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Europa, parole per un futuro diverso

22 Mag

Festival della Fantasia, grande partecipazione alla rassegna della Fondazione Zanotti sul senso della nostra identità

A cura di Andrea Musacci

ANIMA, RADICI E TABÙ

Buttiglione: «recuperare i valori antichi e la dimensione religiosa». Il Barocco anima creativa. Dogmi e totem di oggi

L’Europa come idea forte, come visione dell’avvenire, mosaico di parole da recuperare. È stato questo il senso dell’incontro svoltosi la mattina di domenica 19 maggio nel Castello di Ferrara, uno degli appuntamenti centrali del Festival della Fantasia iniziato giovedì 16. «L’Europa è un’opera d’arte perché è nata come grande composizione», ha introdotto Davide Rondoni, Direttore Artistico del Festival, prima degli interventi di tre relatori d’eccezione.

La fantasia non può non richiamare innanzitutto l’aspetto creativo. Su questo si è concentrato Francesco Botturi (Università del Sacro Cuore di Milano): nel XVI secoloil Barocco «non era solo uno stile ma una cultura, un esperimento per entrare nella profondità del reale, un pensiero compositivo». Il Barocco, però, si trovò a lottare contro il pensiero razionalistico cartesiano, che «”abolisce” il movimento e la sensibilità a scapito dell’analisi, del pensiero puro e astratto, prevedendo la mente incarnata dell’intelligenza artificiale». Questo tra pensiero compositivo e pensiero analitico/razionalistico (poi illuministico) è un conflitto ancora oggi in atto: il razionalismo è «la tecnocrazia, la secolarizzazione, l’antropocentrismo che emargina la religione». Il destino dell’Europa, quindi, rischia di essere quello di una «progressiva atomizzazione razionalistica e tecnoscientifica». Ma l’Europa autentica è quella che sa valorizzare «il mondo poetico dell’umano, la cui mente non è soprattutto analitica e calcolatrice, ma compositiva, creativa», ha proseguito Botturi: la cifra dell’umano è «l’ingegno», la capacità di «stabilire relazioni tra realtà fra loro lontane e diverse», appunto componendole ma senza annullare la tensione tra loro, la «contraddittorietà della loro relazione».

«Solo una realtà – ha riflettuto quindi Rocco Buttiglione, noto politico e filosofo, nel suo discorso – può accogliere tutte le contraddizioni insolubili, tutti i dolori del mondo: la Croce di Cristo». La risposta al desiderio di felicità della persona non sta, infatti, nelle cose ma «viene da altrove, sta in Altro. Non si può sradicare Cristo dalla storia, e solo da Lui nasce quel popolo, alternativa a una società di individui atomizzati preda del potere», ha riflettuto. L’idea originaria di Europa è stata, quindi, bloccata. Era l’idea dei padri, quella che si fondava «sui valori ebraico-cristiani e su quelli greci e latini». È nata, invece, «un’Europa senza radici culturali». Di conseguenza, manca «un dèmos, una creazione spirituale con forti radici comuni e un comune destino». Così, per Buttiglione, lo stesso Trattato di Lisbona del 2009 non ha fatto che confermare «l’Europa della burocrazia e dei diritti individuali». Questi ultimi, in particolare, sono dominanti mentre «mancano i doveri, i diritti della famiglia e quelli delle nazioni». Ma questo «sistema di divertissement», di distrazioni «si sta incrinando»: abbiamo  bisogno di una «globalizzazione non solo economica ma etica e politica». I Trattati vanno dunque «riformati mettendo al centro l’identità culturale europea e recuperando la dimensione religiosa».

«Viviamo in un’Europa edulcorata, senza lacrime né santi», ha detto poi Ginevra Leganza, giornalista de Il Foglio, citando Cioran. Tre parole, nella nostra Europa decadente, vengono oggi in particolare snaturate: «amore, come dogma; morte, come tabù; postumano, come totem». Riguardo alla prima, per Leganza spesso domina «una concezione edulcorata di amore, astratta e assolutista»; ma questo può essere anche «un demone, può nascondere violenza, ossessione». E mercificazione, come nel caso «dell’utero in affitto». La morte, invece, oggi è «rimossa, c’è ma non si può più dire, è la protagonista silenziosa del nostro tempo». L’idea dei nostri tempi è quella della «morte per scelta, per cultura», quindi come «opzione alternativa alla vita»:non a caso, anche in Italia aumentano i suicidi e la promozione dell’eutanasia porta a una «normalizzazione della morte». Senza pensare all’aborto: chi usa l’espressione “interruzione di gravidanza” vuole rimuovere il fatto che sia un gesto che «porta morte, ponendo invece l’accento su chi compie questa scelta». Infine, il totem dell’intelligenza artificiale: per Leganza, questo è il tentativo ancor più radicale di «sostituzione dell’umano con la tecnologia»: ma «così rischiamo di diventare schiavi degli schiavi, cioè dei robot, delle macchine». 

L’alternativa è quindi chiara: l’Europa con un’anima e un senso o quella artificiale e dogmatica?

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CARITÀ

25 anni del “Centro di Solidarietà Carità”

In occasione del Festival della Fantasia, il Castello Estense ha ospitato un’esposizione, con testi e immagini, sui 25 anni di vita del “Centro diSolidarietà Carità” (CSC) di Ferrara.

A fine anni ’80, sull’esempio del “Banco dos Alimentos” di Barcellona, nasce in Italia la “Banca del cibo” grazie a don Luigi Giussani e a Danilo Fossati, presidente dell’azienda “Star”. Nel 1989 nasce quindi la Fondazione Banco Alimentare, e dieci anni dopo, il 1° maggio 1999, a Ferrara e provincia, il “Centro diSolidarietà Carità”. I dati sono importanti – circa 930mila kg alimenti raccolti e oltre 11mila persone assistite, metà delle quali nel solo Comune di Ferrara – ma non bastano a raccontare il senso di quest’avventura. Gli scopi del CSC sono ancora gli stessi di 25 anni fa: distribuzione di alimenti e farmaci a persone e famiglie bisognose, ed educazione alla carità. Sì, perché non è sufficiente il pur necessario sostegno materiale: ciò che i volontari del CSC fanno è di condividere la propria vita, di cercare assieme il suo senso. La carità è dunque un evento di popolo, non solo durante l’annuale Colletta Alimentare. In mostra, diverse le testimonianze di volontari e volontarie,  di alcune comunità, enti e associazioni coinvolte, e di uno dei fondatori, Riccardo Canella.

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LAVORO

Partecipazione, popolo ed educazione: valori e proposte

Sabato 18 maggio, il Festival ha ospitato un Seminario sul lavoro proposto dalla Confraternita. Emmanuele Massagli, Presidente ADAPT e LUMSA, fra i promotori della proposta di legge della CISL “Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”, ha spiegato come questa si ispira all’art. 46 della Costituzione italiana («[…] la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende»). Nella proposta rientra la presenza di rappresentanti dei lavoratori nel CdA dell’azienda, la redistribuzione degli utili, la formazione di Commissioni interne, la consultazione dei lavoratori su decisioni importanti delle imprese. 400mila le firme raccolte: dopo gli oltre 190 emendamenti proposti in Parlamento, ora la discussione  prosegue. Ruggero Villani, Direttore Confcooperative Ferrara, ha invece posto l’accento sull’importanza di valorizzare la «dimensione espressiva» del lavoro e non solo quella «acquisitiva/economica». La prima, infatti, è importante per la «fioritura umana della persona», oltre ad aiutare «l’incremento produttivo» dell’impresa stessa. Sono intervenuti anche Giovanni Maddalena, Università del Molise («le opere nascono dalla libertà della persona, e questa libertà dal desiderio della felicità, che è sempre un cammino verso l’ideale, verso il bene»), Enrico Tiozzo Bon, Presidente Federazione Centri di Solidarietà («le nostre opere nascono da un popolo, speranza per il Paese»), Roshan Borsato, Ca Foscari Venezia («nell’epoca del sovraccarico informativo e della digitalizzazione è importante educare al pensiero critico»).

La Fondazione Zanotti ha invece riflettuto sulle formelle dei mesi presenti sulla facciata del nostro Duomo cittadino.

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PACE

Capuozzo: «capire il dolore dell’altro, stare coi disarmati»

Di pace e perdono si è parlato domenica 19 in Castello, dopo i saluti di Marcello Corvino, Direttore artistico Teatro Comunale “Claudio Abbado”.

Atteso l’intervento di Toni Capuozzo, noto giornalista e conduttore televisivo, per una vita inviato in diversi teatri di guerra. «Ho sempre cercato di raccontare la guerra immaginando la sofferenza delle persone, tutte», ha spiegato. Per la pace, è fondamentale «tentare di capire le ragioni dell’altro e confrontarsi col loro dolore. Da quando faccio l’inviato in guerra, non riesco più a parteggiare: sto solo dalla parte dei civili, dei disarmati, non considerandoli numeri ma persone, ognuno con la propria vita, con un nome, cercando di raccontare la loro storia», per evitare «una fossa comune della memoria». Dopo il ricordo dell’amico e collega Franco Di Mare, recentemente scomparso, Capuozzo ha spiegato come la guerra sia «la morte dell’innocenza e della parola».

«Questo realismo umano di Capuozzo – ha riflettuto il Direttore Davide Rondoni – è un’alternativa sia all’astrazione e alla distrazione, sia al cinismo e alla disperazione. L’atto più grande della persona è il perdono: è il più grande atto di libertà, che solo l’essere umano – nessun altro animale – può compiere».

L’incontro sulla pace ha visto anche gli interventi di Jiries Qumsiyeh (Direttore del Ministero palestinese per il Turismo) da Betlemme, Franco Vignazia (artista), Ettore Soranzo (Associazione Santa Caterina da Siena ETS) ed Enrico Tiozzo Bon, che hanno raccontato la loro amicizia  tra Italia e territori palestinesi, nella comune fede cristiana.

Pubblicato sulla “Voce” del 24 maggio 2024

Abbònati qui!

Quale Europa? Confronto in vista delle elezioni: Claudio Sardo e Francesco Giubilei

10 Apr

a cura di Andrea Musacci

Potenza democratica, unita, forte e sostenibile 

David Sassoli nel ricordo di Claudio Sardo: «il nostro destino»

L’Europa come grande «potenza democratica» che a livello globale possa essere all’avanguardia nella difesa della democrazia e dello sviluppo sostenibile. È questa la grande visione che ha alimentato l’esistenza di David Sassoli, ex giornalista e Presidente del Parlamento Europeo, morto nel gennaio 2022 all’età di 66 anni. La sua figura è stata ricordata lo scorso 3 aprile alla Libreria Feltrinelli di Ferrara da Claudio Sardo, curatore del volume “La saggezza e l’audacia. Discorsi per l’Italia e per l’Europa” (Feltrinelli, 2023). Sardo, ex direttore de “L’Unità”, dal 2015 lavora presso l’Ufficio di segreteria del Presidente della Repubblica con compiti di studi e ricerche. L’incontro faceva parte dell’European Projects Festival.

Il libro – che raccoglie 56 discorsi di Sassoli – «nasce per far conoscere la profondità del suo pensiero e le sue battaglie politiche», ha spiegato Sardo. Sassoli era un cattolico nato da due dei fondatori della DC a Firenze: «le sue radici, quindi, affondano nella sinistra cattolica fiorentina, una storia in qualche modo anche anticipatrice del Concilio Vaticano II». Sassoli da giovane aderì anche alla “Rosa Bianca” italiana, associazione cattolica liberal-personalista. «Egli non ostentava la propria fede ma cercava di concretizzarla nel dialogo e nell’impegno politico», ha aggiunto il relatore. Nella sua maturità, invece, «entra a pieno titolo in quel filone di presenza cattolica determinante nella parabola della sinistra europea, al pari di Jacques Delors e Romano Prodi». Sassoli era convinto che «l’Unione Europea dovesse assumere sempre più le dimensioni di una potenza democratica, per difendere i valori fondamentali della propria civiltà». La pandemia è stata una forte dimostrazione di come i grandi problemi globali «non possono essere affrontati dai singoli Paesi. L’eredità che ci ha lasciato è quella del credere che l’Europa, se vuole, può attuare politiche progressive e solidaristiche, espansive, essere più integrata e vicina ai cittadini».

Per Sassoli, «la politica era un processo e ciò che contava era l’efficacia: la democrazia – diceva – serve solo se serve ai suoi cittadini. Non credeva in una democrazia astratta, solo formale». Per Sardo, «egli sapeva squarciare il velo sulla realtà: ci stiamo avvicinando a importanti elezioni a livello europeo e so già che in questa campagna elettorale molti leader prometteranno di porre argini all’Unione Europea. Ma questo è un dibattito falso, perché in realtà i politici di tutti gli schieramenti han preso atto che l’UE è l’unico strumento per incidere a livello globale. La questione non è “politiche europee o no”, ma “quali politiche europee?”». Sardo ha poi toccato il tema più che mai attuale della pace: «oggi dobbiamo chiederci se un’Europa divisa potrà resistere a un possibile scenario di guerra». Ricordando l’impegno concreto di Sassoli per i dissidenti russi e bielorussi, Sardo ha riflettuto sulla contraddizione che coinvolge le coscienze di molti: da una parte, «non possiamo non condannare e combattere l’invasione russa all’Ucraina»; dall’altra, non possiamo non fare di tutto «per cercare la pace, per evitare un’escalation dalle conseguenze imprevedibili. Un bravo politico deve saper trovare un equilibrio fra questi due aspetti». E sul tema della difesa dell’ambiente, Sassoli, partendo dal concetto di “ecologia integrale” di papa Francesco, pensava che l’UE dovesse essere «all’avanguardia a livello globale nell’economia green. La Next Generation EU serve proprio a far sì che l’UE superi USA e Cina nel campo dello sviluppo sostenibile».

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Casa delle nazioni, libera e non ideologica

Francesco Giubilei: «riscoprire la nostra identità profonda»

Un’«Europa delle nazioni», non ideologica, che lasci spazi di autonomia ai singoli Stati e più libertà ai cittadini. È questa la proposta politico-culturale di una delle personalità emergenti (ma ormai, affermata) del mondo conservatore italiano, Francesco Giubilei. Una riflessione che ha portato anche a Ferrara (nella Sala Arengo del Municipio) lo scorso 3 aprile, in dialogo con l’Assessore Alessandro Balboni e il giornalista del “Carlino” Federico Di Bisceglie, all’interno dell’European Projects Festival. Giubilei, cesenate classe ’92, è fondatore e direttore della Giubilei Regnani Editore, della rivista e del movimento “Nazione Futura”, presidente della Fondazione Tatarella, collaboratore de “Il giornale” ed ex consigliere del Ministro della Cultura Sangiuliano. 

Dopo una breve analisi sulle possibili alleanze dei conservatori dopo il voto europeo del 9 giugno (possibili solo a posteriori visto il sistema elettorale proporzionale secco), Giubilei ha spiegato come nell’ipotesi di una maggioranza UE retta soprattutto dai conservatori dell’ECR e dai popolari del PPE, «un punto di svolta importante rispetto alle politiche di questi anni sarebbe sicuramente sul Green Deal», contro, quindi, «un ambientalismo ideologico e dirigista».

Il relatore ha poi distinto il concetto di Europa da quello di Unione Europea: il primo è «di tipo storico, culturale e identitario, affondando le proprie radici nella classicità greco-romana e nel Cristianesimo». Il secondo, è invece «di tipo politico». «Oggi – ha proseguito – l’Unione Europea ha perduto la comune piattaforma delle origini, riducendosi al solo criterio politico-economico». Dovrebbe, invece, «riscoprire la propria base valoriale e abbandonare l’imposizione dirigistica e burocratica, contraria a ogni idea di sussidiarietà». Bene, dunque, «regole comuni a livello europeo, ma queste vanno bilanciate lasciando spazi di autonomia ai singoli Stati, ad esempio sulle politiche ambientali e sulle loro conseguenze sul settore automobilistico». La soluzione è, perciò, un’«Europa delle nazioni, un sistema confederale europeo». Per Giubilei, va cambiato l’impianto dell’UE: ad esempio, «cosa ce ne facciamo di un sistema di difesa europeo se non abbiamo una politica estera UE comune? Oggi l’UE come attore geopolitico è inesistente». Altro tema scottante è quello riguardante le politiche migratorie: non è solo un problema dei Paesi – come l’Italia – di primo approdo, ma «di tutta l’Unione Europea». Importante, è innanzitutto «intervenire sulle partenze irregolari dal continente africano, attraverso accordi bilaterali con i Paesi di partenza».

Prima si è accennato alle politiche ambientali, e Giubilei nel suo intervento è tornato sul tema riflettendo sulle proteste dei trattori, che «in Olanda e Belgio sono iniziate due anni fa, anche se in Italia non se ne parlava». Le politiche di abbattimento delle emissioni hanno e avranno «conseguenze pesanti sui nostri agricoltori e allevatori, col mercato inondato di prodotti» – provenienti perlopiù da Cina e Nord Africa – «più economici ma di bassa qualità, molto meno controllati e che nascondono lo sfruttamento di molti lavoratori. L’ingresso della Cina nel WTO (l’Organizzazione mondiale del commercio, ndr) nel 2001 – ha proseguito Giubilei – è stato affrontato in maniera sbagliata e ora ne paghiamo le conseguenze».

Pubblicato sulla “Voce” del 12 aprile 2024

La Voce di Ferrara-Comacchio

Pane e coraggio: padre Luca Morigi e il desiderio di vita dei profughi a Lesbo

29 Mar

Il racconto alla Veglia missionaria diocesana del 24 marzo


«Ho fatto esperienza dell’immenso dolore che vivono, e che anche noi europei in parte permettiamo. Ma ho visto anche la fede che hanno in Dio e la speranza che Lui darà loro la possibilità di una vita nuova». Padre Luca Morigi, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, per alcuni mesi, fino allo scorso Natale, ha vissuto nei due campi per profughi sull’isola di Lesbo. Questa terribile esperienza l’ha raccontata lo scorso 24 marzo in occasione della Veglia missionaria diocesana, collegandosi con la chiesa ferrarese di Sant’Agostino.

«Il sogno di Dio – ha esordito – è quello dell’umanità come grande famiglia che vive sulla terra intesa come casa comune». E invece esistono inferni come quelli sull’isola di Lesbo per i migranti. Persone che «perdono le proprie case, i propri beni, la libertà, rischiando la vita per un’esistenza dignitosa». Attraverso alcune fotografie scattate clandestinamente nei campi di Moira, prima, e Kara Tepe, dopo, Morigi ha raccontato l’orrore che queste persone vivono dentro le circa mille tende lì accampate. Dopo l’enorme incendio dell’8 settembre scorso nel campo di Moira, le autorità greche allestirono, infatti, campi temporanei a Kara Tepe, per accogliere 8mila degli oltre 12mila migranti rimasti senza riparo. Un popolo di disperati.

Pane, farina, patate: in una foto un padre cucina una semplice cena per i figli (foto in alto). Ha lasciato tutto alle spalle per dar loro la salvezza. «Ma ha voluto comunque condividere la cena con noi – ha raccontato Morigi -, qualcosa di cui noi occidentali spesso non siamo più capaci. Questo popolo, quindi, era lì per curare le mie, le nostre ferite dell’anima, non solo io per aiutare loro. È la nostra Europa che sta perdendo la propria umanità e i propri riferimenti, nascondendosi dietro le proprie paure e sicurezze». Nel campo di Lesbo vive, dunque, un grande popolo tenuto prigioniero, «espressione del corpo di Cristo umiliato e che espia i peccati del mondo. Nel suo dolore sta sanando anche le ferite di un’Europa malata» di egoismo e cinismo. Un continente circondato – più o meno simbolicamente – dal filo spinato, proprio come, realmente, lo è il campo di Kara Tepe. La polizia lo sorveglia continuamente dall’esterno perché l’idea di fondo è che «questi migranti siano potenziali criminali». Un campo costruito, non a caso, sulla riva del mare, in una zona militare, il cui terreno ospita ancora bombe inesplose. 

In questo inferno non esistono docce, non c’è acqua calda né energia elettrica, non esiste la scuola, ma uno straccio di educazione avviene solo informalmente grazie ad alcuni ragazzi che insegnano ai bambini. «Sono veri e propri campi di prigionia», resi ancor più tali approfittando del lockdown per la pandemia. Ma qui le malattie sono ancor più elementari, legate alla scarsa igiene. E poi ci sono quelle psicologiche, diffusissime, con bambini che tentano il suicidio gettandosi dalla scogliera o donne incinte che si buttano nel fuoco pur di non partorire lì. Un abisso dove stupri, omicidi, traffico di organi, violenze sui bambini, sono all’ordine del giorno. Dove domina l’abuso di alcool e il traffico di droga, senza nessuna legge e senza chi possa farla rispettare. «Qualche giorno fa – racconta Morigi – mi ha chiamato un uomo che vive nel campo: “questo è un inferno!”, urlava. Poi ha aggiunto che lui e la moglie cercheranno di fuggire nascondendosi in un camion». Ma sarà molto difficile, il rischio è la morte. 

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 2 aprile 2021

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Sovranità, Welfare, cittadinanza: l’Europa casa comune da costruire

6 Mag

Tante persone il 3 maggio hanno partecipato a Casa Cini all’incontro dal titolo “L’Europa che vogliamo”

sdrL’Europa non come fredda e distante burocrazia, ma come fusione a caldo di progetti, forze vive, corpi intermedi. E’ questo che emerso in modo forte la sera di venerdì 3 maggio nel salone di Casa Cini a Ferrara, durante l’incontro “L’Europa che vogliamo” organizzato da Ferrara Bene Comune, Movimento Federalista Europeo, Cooperatori salesiani, ACLI, Agesci, Movimento Rinascita Cristiana, Azione Cattolica, Masci e Confcooperative Ferrara. Dopo la presentazione di Chiara Ferraresi, presidente diocesana di AC, è intervenuto Guglielmo Bernabei, presidente di Ferrara Bene Comune, che ha moderato l’incontro. Fra le domande e le suggestioni proposte da Bernabei ai relatori, il tema della sovranità, che “oggi ha senso solo se declinato a livello europeo”, e quello del “baratto” – spesso purtroppo imposto – tra lavoro e diritti. Il primo a prendere la parola è stato Giorgio Anselmi, presidente nazionale del Movimento Federalista Europeo: “oggi l’Europa può dare una risposta all’altezza delle sfide globali solo in quanto tale”, se unita e forte. Centrale per Anselmi dev’essere il principio di sussidiarietà, che permette “l’autonomia e l’interdipendenza di tutti i corpi sociali”, dalla famiglia allo Stato, passando per quelli intermedi. “La federazione europea – ha proseguito – è l’unico modo per dare risposte ai problemi dei cittadini”, in un mondo interdipendente e complesso come quello di oggi. “I singoli Stati non sono più in grado di assicurare a pieno la sovranità, basti pensare alle multinazionali che delocalizzano”, promettendo lavoro e investimenti in cambio di una riduzione dei diritti dei lavoratori, della tassazione e dei vincoli ambientali. L’obiettivo, dunque, è a livello continentale quello di riuscire a “unire diritto e forza”, che hanno senso e legittimità solo se insieme. “L’Europa non può più essere raccontata solo con la sua storia, ma attualizzandola, in quanto per la stragrande maggioranza delle persone, giovani compresi, significa poco o nulla”. Così ha esordito Matteo Bracciali, responsabile Affari Internazionali Acli Nazionali, che ha ripreso e sviluppato il tema della tassazione delle grandi imprese, denunciando i “ricatti” da parte delle multinazionali, e affrontando il tema dei grandi colossi del web (Amazon, Google, Facebook), che riescono a evadere tasse per centinaia di milioni di euro. Un nuovo “Welfare Europe”, dunque, fatto di tante “protezioni” per i lavoratori, di “incentivi alla formazione” e molto altro, è più che mai necessario, e potrebbe legarsi “all’introduzione di una Web Tax e della TTF (Tassa su Transazioni Finanziarie)”. Web Tax e TTF che, per Bracciali, “potrebbero andare a finanziare il welfare aziendale”. L’ultimo intervento è spettato a Niccolò Pranzini del Comitato europeo Scautismo, che, nel ribadire come “l’Europa non sia solo composta da ‘grigi burocrati’ ”, ha citato la propria esperienza di alcuni anni a Bruxelles, per raccontare ad esempio come lavora la Commissione Europea, e come, “assieme a tante cose negative, ho visto persone da tutto il continente incontrarsi e portare avanti progetti” negli ambiti più svariati: “così, non a freddo, si forma una vera cittadinanza europea, e si costruisce una casa comune europea, sogno vivo anche per tanti giovani inglesi, impauriti dai possibili effetti della Brexit”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 10 maggio 2019

La Voce di Ferrara-Comacchio

A Ibs “Gli Stati Uniti d’Europa spiegati a tutti”

9 Ott

coverOggi alle 17.30 presso la libreria Ibs.it in p.zza Trento e Trieste a Ferrara Michele Ballerin presenta il suo libro “Gli stati uniti d’Europa spiegati a tutti”, edito da Fazi Editore. Dialogherà coll prof. Luigi Vittorio Majocchi dell’Università di Pavia e il direttore de Il Resto del Carlino Cristiano Bendin. L’incontro è a cura della sezione ferrarese del Movimento Federalista Europeo. “Guida per i perplessi” recita il sottotitolo di questo volume di 120 pagine uscito lo scorso aprile, che vuol essere “una vera e propria guida per chi dell’UE ha una conoscenza solo superficiale, ma che aiuta anche il lettore più esperto a fare chiarezza su molti punti importanti”. Michele Ballerin è segretario regionale del Movimento Federalista Europeo e collabora con diverse riviste su carta e on-line, tra le quali “Linkiesta” e “Il ponte”.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 09 ottobre 2014

Il Credito Fiscale, soluzione per l’economia italiana

16 Giu

Chi crea moneta“Chi crea la moneta e come? Analisi degli scenari e soluzioni possibili per cittadini e imprese” è il nome dell’incontro pubblico patrocinato dal Comune di Ferrara e promosso da un gruppo di cittadini e dalla Comunità Emmaus di S. Nicolò (Fe) svoltosi venerdì sera. Nella sala San Francesco in piazza San Francesco, 7 a Ferrara gli economisti Marco Cattaneo e Giovanni Zibordi, hanno presentato il loro libro “La soluzione per l’euro. 200 miliardi per rimettere in moto l’economia italiana” (Ed. Hoepli, 2014). L’Italia, secondo Cattaneo, oggi dovrebbe sfruttare “quel poco di sovranità monetaria che ancora le è rimasta.” Citando il grande economista Keynes, “lo Stato in periodi di crisi come l’attuale – ha proseguito – deve agire, aumentando il potere d’acquisto, deve insomma emettere moneta, o con investimenti diretti o dando soldi ai cittadini.” La proposta pratica dei due autori è di creare una nuova categoria di titoli di stato, “i Certificati di Credito Fiscale, che sarebbero proporzionali al reddito di chi li riceve”, e utilizzabili per pagare tasse, imposte ecc.

Zibordi ha proseguito spiegando come “questa proposta serva a rimettere 200 miliardi di euro nell’economia italiana non dando, come sempre, soldi al mercato finanziario”. Un’idea che permetterebbe, hanno specificato i due, all’Italia di non uscire dall’eurozona e di conseguenza di non far saltare l’impianto dell’UE.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 15 giugno 2014

(Nella foto, da sinistra: Marco Cattaneo, Giovanni Zibordi e uno degli organizzatori)

Racconti da tutta Europa al Cortázar

24 Mag

10277844_10203671138080056_1192579263222837918_nAl Teatro Julio Cortazar in via della Ricostruzione, 40 a Pontelagoscuro oggi terminano le quasi tre settimane di spettacoli, laboratori e performance insieme al Teatro Europeo. Il progetto è stato realizzato nell’ambito di partenariati d’apprendimento del Programma Europeo “Lifelong Learning”, coordinati dal Teatro Nucleo.

Alle 18 avrà luogo “Tell me a story” (“Raccontami una storia”), un insieme di laboratori di arte, poesia e performance con artisti da tutto il continente: Poetry Circle, Amsterdam (Olanda),  Elephant Musik, Parigi (Francia), ALA Non Alvares, Gondonar (Portogallo), Third Age University, Cracovia (Polonia), oltre agli attori del laboratorio “Atlante” del Teatro Nucleo. Il progetto è nato dall’idea che il teatro ispirato dalla tradizione orale europea e dei migranti possa incentivare la comunicazione interculturale e artistica tra le vecchie e le nuove generazioni di attori non professionisti. Esso si è dunque sviluppato attingendo al patrimonio di miti e fiabe dei paesi partecipanti, partendo dalla considerazione che nelle tradizioni mitiche di tutte le culture si riscontrano radici comuni e tematiche costanti. La comunicazione è inoltre ulteriormente agevolata dall’universalità e internazionalità del linguaggio teatrale. Le compagnie teatrali, quindi, presenteranno i propri lavori con la presenza e partecipazione del pubblico, con il quale si darà vita a una vera e propria festa creativa.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 24 maggio 2014

Il disequilibrio europeo al Festival di Internazionale

5 Ott

Ferrara – L’Europa e il progetto dell’Unione Europea sotto i riflettori del Festival di Internazionale a Ferrara. Ieri pomeriggio, nell’Aula Magna della Facoltà di Giurisprudenza, ha riscosso un ottimo successo l’incontro dal titolo “Europa, aiuti umanitari e diritto d’ingerenza”.

Tantissimi i giovani fra il folto pubblico per ascoltare Michael Braun, del quotidiano tedesco Die Tageszeitung, Pierre De Gasquet, de Les Echos, uno dei principali giornali economici francesi, il belga Nicola Delcroix, membro del Seae, il Servizio Europeo per l’Azione Esterna e James Walston dell’American University of Rome. Ad introdurre e a moderare il confronto il vicedirettore di Internazionale, Jacopo Zanchini.

De Gasquet ha spiegato la differenza tra la volontà del governo socialista di Hollande di intervenire in Siria e le strategie dei governi Chirac e Sarkozy. La differenza fondamentale sta nel superamento della cosiddetta “linea rossa”, vale a dire nell’uso di armi chimiche contro civili da parte del regime di Assad. Detto questo – ha continuato De Gasquet – resta il problema dell’egemonia jihadista tra i ribelli siriani. Mentre Braun ha sottolineato la riluttanza tedesca, fin dal secondo dopoguerra, a interventi militari in altri Paesi, Walston ha elencato i quattro criteri che legittimano un intervento armato: legalità, difesa dei diritti umani, sicurezza e praticabilità. Il dibattito è dunque proseguito riflettendo sull’attuale situazione in Libia, e sui presunti progressi rispetto al precedente regime di Gheddafi.

Tutti i relatori, seppur con sfumature diverse, hanno mostrato scetticismo riguardo all’attuale regime libico nonchè rispetto all’applicazione pratica della risoluzione dell’ONU a favore dell’intervento militare.

Andrea Musacci

Pubblicato su Ferrara 24 ore il 05 ottobre 2013

Gli alunni del Roiti e dell’Ariosto processano l’Europa

5 Ott

Ferrara – Al Festival di Internazionale sembra di essere in un’aula di tribunale. Non è una provocazione ma è l’impressione che si è avuta entrando stamattina in Piazza Municipale. Alle 11, infatti, si è svolto il primo dei due “processi all’americana”, dal titolo “L’Europa alla sbarra.

L’Unione serve a qualcosa o è solo burocrazia?”. Alcune ragazze e ragazzi del Liceo Roiti e del Liceo Ariosto di Ferrara erano, infatti, presenti all’incontro nei panni dei Pubblico Ministero e della difesa. Sul banco degli imputati sedeva, dunque, l’Europa, o meglio l’Unione Europea. Nel ruolo di Giudici vi erano Emilio Dalmonte, Vice Direttore della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Tonia Mastrobuoni de La Stampa e Andrea Pipino di Internazionale.

A moderare il dibattito/processo Federico Taddia, attuale conduttore su Radio24 de “L’Altra Europa”.

Il dibattito è iniziato con la lettura di due capi d’accusa rivolti all’Europa. Le immagini del Presidente della Commissione Europe Barroso, del Presidente del Parlamento Europeo e del Presidente del Consiglio europeo hanno dato il via all’obiezione sulla mancanza di legittimità delle istituzioni europee, sulla poca credibilità di queste tra i cittadini dei vari paesi membri e sulle politiche riguardanti i paesi più deboli, i cosidetti PIIGS (Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna).

Per controbattere alle argomentazioni dell’accusa, la difesa ha mimato un dialogo su un tram tra un giovane e un anziano, nel quale il primo dimostrava all’interlocutore alcuni dei progressi fatti negli ultimi anni dall’Unione Europea: la tessera sanitaria europea, la validità continentale della patente di guida, le nuove politiche fiscali e ambientali, l’elezione del Parlamento europeo.

I successivi interventi dei tre giudici hanno, quindi, sottolineato i pro e i contro delle argomentazioni dei giovani studenti, evidenziando come, nonostante i le numerose lacune dell’UE, molti passi in avanti siano stati fatti, soprattutto negli ultimi vent’anni.

Andrea Musacci

Pubblicato su Ferrara 24 ore il 04 ottobre 2013