andrea Musacci

Sabato 8 novembre alle ore 18 nel centro di Ferrara avrà luogo una Celebrazione Eucaristica particolare: nel Chiostro grande di San Paolo (con, per l’occasione, ingresso da via Boccaleone, 13), vi sarà infatti una Santa Messa interamente in lingua portoghese. Questa Messa verrà celebrata nell’area del “Mercatino della Fantasia” (giunto alla 26esima edizione), presente fino al 17 novembre per finanziare il 72° Progetto per Parauapebas, in Brasile: per la precisione, si tratta di aiutare il finanziamento del Centro Comunitario Parrocchiale “Lorena Lima”, un Centro educativo per la nonviolenza. Promotore della Messa, del Mercatino e del progetto solidale “Cammino di Fraternità” (che compie 30 anni) è don Roberto Sibani, parroco di Pilastri e Burana. Il Mercatino è aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle 18 (domenica e festivi dalle 14.30 alle 18). Al Mercatino don Sibani è aiutato da diversi volontari, fra cui i quattro nuovi giovani missionari, arrivati a Pilastri da Parauapebas lo scorso 10 settembre e che rimarranno nella nostra Diocesi fino al 6 dicembre: Renan Furtado de Sousa, 33 anni; Milena Silva Souza, 21 anni; Viviane de Sousa, 32 anni; Dhayllana Alícia, 22 anni. Prima di presentarveli e di raccontarvi la chiacchierata che abbiamo avuto con loro, vi ricordiamo che anche quest’estate don Sibani è stato a Parauapebas per il suo annuale periodo missionario. Un momento particolarmente significativo si è svolto il 7 agosto nel Plenarinho della Camera Municipale di Parauapebas, con la cerimonia solenne per consegnare a don Sibani il titolo di Cittadino Onorario di Parauapebas.

CHI SONO I NUOVI MISSIONARI 

Renan Furtado de Sousa ha 33 anni, è nato a Osasco – San Paolo, e all’età di 11 anni si è trasferito con la famiglia a Parauapebas, dove vive ancora oggi con la madre e la sorella. Ha anche un fratello, Diego. «Ho iniziato a servire nella Chiesa a 8 anni come chierichetto – ci spiega -, ruolo che ho svolto fino al raggiungimento della maggiore età. In seguito sono stato catechista per i gruppi della Prima Comunione e della Cresima, coordinatore dei chierichetti, e ho fatto parte del coordinamento dei gruppi giovanili Segue-me (Seguimi, per 20-30enni) e Escalada (Scalata, per età 12-16 anni). Attualmente faccio parte della parrocchia di San Sebastiano, dove sono coordinatore della Pastorale della Comunicazione e canto durante la  Messa. Infatti, a un certo punto del mio percorso, ho scoperto di avere il dono di poter lodare Dio anche attraverso il canto. E canto anche professionalmente in cerimonie religiose come matrimoni, battesimi. Prima di venire in missione in Italia – prosegue -, ho lavorato come assistente in un centro che si prende cura di persone con disabilità, e sto concludendo il corso di Educazione Fisica e presto sarò insegnante nell’area. Ho già partecipato a questa missione nella vostra Diocesi nel 2016, insieme a Fabiana, Jordânia e Andreia».

Milena Silva Souza, 21 anni, nata a Goianésia do Pará, vive a Parauapebas e frequenta la parrocchia di San Francesco d’Assisi, nella Diocesi di Marabá. «Sono aspirante alla vita religiosa nella congregazione delle Figlie della Divina Carità», ci racconta: «è un periodo che dura due anni, ho iniziato nel febbraio 2024; e nella mia comunità religiosa viviamo in quattro: suor Joseana, suor Ana Maria, suor Salete e io. Le ho conosciute tramite un incontro vocazionale alla quale ero stata invitata e che per me è stato decisivo. Mia madre è cattolica, mentre mio padre è evangelico, e ho due sorelle. In parrocchia canto, suono la chitarra, faccio parte del coordinamento parrocchiale della pastorale giovanile e frequento anche il corso di teologia pastorale. Ho iniziato a fare la catechista all’età di 15 anni. Durante la settimana partecipo agli studi interni di formazione religiosa e seguo le lezioni di musica: ho imparato a suonare la chitarra durante il lockdown nella pandemia da Covid, tramite alcuni corsi su You Tube». Altro momento per lei importante nel suo cammino è stato, nel 2024, «la partecipazione a una settimana missionaria di giovani (eravamo circa 250) in Amazzonia, andando in diverse parrocchie e a trovare le persone e le famiglie nelle loro case».

Viviane de Sousa, 33 anni, originaria di Breu Branco, nello stato del Pará, vive a Parauapebas col fratello la sorella la nipote e suo figlio adottivo Zac Manuel. «Vengo da una famiglia cattolica, ma sono cresciuta in un’altra famiglia che mi fece frequentare la Chiesa avventista del settimo giorno. Poi a 11 anni sono tornata nella Chiesa Cattolica, ma frequentando raramente e con poca convinzione: solo all’età di 25 anni ho fatto la prima comunione e la cresima, e ho seguito il corso vocazionale col gruppo Seguimi (v. sopra, ndr), di cui faccio ancora parte. Il mio cammino di fede – ci spiega – continua e cresce ogni giorno e anche questa missione è una tappa importante di questo percorso e al tempo stesso una conferma del fatto che ho intrapreso la giusta strada. So che questa missione sarà un tempo di grande apprendimento, rafforzamento della fede e crescita spirituale. Con gioia, metto la mia vita al servizio del Vangelo, confidando che Dio continuerà a guidare ogni passo di questo cammino».

Dhayllana Alícia, 22 anni, originaria della città di São Pedro da Água Branca (MA), vive a Parauapebas con la madre e il fratello. «Faccio parte della Comunità San Benedetto, della Parrocchia di Cristo Re, dove svolgo diversi servizi pastorali: sono Coordinatrice della Pastorale Giovanile e dei chierichetti; membro dell’équipe liturgica, soprattutto come lettrice; membro della Pastorale della Comunicazione, con attività nella radio parrocchiale; vice-coordinatrice del Consiglio della Comunità. Per me, servire nella Chiesa è una missione di vita, un gesto profondo di amore verso Dio e il prossimo. Sono molto felice di partecipare a questa missione in Italia, dove sto conoscendo da vicino la realtà delle parrocchie e del popolo che cammina insieme a don Roberto».

LA MISSIONE NEL BONDENESE

A Pilastri e Burana, infatti, i quattro missionari fanno animazione nelle Messe, hanno guidato le serate spirituali in occasione della festa di San Matteo Apostolo, patrono di Pilastri (15-19 settembre): «in queste cinque serate – dividendo Pilastri in cinque zone, ci spiega don Sibani – è stata fatta l’esposizione Eucaristica, i quattro missionari sono andati casa per casa per  annunciare l’arrivo di Gesù e invitare all’Adorazione eucaristica e alla preghiera la sera, ogni volta accolti in un luogo diverso. «Questi stessi incontri preliminari di invito – ci spiegano i quattro brasiliani -, ci han permesso di entrare nelle case di molte persone, e quindi di poter conoscere famiglie, anziani, persone malate». A Vigarano Mainarda, Vigarano Pieve e Salvatonica i missionari hanno incontrato i bimbi del catechismo. Le domeniche 9 e 16 novembre saranno, invece, nella zona di Bondeno, mentre la scorsa Giornata Missionaria Mondiale (19 ottobre) sono stati a Gavello e Scortichino e lo scorso 14 ottobre hanno animato la Veglia missionaria nella chiesa di Pilastri per le quattro parrocchie dell’UP “Madonna Pellegrina”. E ancora, sono in programma “I giorni della fraternità” con le famiglie di origine marocchina a Burana e a Pilastri: don Roberto, accompagnato dai quattro missionari, farà visita a ognuna di queste famiglie nei seguenti giorni: 27, 28, 29 novembre; 1, 2, 3 dicembre.

RIFLESSIONI SU FEDE E CHIESA

«Qui nel Ferrarese e più in generale in Italia a livello di fede la realtà è molto diversa rispetto al Brasile», riflette con “la Voce” Renan: «mi dà tristezza vedere che tanti giovani non vanno in chiesa e non partecipano alla vita delle comunità ecclesiali». Non è certo da oggi – infatti – che siamo diventati terra di missione… «In Brasile, però – prosegue – la Chiesa evangelica è in continua crescita: se dovessimo interrompere la missione fra la nostra gente, fra qualche anno ci ritroveremmo in Brasile con le chiese vuote…». «Io però – ci spiega Viviane – ho conosciuto alcuni giovani che dopo un cammino personale e comunitario, da evangelici sono diventati cattolici». «La forma di predicazione degli evangelici è più attraente, organizzano più iniziative in particolare per i giovani, come la discoteca», riprende Renan. «Noi cattolici non dovremmo fare questo ma organizzare più ritiri e più incontri spirituali per attirare i giovani, momenti nei quali poter unire la predicazione, la preghiera e la formazione sulle fondamenta della nostra fede e della nostra Chiesa». Una sfida enorme, che interpella anche noi qui in Italia.

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 7 novembre 2025

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«Portiamo Cristo a chi non lo conosce»

5 Ott

André e Victor sono i due nuovi missionari brasiliani di Shalom presenti a Ferrara. Li abbiamo incontrati per farci raccontare la loro esperienza di fede e la loro missione 

Nell’estate del 2023 a Ferrara si sono trasferite cinque missionarie della Comunità Shalom, nata in Brasile nel 1982 e presente in diversi Paesi europei e non. Aline Teixeira, Sara Ponzo, Chiara Rondoletti (attuale Responsabile Comunità Shalom di Ferrara), Sheisse Góes e Rayana Soares hanno iniziato fin da subito a collaborare con la Pastorale Universitaria e Giovanile diocesana e con don Giovanni Polezzo, neo Rettore di San Giorgio fuori le Mura, per animare la vita del Santuario diocesano. Nel tempo, sono riuscite a creare un gruppo di giovani e uno di adulti che regolarmente si ritrova nell’antica Basilica fuori le Mura per serate di lode e convivialità.

Recentemente Sheisse e Aline sono tornate in Brasile, mentre le altre tre sono state raggiunte a San Giorgio da altri due giovani missionari brasiliani di Shalom:André Filipe e Victor Amorim, arrivati il primo lo scorso maggio, il secondo lo scorso marzo.

Li abbiamo incontrati per farci raccontare il loro cammino di fede.

CHI È ANDRÉ FILIPE

Originario di Recife, 28 anni,André (nella foto, a dx) a 16 anni vive la prima esperienza personale col Signore durante un incontro di “Rinnovamento Carismatico”. Da qui inizia un cammino di fede che lo porta a Shalom: «capii che questo è il mio posto», ci spiega. Dopo un percorso vocazionale, arriva a Fortaleza dove per  5 anni è impegnato nell’ambito della comunicazione (anche come filmmaker) per la sede centrale di Shalom e altri 2 nella “Scuola di evangelizzazione”.Quest’ultima esperienza, in particolare, sarà per lui fondamentale:«a due a due andavamo dal lunedì al venerdì a evangelizzare porta a porta, mentre nel fine settimana nelle piazze e in altri luoghi pubblici. Portavamo Gesù e la Sua Chiesa alle persone, non aspettavamo che fossero loro a venire da noi». Gli chiediamo quale forme di evangelizzazione stanno sperimentando a Ferrara: «qui come Shalom innanzitutto abbiamo cercato di formare un piccolo gruppo di persone», giovani e adulti. Uno degli obiettivi sarà, ad esempio, quello di aprire un luogo per gli universitari, ad esempio un’aula studio. Nel frattempo, però, «soprattutto noi due maschi che siamo qui da meno tempo, dobbiamo conoscere meglio la città e le persone che la vivono, residenti e studenti fuori sede». Per questo, «a volte la sera tutti e cinque andiamo assieme in centro o lungo la nuova Darsena, e continueremo a fare così per tutto l’anno accademico».

CHI È VICTOR AMORIM

Nato e cresciuto a Fortaleza, 30 anni, al Festival musicale cattolico “Halleluya” (che in cinque giorni proprio a Fortaleza riunisce 1 milione di persone) Victor (nella foto, a sx) ha avuto la sua prima vera esperienza di fede. Nel 2012 un ritiro spirituale nella sua parrocchia gli fa comprendere «che non era sufficiente partecipare alla Messa domenicale».Da qui «ho iniziato a sentire il bisogno di qualcosa di più profondo»: inizia a frequentare gruppi di preghiera, gruppi di giovani, a prestare servizio in parrocchia. Nel ’14 con Shalom partecipa a un “Seminario di vita nuova” e due anni dopo vive l’anno vocazionale per poi entrare nella “Comunità di vita” di Shalom. Vivrà poi per due anni e mezzo a Budapest in missione. Ora qui a Ferrara è l’economo della Comunità Shalom, mentre André si occupa della comunicazione e delle uscite per l’evangelizzazione, Rayana della formazione e della vita del Santuario (insieme a don Polezzo), e Sara dell’ambito musicale e delle relazioni con i benefattori, importanti per il loro sostentamento.

VIVERE PER GLI ALTRI

Chiediamo quindi ai due di raccontarci alcuni incontri con i giovani di Ferrara. André ci racconta di Dario, un ragazzo conosciuto al Mammut o dell’amicizia nata, anch’essa in modo spontaneo, con alcuni studenti di Medicina al Parco Pareschi. «Prima ci presentiamo, come semplici amici. Poi, se vogliono, parliamo loro di Gesù». È forse l’aspetto più bello della loro esperienza missionaria: «saremmo potuti rimanere tranquilli nelle nostre parrocchie – ci spiegano – ma abbiamo sentito il desiderio di andare a cercare altre persone per far conoscere loro Cristo». «Non c’è un senso razionale, logico in quel che facciamo – prosegue André –  non si può, cioè, spiegare del tutto. È l’Amore di Dio. Punto». Quel che gli fa uscire da sè e scegliere di dedicare la propria vita agli altri, contro la logica individualista che – oggi ancor di più – domina nel mondo.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 4 ottobre 2024

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Ferrara terra di missione: quattro giovani brasiliani  in servizio nel bondenese

21 Set

Gabriel, Lucas, Jacylyane e Gracieli vengono da Parauapebas e rimarranno a Pilastri e Burana fino al 30 novembre, ospiti di don Roberto Sibani, dal 1995 legato al Brasile. Li abbiamo incontrati per farci raccontare le loro storie e cosa li ha spinti a intraprendere un’esperienza così importante

di Andrea Musacci

Dopo 5 anni, le comunità di Burana e Pilastri nel bondenese tornano ad accogliere alcuni giovani missionari brasiliani: Gabriel, Lucas, Jacylyane e Gracieli sono arrivati il 6 settembre da Parauapebas e rimarranno fino al prossimo 30 novembre, ospiti di don Roberto Sibani, instancabile promotore e organizzatore del progetto solidale “Cammino di Fraternità”. Progetto iniziato nell’agosto del 2008 con l’accordo tra il Vescovo di Marabá dom José Foralosso e l’allora Arcivescovo di Ferrara-Comacchio mons. Paolo Rabitti per una presenza missionaria nel Vicariato Beato Giovanni Tavelli. Per i primi quattro anni, la presenza di tre missionari è stata di 12 mesi, ma poi, per motivi burocratici, il periodo è stato ridotto a 90 giorni. I giovani missionari, però, col tempo sono diventati quattro  (nel 2019 furono Elayne, Rosinha, Thainan e Renato). Don Sibani dal 1995 si reca ogni estate a Parauapebas (esclusi gli anni del Covid, dal 2020 al 2022). Abbiamo incontrato i quattro ragazzi presenti ora in Diocesi per farci raccontare il loro cammino di fede e il primo impatto con la realtà italiana.

Gabriel Morais, 32 anni, single (come anche gli altri tre), è un Agente Comunitario di Salute a Parauapebas. «In Brasile, sono attivo nella chiesa di Sant’Antonio della Parrocchia della Madonna del Perpetuo Soccorso, dove svolgo il servizio nel gruppo di canto suonando la chitarra nelle Messe e partecipando a un gruppo teatrale. Fin da piccolo – prosegue – facevo parte di un coro, poi ho iniziato a suonare la chitarra e a partecipare a un gruppo di giovani in parrocchia. Nel 2011 ho iniziato a seguire le lezioni di italiano grazie ai missionari che erano già stati qui in Italia. Anche da questa esperienza, è nato in me il desiderio di essere missionario nella vostra Diocesi». Per Gabriel è la seconda esperienza di questo tipo nel bondenese, essendo già venuto nel 2017 con Agda, Lorenna e Willyan. «È un’esperienza davvero bella – ci spiega – e mi aspetto sia anche diversa rispetto alla precedente. Non pensavo di poter tornare qui in Italia, le famiglie di Burana e Pilastri ci accolgono con gioia, si prendono cura di noi. E anche noi cercheremo di prenderci cura di loro». 

Lucas Reis, 27 anni, è insegnante (lavora soprattutto con bambini autistici) e ballerino. All’età di 10 anni, ha subìto la morte del padre. Oltre che in parrocchia, è attivo nel Movimento “Pastorale Giovanile”, in cui giovani evangelizzano altri giovani, soprattutto del popolo. «Qui in Italia – ci spiega – ci sono pochi bimbi e giovani rispetto al Brasile, dove partecipano anche molto alla vita della Chiesa. Spero che questa esperienza missionaria sia per me trasformativa, che rinnovi la mia fede, che mi smuova dalle mie comodità e mi faccia vedere la realtà, anche quando tornerò in Brasile, con occhi diversi». Insomma, «che mi faccia diventare una persona migliore, più umile ed empatica, per poi tornare a casa con una fede e una carità moltiplicate. Dopo la morte di mio padre – prosegue Lucas -, Dio è sempre stato al mio fianco, soprattutto quando non pensavo di farcela. Ho fede e speranza che lo rincontrerò».

Jacylyane Costa, 32 anni, lavora in un Laboratorio Ambientale come Analista di laboratorio. È attiva sia nella parrocchia (soprattutto attraverso la musica) sia nella Comunità “Buon Gesù di Nazaret”, facendo parte di “Rinnovamento nello Spirito”. «I miei genitori – ci racconta – sono stati molto importanti per la mia fede, fin da quando ero bambina. Da adolescente ho sentito nel mio cuore un forte desiderio di evangelizzare nel mio Paese: vedendo altri missionari in azione, desideravo essere missionaria lì, fra la mia gente. Ma avevo un po’ paura…e ora, addirittura, sono missionaria in Italia! È un sogno di Dio, un Suo desiderio, non solo mio». Nonostante le difficoltà con la lingua italiana, tiene a dirci: «è meraviglioso essere qui…Dio ha scelto noi per questa missione, la nostra esperienza qui è un Suo progetto. Di sicuro questi tre mesi rinnoveranno il mio cammino di fede, per rafforzarla».

Gracieli Costa, 30 anni, sorella di Jacylyane, è laureata in pedagogia e insegna ai bambini nella scuola pubblica. Anche lei fa parte della Comunità “Buon Gesù di Nazaret” e inoltre da 9 anni è Ministra Straordinaria della Parola e dell’Eucaristia. «Ci sentiamo davvero accolti qui», ci racconta. «La prima domenica, siamo stati subito invitati a pranzo da una famiglia di Pilastri». «D’ora in poi – aggiunge don Sibani – le famiglie faranno a gara per invitarli, ne son sicuro…». Un modo, questo, anche per fare compagnia a persone sole, anziani, vedove che magari per l’occasione inviteranno anche i propri figli, «ricreando così alcuni legami, un senso di comunità». E a proposito di anziani, due sabati fa i quattro missionari han fatto visita agli ospiti della Casa di riposo di Gavello. «Da piccola ero molto malata – prosegue Gracieli con commozione – ma la Madonna si è presa cura di me. Poi ho iniziato a prestare servizio nella liturgia, nella catechesi e nel gruppo di “Rinnovamento nello Spirito”. A Parauapebas sono anche guardia del gruppo “Nostra Signora di Nazareth”. In Gesù – prosegue – trovo la mia forza, in particolare quando sono in difficoltà. Non è facile essere lontani dalle nostre famiglie, dai nostri affetti ma sappiamo che Dio guarda e protegge ognuno di noi, che ci è sempre vicino. Lascio che il mio cuore bruci, per essere strumento di grazia nella vita di ogni persona, uscendo dalla zona di confort per vivere il primo comandamento, “amare Dio e il prossimo”».

Pubblicato sulla “Voce” del 20 settembre 2024

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Con gli ultimi per le strade del Brasile

4 Nov

Fino al 29 novembre a Ferrara l’annuale Mercatino della Fantasia organizzato da don Sibani per finanziare progetti solidali nel Paese dell’America Latina: quest’anno in mostra le storie e le voci dei “senzatetto”, i “moradores de rua”. Abbiamo anche incontrato i quattro giovani missionari brasiliani che rimarranno fino a dicembre nella nostra Diocesi

sibani e ragazzi 2“Dio mi ha liberato dalla prigione”, spiega Eli, 39 anni, alcolista, che una sera, appena ha visto un sacerdote venire da lei e dagli altri “invisibili”, gli ultimi degli ultimi nelle città brasiliane, per aiutarli, pur non conoscendolo, gli è corso incontro e lo ha abbracciato. Quel sacerdote è don Roberto Sibani, che da 25 anni a Parauapebas, nello Stato brasiliano del Parà, porta avanti il progetto del “Cammino di fraternità”, in aiuto alle diverse realtà di povertà e di sofferenza estreme. L’estate scorsa ha trascorso i consueti due mesi nel Parà, fra giugno e agosto. Anche quest’anno, per finanziare alcuni progetti specifici, dallo scorso 31 ottobre fino al prossimo 29 novembre organizza il Mercatino della Fantasia nel Mercato coperto di via Boccacanale di S. Stefano a Ferrara (entrata da via del Mercato, 7, sotto il porticato), dedicato in particolare ai “moradores de rua”, letteralmente “coloro che vivono per strada”, i “senzatetto”.

I quattro giovani missionari: Elayne, Rosinha, Thainan e Renato

Ad aiutarlo quest’anno, oltre ad alcuni parrocchiani e parrocchiane di Pilastri e Burana, ci sono quattro giovani missionari brasiliani: due maschi, Thainan Mendonca e Renato Barreto, e due femmine, Elayne Fantin Fracalossi (tre dei suoi nonni sono italiani, di Pordenone e del Trentino) e Rosinha Favalessa (qui in Italia con don Sibani per il secondo anno consecutivo), provenienti dallo Stato Espírito Santo, nella parte sudorientale del Paese. Per la precisione, Rosinha e Elayne provengono dalla città di Linhares, mentre Renato e Thainan da Cachoeiro de Itapemirim. Sono arrivati ospiti di don Sibani lo scorso 11 settembre e rimarranno fino al 10 dicembre. “Per ora abbiamo avuto modo di fare tre giorni di ritiro spirituale ad Assisi e di visitare Padova e Venezia. La nostra quotidianità – ci spiegano – è fatta di animazione della S. Messa, di serate con i ragazzi del catechismo, di attività con i bambini, come la Festa del “ciao” insieme ai giovani di Pilastri – e di incontri coi genitori. Inoltre, portiamo l’Eucarestia a chi non può venire a Messa e visitiamo le famiglie”. Attività, quest’ultima – come del resto le altre – che molto spesso svolgono, come Ministri formati, in Brasile, in quanto, ci spiegano, “spesso i sacerdoti non sono sufficienti per portare sempre l’Eucarestia e la Parola di Dio a tutte le famiglie e le persone che vivono sparse nelle vaste zone del nostro territorio”. Fino a pochi mesi tutti e quattro vivevano in una comunità dove a tempo pieno si dedicavano alla missione in varie zone del Brasile. Poi la comunità è stata chiusa e ora faticano a trovare un lavoro: Elayne, ad esempio, è laureata in psicologia, e, ci spiega, “il mio sogno è di avere anche la cittadinanza italiana e magari di venire a vivere qui in Italia”. Rosinha, invece, è laureata in estetica del corpo e vorrebbe lavorare in questo ambito. Parlando poi del modo di vivere l’appartenenza religiosa nel loro Paese e nel nostro, ci spiegano come “in Brasile è diffusa l’idea che in Italia siate tutti cattolici e praticanti, ma venendo qui abbiamo capito che non è più così, e che lo è sempre meno. In Brasile, invece, è diverso: moltissimi sono anche i giovani e gli adolescenti che svolgono attività nelle parrocchie e nelle comunità, nonostante le chiese evangeliche stiano prendendo sempre più piede, e a volte, purtroppo, somiglino più ad aziende interessate a fare soldi che a comunità ecclesiali”.

La mostra sulle vite “barcollanti” dei “moradores de rua”

Nel Mercatino di Ferrara don Sibani ha scelto di appendere anche, oltre ai pannelli, alcuni oggetti, fra cui un pezzo di cartone e una bottiglia di Cachaca 51, un liquore brasiliano: come reliquie della sofferenza, sono rispettivamente l’alcova e la misera consolazione dei tanti “moradores de rua”, costretti spesso a lavarsi in fiumi e canali putridi, a prostituirsi per pochi spiccioli, a cadere nella trappola dell’alcool e delle droghe (il crack, e la maconha, ovvero la marijuana). Nella copertina della mostra a loro dedicata (di cui è disponibile anche un catalogo), don Sibani ha scelto di metterci il volto di Gabriel, che per anni ha girato a piedi scalzi a Parauapebas, per questo era chiamato “Andarilho”: “una persona innavicinabile – ci spiega -, finché Lima Rodrigues, un giornalista, l’ha aiutato a ritrovare la propria famiglia. Pochi mesi dopo, però, il 2 febbraio scorso, è morto di infarto”. Per poter conoscere e aiutare questi senzatetto, don Sibani ha contattato due gruppi che li aiutano, due “unità di strada”: i “Guardiani dell’amore”, nato un anno fa e guidato da Ana Paula Alves, e il CEMAP (Centro di Missione “Amando il Prossimo”) della pastora evangelica Aldeane “Mel” Nascimento. “La prima sera – ci racconta – Ana Paula mi ha accompagnato da alcuni ‘moradores de rua’: ho conosciuto, cenato e pregato con Fabrini, Natanael e Devid, che erano contentissimi perché per la prima volta un sacerdote cattolico andava da loro”. Poi ha avuto modo di parlare anche con Luiz Felipe, Valdecir, Valerio, Adeilson, Josemar e Antonio Carlos, persone dai 17 ai 55 anni, le cui vite “barcollanti” sono raccontate in prima persona nella mostra e nel catalogo. A tanti di loro don Sibani ha donato anche alcune magliette e cappellini delle passate edizioni di “Ragazzinfesta”, a sua volta regalategli dal Seminario di Ferrara. E poi c’è il CEMAP della pastora Mel che, ci spiega don Sibani, “li ascolta, prepara loro la cena, prega con loro”, spesso trovandoli ubriachi marci davanti all’Ospedale, come nel caso di Riomar, Narco, Josè, Rafael, Leandro, Domingos e di una donna, Eli, di cui abbiamo accennato prima: “la prima volta che l’ho conosciuta, sembrava quasi morta da quant’era ubriaca”, prosegue don Sibani: “appena mi ha visto, mi è venuta incontro e mi ha abbracciato, perché si è sentita accolta. Sono rimasto sconvolto”. Altri “moradores de rua” il sacerdote li ha conosciuti nella comunità “Fazenda da Esperanca”, aperta lo scorso febbraio su una collina fuori Parauapebas, e dove le cure fisiche si accompagnano a quelle spirituali. “Quasi tutte le persone che ho incontrato – ci spiega ancora don Sibani – hanno ancora ben presente la realtà di Dio, che è rimasta, nonostante tutto, nei loro cuori”. Proprio il Mercatino della Fantasia aperto a Ferrara fino al 29 novembre serve a raccogliere finanziamenti per costruire la cucina e il refettorio della “Fazenda da Esperanca”. Qui altri progetti riguardano un piccolo allevamento di galline per le uova e un panificio dove già vengono prodotti biscotti. Il 21 e 22 giugno scorsi, invece, è stato inaugurato il salone di 360 mq denominato “Fest Sole Lua” e presentato il restauro della Casa della Pastorale dei Bambini a Parauapebas, resi possibili con i soldi ricavati dal Mercatino della Fantasia del 2018. Si tratta dell’ultimo delle decine di progetti portati a termine in questo quarto di secolo grazie al ricavato dei Mercatini e della raccolta dell’oro, che prosegue, e che conta già quasi 1300 donatori.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” dell’8 novembre 2019

http://lavoce.epaper.digital/it/news

La Voce di Ferrara-Comacchio

Grido della Terra, grido degli ultimi: riflessione sul Sinodo per l’Amazzonia

30 Set

Alcuni spunti a partire dalle parole chiave del Sinodo per l’Amazzonia, in programma dal 6 al 27 ottobre in Vaticano: le lotte dei poveri della Regione, l’aiuto della Chiesa, la necessità di una conversione integrale

a cura di Andrea Musacci

incendi-Amazzonia-bambini

Una perenne minaccia

“La Terra, Casa comune, nostra sorella “protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla”

(Papa Francesco, Laudato si’, 2)

Solo pochi mesi fa, Michelle Bachelet, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, in un discorso al Consiglio dei Diritti Umani dell’Onu a Ginevra, ha definito la deforestazione in Amazzonia ”una catastrofe umanitaria” per le popolazioni indigene che vivono nella foresta, con ”un impatto terribile per tutta l’umanità”. Gli incendi – ancora più terribili per via della loro natura dolosa – sono in aumento: 1700,8 km quadrati sono stati persi solo lo scorso agosto, più del triplo rispetto ai 526,5 di un anno fa. La deforestazione dell’Amazzonia nell’estate appena trascorsa è cresciuta del 300% ad agosto rispetto allo stesso mese del 2018, e di quasi il 100% nei primi otto mesi del 2019. Gli esperti prevedono che possano superarsi i 10mila chilometri quadrati di vegetazione rasa al suolo. Le cause, come denunciato da attivisti e dalla stessa Chiesa, sono da rintracciare nella logica divoratrice e violenta di un sistema economico che ragiona solo in termini di profitto, spalleggiato dalla connivenza di un sistema politico corrotto: allevamenti intensivi, monocolture (soprattutto soia), estrazioni minerarie incontrollate, legname, tutto rientra in questo vortice distruttivo e autodistruttivo, del quale tutti pagheremo, in misura sempre maggiore, le conseguenze. “Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità di vita integralmente superiore, non può considerarsi progresso”, è scritto nella Laudato si’, 194. E’ notizia di due settimane fa, il progetto “Barone di Rio Branco” – rivelato dalla testata “The Intercept” – preparato dal governo brasiliano, che ”prevede incentivi per grandi lavori pubblici (costruzione di una centrale idroelettrica, estensione dei collegamenti autostradali e postamento di popolazione verso la regione) che attraggano popolazioni non indigene di altri regioni del Paese, perché si stabiliscano in Amazzonia e aumentino il contributo del Nord del Paese nel Pil nazionale”. L’obiettivo di Bolsonaro è di opporsi a quello che percepisce come il pericolo di una penetrazione cinese e all’influenza della Chiesa cattolica e degli ambientalisti.

Ma non manca nella stessa Chiesa un’autocritica profonda: “chiedo umilmente perdono – sono parole del Papa -, non solo per le offese della propria Chiesa, ma per i crimini contro le popolazioni indigene durante la cosiddetta conquista dell’America” (“Terra, casa, lavoro”, Papa Francesco, ed. Ponte alle Grazie, 2017 – di seguito: TCL). La sfida della Chiesa intera e di tutte le donne e gli uomini di buona volontà, è dunque quella di salvare il territorio amazzonico dal “degrado neocolonialista” (Instrumentum laboris 56 del Sinodo – di seguito: IL), da questo “modello di sviluppo economico predatore, genocida ed ecocida” (IL). Bisogna “sensibilizzare la comunità alle lotte sociali, sostenendo i diversi movimenti sociali per promuovere una cittadinanza ecologica e difendere i diritti umani” (IL 135). “La causa più profonda della crisi mondiale socio-ambientale è strettamente collegata con il modello dominante di sviluppo che il mondo ha adottato” (“Il Sinodo per l’Amazzonia”, Claudio Hummes, ed. San Paolo, 2019 – di seguito: H), per questo il Sinodo “affronterà la sfida di formulare e promuovere nuovi modelli di sviluppo” (H). I tanti attivisti dimostrano come “i poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa! […] I poveri non aspettano più e vogliono essere protagonisti” (TCL – I° discorso ai movimenti). Lotta che spesso ha il prezzo della vita: non si contano ormai gli attivisti caduti per difendere l’Amazzonia, spesso trucidati da bande armate al soldo di qualche imprenditore o potente locale.

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“Dal dentro e dal basso”

Sono diversi i motivi per i quali l’Amazzonia può rappresentare un laboratorio per l’intera Chiesa universale. Quest’ultima, infatti, può e deve imparare da questi popoli. Può imparare a decentrarsi, a fare spazio e a salvare luoghi, comunità, ricchezze. “L’Amazzonia – o un altro spazio territoriale indigeno o comunitario – non è solo un ubi (uno spazio geografico), ma anche un quid, cioè un luogo di significato per la fede o l’esperienza di Dio nella storia. Il territorio è un luogo teologico da cui si vive la fede ed è anche una fonte peculiare della rivelazione di Dio. Questi spazi sono luoghi epifanici dove si manifesta la riserva di vita e di saggezza per il pianeta, una vita e una saggezza che parlano di Dio” (IL 19). Può e deve imparare ad ascoltare quella Chiesa periferica, povera, spesso dimenticata, non condannandola ad attendere in eterno che qualcun altro, dal centro, gli “consegni” le parole da pronunciare: “ascoltare implica riconoscere l’irruzione dell’Amazzonia come nuovo soggetto. Questo nuovo soggetto, che non è stato sufficientemente considerato nel contesto nazionale o mondiale né nella vita della Chiesa, è ora un interlocutore privilegiato” (IL 2). È dunque importante “un processo di conversione ecologica e pastorale per lasciarsi interrogare seriamente dalle periferie geografiche ed esistenziali” (IL 3). Periferie che sorprendono, spronandoci a trasformarci: la visione dei popoli indigeni è quella del “buon vivere”, cioè di “vivere in armonia con sé stessi, con la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo” (IL 13). Fin dalla Conferenza di Aparecida del 2007, spiega Papa Francesco, “abbiamo acquisito una consapevolezza molto più viva dell’errore fuorviante del liberalismo americano, che si esprime nel principio: ‘tutto per il popolo, ma nulla con il popolo’ ” (“America Latina. Conversazioni con Hernán Reyes Alcaide”, Papa Francesco, ed. San Paolo, 2019 – di seguito: AL). “Non esiste – prosegue nell’intervista – cambiamento reale e duraturo se non parte ‘da dentro e dal basso’. Questa è la chiave dell’Incarnazione […]. Purtroppo anche alcuni settori della Chiesa sono incapaci di capire questo dinamismo” (AL). Si chiede dunque “di approfondire una teologia india amazzonica già esistente, che permetterà una migliore e maggiore comprensione della spiritualità indigena per evitare di commettere gli errori storici che hanno travolto molte culture originarie” (IL 98). La vita quotidiana dei popoli indigeni, infatti, “è testimonianza di contemplazione, cura e rapporto con la natura. Loro ci insegnano a riconoscerci come parte del bioma e corresponsabili della sua cura oggi e nel futuro” (IL 102). È dunque importante “riconoscere la spiritualità indigena come fonte di ricchezza per l’esperienza cristiana” (IL 123).

Una Chiesa dal volto amazzonico

“Attraverso l’ascolto reciproco dei popoli e della natura, la Chiesa si trasforma in una Chiesa in uscita, sia geografica che strutturale; in una Chiesa sorella e discepola attraverso la sinodalità” (IL 92), è scritto ancora nel documento presinodale. “Una Chiesa dal volto amazzonico”, “missionaria dal volto locale esprime l’avanzamento nella costruzione di una Chiesa inculturata, che sappia lavorare e articolarsi (come i fiumi dell’Amazzonia) con ciò che è culturalmente disponibile, in tutti i suoi campi d’azione e presenza” (IL 114). Di conseguenza, “il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni” (IL 122); inculturazione che “non pregiudica la fede, ma arricchisce la sua comprensione e la sua pratica nella vita. Promuove la diversità nell’unità” (H). Infatti, “i semi di verità e di bene, che tutte le culture posseggono, dimostrano che da sempre Dio è stato presente in esse e si è manifestato attraverso le loro espressioni. Sono impronte di Dio che devono essere scoperte da parte dell’evangelizzatore” (H). “A volte mi rendo conto – sono parole di Papa Francesco – che non è facile dire che nella Chiesa non ci sono regioni di prima o di seconda classe, ma soltanto espressioni culturali diverse. In alcuni Paesi e in talune Chiese locali sembra che sia diffusa una certa qual percezione di superiorità” (AL). Superare questa supponenza significa passare da una “pastorale della visita” a una “pastorale della presenza” (IL 128): “è necessario passare da una ‘Chiesa che visita’ ad una ‘Chiesa che rimane’, accompagna ed è presente attraverso ministri che emergono dai suoi stessi abitanti” (IL 129).

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Nuovi sacerdoti e donne

A tal proposito, due sono i nodi delicati su cui si discuterà nel Sinodo. Il primo, riguarda la possibilità di ordinare sacerdoti alcuni indios sposati: “si chiede che, per le zone più remote della regione, si studi la possibilità di ordinazione sacerdotale di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile, al fine di assicurare i Sacramenti che accompagnano e sostengono la vita cristiana” (IL 129). Il Sinodo, spiega Hummes, “dovrà affrontare una sfida di portata storica”, il fatto che “la grande maggioranza delle comunità periferiche delle città amazzoniche, ma ancora di più le comunità disseminate” ovunque, “e, in particolare, le comunità di indios soffrono della mancanza quasi totale dell’Eucarestia per vivere la propria vita cristiana. I momenti di culto domenicale, salvo rare eccezioni, non possono avere la celebrazione della Santa Messa, sono soltanto Liturgie della Parola. Non ci sono sacerdoti per celebrare la Messa” (H). L’altra questione riguarda la necessità di “identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne, tenendo conto del ruolo centrale che esse svolgono oggi nella Chiesa amazzonica” (IL 129). Una rinnovata conversione missionaria La posta in gioco è dunque molto alta, non riguarda solo l’Amazzonia, non riguarda solo il versante ecologico, e nemmeno solo la Chiesa. Riguarda l’intera umanità e l’uomo nella sua integralità. Se non ci si dimentica che “né il papa né la Chiesa hanno il monopolio dell’interpretazione della realtà sociale né la proposta di soluzioni ai problemi contemporanei”, ma “la storia la costruiscono le generazioni che si succedono nel quadro dei popoli che camminano cercando la propria strada e rispettando i valori che Dio ha posto nel cuore” (TCL – II° discorso ai movimenti), “oggi non possiamo fare a meno di riconoscere che un vero approccio ecologico diventa sempre un approccio sociale […], per ascoltare tanto il grido della terra quanto il grido dei poveri” (Laudato si’ 49). Una conversione, questa, doverosa per ogni cristiano: “dobbiamo anche riconoscere che alcuni cristiani impegnati e dediti alla preghiera – scrive il Papa nella Laudato si’ – […], spesso si fanno beffe delle preoccupazioni per l’ambiente […]. Manca loro dunque una conversione ecologica […]. Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana”. (Laudato si’, 217) L’auspicio è dunque che questa “conversione missionaria e pastorale sia realizzata dalla Chiesa nel mondo intero” (H) e che questo Sinodo possa “diventare un momento forte per riaccendere le speranze frustate e per superare i sentimenti di impotenza”, avendo “il compito di riaccendere la passione missionaria, rinnovare la certezza e la gioia della chiamata di Dio alla missione” (H).

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 04 ottobre 2019

http://lavoce.epaper.digital/it/publicazioni/133-la-voce/riviste

La Voce di Ferrara-Comacchio

La pittrice Rosy Locatelli è deceduta in Brasile

8 Lug

rosy locatelliE’ deceduta lo scorso 28 giugno, ma la notizia è circolata solo nelle ultime ore, Rosy Locatelli, artista italo brasiliana, di origini lombarde, residente dal 2004 a Ferrara. La Locatelli, nata il 4 marzo 1969 a Japurá nello stato di Paraná, sud del Brasile, si trovava nella vicina località di  Maringá, nella quale aveva vissuto molti anni, in visita ai suoi famigliari. Si era sentita male all’improvviso dieci giorni prima della morte.

Autodidatta, Locatelli, in arte “Rosloca”, aveva iniziato a dipingere nel 2009, sperimentando l’uso di carta, stucco, cotone e garza oltre ai classici acrilici con i quali dava vita ad affascinanti opere fra l’astratto e l’informale.

Nel marzo del 2016 l’Idearte Gallery in via Terranuova, 41 a Ferrara, gestita da Paolo Orsatti scelse di ospitare la sua mostra personale di debutto, alla quale seguì, alcune settimane dopo, un’altra esposizione nel locale “Sottoscala Properly Drink“ di via Contrari, 52. Inoltre, tra gennaio e aprile dello scorso anno, aveva partecipato all’importante collettiva “Nei meandri della bellezza – In den meandern der schönheit”,  organizzata dall’associazione Accademia d’Arte Città di Ferrara-Galleria del Carbone di Ferrara in collaborazione con l’associazione Der Kreis di Norimberga presso il Deutsches Hirtenmuseum di Hersbruck. Diverse anche le sue mostre, personali e collettive, in altre parti d’Italia, tra cui Roma e in particolare Padova e provincia, grazie soprattutto alla proficua collaborazione con il Centro Accademico Maison d’Art di Padova.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Nuova Ferrara” il 7 luglio 2018

art rosy locatelli

Il mondo omaggia l’opera di Ariosto: eventi da Toronto a Copenaghen

14 Ott

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Ritratto dell’Ariosto, Tiziano, 1515

Come sull’ippogrifo, l’Orlando furioso nel 500esimo anniversario vola nel mondo con tanti eventi fino a fine 2016. Ieri all’Accademia Carrara di Bergamo si è tenuto “Ariosto tra parole e immagini” ma gli omaggi spesso varcano sia i confini cittadini sia quelli nazionali. “The Orlando furioso from Print to Digital: Five Centuries of Reading Ariosto” è il nome del convegno che si terrà l’11 e 12 novembre al Centre for Reformation and Renaissance Studies della Victoria University di Toronto in Canada. Tra il 23 e il 27 ottobre a Fortaleza, in Brasile, avrà luogo il convegno “500 Anos de Orlando Furioso: o Renascimento traduzido no Brasil”. L’Istituto Italiano di Cultura di Copenaghen organizza un convegno internazionale il 18 novembre all’Università di Copenaghen.

In Italia, la Società Dante Alighieri di Bergamo presenta il 10 novembre alle 17.30 Beatrice Gelmi, che relazionerà su “Astolfo sulla Luna”; stessa ora, il 18 novembre, Carla Caselli parlerà di “Ariosto e Calvino”. “I voli dell’Ariosto. L’Orlando furioso e le arti” è il nome della mostra visitabile fino al 30 ottobre a Villa d’Este a Tivoli, che celebra l’impatto esercitato dal poema fino a oggi sulle arti figurative.

Fino al 16 ottobre a Palazzo Besta a Teglio (Sondrio) si può visitare la mostra “Ariosto, Erasmo, Ortensio Lando. Cosa leggevano i Besta”, mentre nella Torre di Roncisvalle a Castionetto di Chiuro (SO), “Le donne, i cavallier… in scena!” Sempre a Chiuro, vi è una mostra del progetto “Di incanti e di follia. In Valtellina l’arte contemporanea incontra il Furioso”: a Palazzo Andres, sempre fino al 16, è visitabile “Fumetto e Grafica. I più famosi illustratori italiani interpretano l’Orlando Furioso”.

Eventi anche in Garfagnana: “L’Orlando curioso” è la mostra che inaugura il 23 ottobre a Porcari (LU), a cura della Fondazione Giuseppe Lazzareschi, mentre Antonio Possenti fino al 16 presenta “Altrove e altri luoghi. Occasioni e suggestioni dall’Orlando Furioso” alla Fortezza di Mont’Alfonso (LU).

Infine, dal 2 al 6 novembre le “Gesta dell’Orlando furioso” sarà in scena al Teatro Biondo di Palermo, e “Notte per me luminosa” è l’opera che il 2 e 4 dicembre sarà al Teatro Comunale di Modena.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 13 ottobre 2016

Ros Loca in mostra a Ferrara, ecco le immagini

8 Mar

[Qui il mio articolo uscito su la Nuova Ferrara]

Sarà visitabile fino al prossimo 20 marzo, tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19, la mostra di Rosy Locatelli, Ros Loca, all’Idearte Galley in via Terranuova, 41 a Ferrara.

Qui sotto le immagini di alcune delle opere esposte, visitabili a ingresso libero e gratuito.

Andrea Musacci

All’Idearte Gallery il Sud America diventa arte grazie a Ros Loca

8 Mar

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Una delle opere in mostra

L’estro giocoso e anarchico del Sud America prende vita in una ricca pittura informale. È stata inaugurata sabato la mostra personale di Rosy Locatelli, residente a Ferrara, il cui sangue si divide tra le origini italiane (precisamente lombarde) e quelle brasiliane, nello specifico dallo stato del Paraná, nel sud del Brasile. Il luogo che accoglie le sue opere è l’Idearte Gallery in via Terranuova, 41 a Ferrara, gestita da Paolo Orsatti, che ha scelto di mettere a disposizione le pareti del proprio spazio artistico per il debutto assoluto di quest’interessante creativa.
Rosy Locatelli, in arte Ros Loca, propone, dunque, una pittura gioiosa e viscerale, una ventina di opere, realizzate tra il 2013 e il 2015, nelle quali emerge l’impeto di una personalità travolgente. La sana e naturale “follia” di Ros Loca – che non ha frequentato nessuna scuola d’arte – si esprime tanto in linee imprevedibili, quanto in forme geometriche. In ogni caso, a dominare sono schegge o fulmini dei colori più vari, alternati in alcuni casi da tratti più morbidi e fluttuanti, che a sprazzi assumono accenni realistici.
La mostra è visitabile fino al 20 marzo tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 19.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara l’08 marzo 2016

Tre serate legate alla danza al Ristorante 381

1 Ott

Flag_of_Brazil.svgIl Ristorante “381 Storie da Gustare”, in Piazzetta Corelli, 24 a Ferrara, ha ideato tre serate legate alla stagione di Danza al Teatro Comunale di Ferrara. Alcune compagnie di danza provenienti da Brasile, Québec e Sudafrica si esibiranno al Teatro Abbado, e così il 381 ha pensato di dedicare tre serate a queste realtà. Si inizia oggi con la serata dedicata al Brasile. “Sapori e danze dal Brasile” vedrà una cena brasiliana accompagnata dal Gruppo di Capoeria Cordao de Ouro con una performance alle 21.

I prossimi appuntamenti sono il 13 novembre con “Assaggiamo il Canada!”, e il 4 dicembre con “Un salto in Sudafrica”. Prenotazioni allo 0532-62052.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 01 ottobre 2015