
Mons. Elios Giuseppe Mori. Presentato il libro con le sue lettere negli anni ’40 da Roma a mons. Bovelli
Un giovane seminarista prima, un sacerdote poi, immerso nella realtà, la cui fede vive nell’esperienza degli incontri.È questo che emerge dalle circa 50 lettere che negli anni ’40 da Roma il giovane seminarista Elios Giuseppe Mori (Mizzana 1921- Verona 1994) scrive al suo Vescovo di Ferrara mons. Ruggero Bovelli. Mori fu a Roma dal 1940 al 1946, ospite del Pontificio Seminario Lombardo, allora diretto da mons. Franco Bertoglio. Nella Capitale si trova per studiare alla Pontificia Università Gregoriana e viene ordinato sacerdote il 23 dicembre ’44 in San Giovanni in Laterano.
Le lettere di Mori a mons. Bovelli, conservate nell’Archivio storico diocesano di Ferrara, ora sono al centro del nuovo Quaderno del CEDOC – Centro di Documentazione di Santa Francesca Romana, in occasione del 30° anniversario della morte del sacerdote.
Il volume “E. G. Mori, L’amicizia: il primo apostolato. Lettere di don Elios Giuseppe Mori a mons. Ruggero Bovelli (1940-1947)”, è a cura di Paolo Gioachin, Francesco Paparella e Miriam Turrini, e ha la postfazione di Marcello Musacchi. È disponibile in cartaceo (a offerta libera) nella segreteria della Scuola di teologia a Casa Cini, mentre a breve sarà disponibile anche gratuitamente in digitale a questo link http://santafrancesca.altervista.org/biblioteca.html
Il volume è stato presentato proprio a Casa Cini lo scorso 17 ottobre nella prima lezione (eccezionalmente aperta a tutti) della Scuola diocesana di teologia per laici “Laura Vincenzi” (foto).
Quasi 200 i partecipanti all’incontro (dei quali 50 presenti in sala e i restanti collegati on line da casa).
Si diceva della concretezza di don Mori; e Miriam Turrini nel proprio intervento il 17 ottobre ha spiegato come il seminarista/sacerdote «ricercava sempre nuove forme di apostolato in un mondo secolarizzato».Questi raccolti, ha proseguito, «sono documenti fondamentali per comprendere gli anni della formazione di Mori» («è il nostro momento», scrive lui stesso a mons. Bovelli); lettere dalle quali emergono anche tratti del suo carattere come la grande ironia e la vivacità intellettuale. Ma nel rapporto epistolare col suo Vescovo «al centro c’è sempre Ferrara e le sue prospettive pastorali, connesse anche al suo ritorno in città». A Roma lavora anche, dall’autunno 1940 alla primavera 1943, nell’oratorio del quartiere Monte Celio con i ragazzi di strada e, appena può, va anche a San Pietro ad ascoltare il Papa; scrive a tal proposito: «Ho una grande gioia nel cuore (…). Gli ho gridato ancora che gli voglio bene».
Sono gli anni terribili della guerra – come ha spiegato Gioachin -, con tanti profughi che arrivano a Roma nell’illusione, in comune con tanti residenti, che la CittàSanta potesse essere risparmiata dai bombardamenti. Ma non sarà così, San Lorenzo è un nome che sta a lì a ricordarlo tragicamente. Dal settembre ’43 al giugno successivo Roma sarà occupata dai nazisti con gli orribili episodi, solo per citarne due, dell’eccidio delle Fosse Ardeatine e del rastrellamento del ghetto. Dopo l’8 settembre ’43, lo stesso Pontificio Seminario Lombardo ospiterà un centinaio di rifugiati, fra cui atei, comunisti, ebrei (quest’ultimi almeno una 30ina e che Mori, per ragioni di sicurezza, nelle lettere chiama «circoncisi»). Ma, scrive lo stesso Mori a mons. Bovelli – che considerava come un padre -, «portare Cristo a chi non lo conosce (…) è un miraggio che mi esalta». «È questo il momento della carità senza limiti, senza distinzioni», continua. E ancora, riferito ai rifugiati: «la carità di Cristo non guarda al colore, alla religione, alla razza».
Paparella nel suo intervento ha raccontato l’accoglienza e l’irruzione dei nazisti (la famigerata “banda Koch”) nel Seminario Lombardo la notte del 21 dicembre ’43, rastrellamento che, per fortuna, non andò a buon fine in quanto gli ospiti, prevedendolo, si erano organizzati per fuggire in tempo rifugiandosi in un vicino edificio.
Nel ’44 don Mori ritorna a Ferrara, in una città – così la descrive – «sconquassata e febbricitante». Ma anche qui, e per il resto della sua vita, centrale sarà la pastorale d’ambiente (basti pensare alla “Gioventù Operaia Cristiana” a Ferrara), vera e propria pastorale dell’incontro, dell’amicizia, della prossimità, anche con gli operai e i sottoproletari, ma senza rinunciare alla dimensione mistica: a tal proposito, nel ’41 a Bovelli don Mori riflette come, alla fine, il «soprannaturale, la preghiera fanno tutto».
Andrea Musacci
Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 25 ottobre 2024
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La “casa dei ferraresi” fino a venerdì 12 aprile ospita la mostra dedicata alla vita e alla profonda esperienza di fede di Laura Vincenzi. Nel pomeriggio di giovedì 4 aprile nel Salone d’onore del Palazzo Municipale di Ferrara è stata inaugurata l’esposizione intitolata “Nulla è per caso. Vita di Laura Vincenzi, serva di Dio (1963-1987)”, realizzata da Laura Magni con la collaborazione di Giuliano Laurenti, entrambi impegnati nell’Ufficio Comunicazioni Sociali della nostra diocesi, e col fondamentale coinvolgimento dei genitori e degli amici di Laura oltre che dell’Azione Cattolica di Ferrara-Comacchio, che da anni, insieme all’associazione ”Amici di Laura”, promuove il cammino per il riconoscimento canonico della sua santità. Chiara Ferraresi, Presidente dell’AC diocesana, nel suo saluto introduttivo ha sottolineato come “i valori coi quali Laura ha vissuto la propria vita – la semplicità, l’apertura all’altro, l’amicizia, il senso di responsabilità, un grande coraggio, il riuscire a trasformare la sofferenza in un’esperienza positiva per lei e per gli altri – siano un bene di tutti, valori da mettere in comune”. “Con Laura ho condiviso molti dei luoghi di appartenenza ecclesiale”, sono state le parol del Sindaco Tiziano Tagliani, che ha posto l’accento sul fatto che “questo spazio civico è aperto a diversi tipi di esperienza: il vero civismo infatti è quello che porta qui esperienze autentiche, di vita vera, e quella di Laura è una testimonianza vera, anche civile, perché il senso della sua sofferenza è dimostrazione di coraggio e di coerenza. “Alcuni giorni fa – è stato invece il richiamo dell’Arcivescovo mons. Gian Carlo Perego – abbiamo ricordato Bruno Paparella e Vittorio Bachelet, riflettendo anche sul tema della ’scelta religiosa’, che porta dentro la città, non fuori e quello di Laura è stato un modo di vivere la città, nel senso di partecipazione, impegno, valorizzazione di ciò che è importante”. Mons. Perego ha quindi richiamato la coincidenza con la pubblicazione, negli stessi giorni, dell’Esortazione di Papa Francesco, “Christus vivit” e come questa mostra sia ancora più importante in quanto proposta nel periodo che prepara alla Pasqua. A seguire, Chiara Ferraresi ha letto un messaggio inviato da mons. Andrea Turazzi, Vescovo di San Marino-Montefeltro e dal 1974 al 1984 assistente nella nostra Diocesi e regione di Azione Cattolica Ragazzi. “Sarò presente in preghiera e un piena unità”, ha scritto, “la santità di Laura Vincenzi è messa sul candelabro per illuminare”, ricordandoci come “la chiamata alla santità è meta di popolo”, non individuale, e come “la santità è la prima missione”. “L’opposto del peccato – ha concluso – non è la virtù ma la fede: Laura ci ha detto davvero che tutto è grazia”. L’evento inaugurale è dunque proseguito con una breve visita alla mostra guidata da Miriam Turrini. Gli 11 pannelli allestiti sono su sfondo bianco, come fogli sui quali Laura ha scritto la propria vita, mentre l’altro colore dominante è l’azzurro, il colore della trascendenza. Tante le fotografie di Laura nelle varie fasi della sua vita, quasi mai da sola ma sempre in compagnia di amici e famigliari. La Turrini ha posto l’accento sulla “sua coscienza di essere sempre neonata nella fede e di dover quindi fare un lungo cammino, nella convinzione che tutto è dono e grazia”. Frequente ricorre nelle sue lettere la riflessione su “come coniugare una vita da vivere con passione e intensità, e al tempo stesso col giusto distacco”. Un’esistenza breve, la sua, ma nella quale centrale è stato il rapporto con l’Eterno, da lei stessa definito come “la realtà vera e propria a cui tutti siamo chiamati”. Un’immagine, infine, vogliamo richiamare: quella della preghiera da lei scritta e indirizzata all’allora Arcivescovo mons. Luigi Maverna, fatta stampare – con, sul retro, un ramo d’ulivo – e distribuita il giorno delle esequie, e letta dallo stesso Maverna nell’omelia. La mostra è visitabile con il seguente orario: dal lunedì al venerdì ore 9-18. Ogni giorno dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 18 sarà possibile la visita guidata. La sera del 4 aprile nella chiesa di Tresigallo è stata celebrata una S. Messa in memoria di Laura Vincenzi, di Riccardo Tagliati e dei giovani di Tresigallo tornati alla Casa del Padre.
