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«So di non essere mai sola»: Giulia Gabrieli esempio di fede

17 Gen

Il 13 gennaio a S. Benedetto il racconto sulla giovane Serva di Dio, tornata alla Casa del Padre a 14 anni: «ha vissuto la malattia da testimone di qualcosa di più grande»

«I farmaci non bastano, ci vuole Qualcun altro.Se non sei guarito nell’anima, non sei davvero guarito». Parole di un’adolescente, la Serva di Dio Giulia Gabrieli, originaria di Bergamo, morta di tumore il 19 agosto 2011 a 14 anni.

La sera dello scorso13 gennaio la chiesa di SanBenedetto a Ferrara ha ospitato l’incontro “Santità si può. Un gancio in mezzo al cielo”, dedicato alla sua testimonianza di fede soprattutto durante i due anni di malattia, incontro nel quale sono intervenuti il padre Antonio e un’amica di famiglia, Alessandra (al posto della madre Sara, impossibilitata a partecipare). Presenti molte persone, fra cui diversi giovani.

«Giulia ha vissuto la propria malattia – ha detto il padre -, pur nella sua normalità di ragazza, nella lucida consapevolezza di essere testimone di qualcosa di più grande».  Quel “gancio in mezzo al cielo” che dà il titolo al libro da lei scritto prima di morire, citazione da “Strada facendo” di Baglioni, canzone che lei amava nella versione cantata da Laura Pausini. Una strada, quella della vita, che si percorre, sapendo «che non sei più da solo», ma con Dio, con la Madonna, «la mia mammina», e con la beata Chiara Luce Badano, «come una sorella per me», diceva Giulia. 

«È stata davanti al Signore – hanno proseguito Antonio e Alessandra -, e a Lui è andata incontro, sempre col sorriso». Quel sorriso vero, specchio della Bellezza, che i presenti hanno potuto ammirare anche nel filmato proiettato nel quale Giulia viene intervistata, due mesi prima di morire, sulla propria esperienza. «È stata lei a prenderci per mano e a farci comprendere come la morte non è la fine di tutto: grazie a lei, come genitori, abbiamo capito la bellezza di quel che ci era stato donato e non la disperazione di quel che ci veniva tolto».

«In ospedale – racconta la ragazza nel filmato – ho visto tanta sofferenza, anche dei bambini, ma ho capito che l’amore è il sentimento più grande, quello che racchiude tutti gli altri. Tutto porta all’amore».

Ma nella sua malattia, com’è normale, Giulia ha vissuto anche il dubbio e la disperazione: «A un certo punto mi sono chiesta: “se Dio mi è veramente vicino, perché sta a guardare?”». A sbloccarla, ancora, è stato un incontro, quella con una signora nella Basilica di S.Antonio a Padova (dove si trovava per le cure) che le prese la mano e le disse: «sii forte, va’ avanti, ce la farai…». Per questo, ha spiegato il padre, «negli incontri che facciamo in tutta Italia non facciamo memoria di Giulia, ma continuiamo a camminare con lei». Le stesse testimonianze, la giovane, le faceva quand’era ancora in vita. Ed era stata anche a S. Benedetto, il 1° novembre 2010, come ha ricordato Paolo Polizzi, salesiano cresciuto proprio nella parrocchia ferrarese e che un anno fa ha emesso la Professione Perpetua a Bologna. «Era lei – ha raccontato – a darci serenità: quel giorno ho pranzato al suo fianco e sembravo io il malato, non lei…».

Il cammino di Giulia prosegue anche grazie all’Associazione “conGiulia Onlus” (nata dai genitori e dagli amici), per realizzare progetti da lei desiderati, rivolti in particolare ai giovani e ai bambini malati, con un’attenzione speciale alla realtà della Scuola in Pigiama dell’Ospedale di Bergamo. 

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 gennaio 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

«Solo con Te la mia vita è piena»: Sandra Sabattini è Beata

25 Ott

Cerimonia il 24 ottobre a Rimini. Inquietudine e fede nei suoi diari: «siamo nati per la noia o per l’amore?»

Il terrore del nulla, la consapevolezza, a un tempo, della miseria dell’essere mortali e dell’infinita bellezza di essere figli di Dio.
Sandra Sabattini, vissuta a Rimini, una vita spesa con la Comunità Papa Giovanni XXIII nella vicinanza ai disabili gravi, ai tossicodipendenti, ai poveri, muore il 2 maggio 1984 a soli 22 anni in seguito a un’incidente stradale avvenuto pochi giorni prima. Il 2 ottobre 2019 Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del Decreto che riconosce «il miracolo, attribuito all’intercessione di Sandra Sabattini relativo alla guarigione da un tumore maligno di Stefano Vitali, ritenuta scientificamente inspiegabile». La beatificazione di Sandra, inizialmente fissata al 14 giugno 2020, a causa della pandemia è stata rimandata al 24 ottobre scorso nella Cattedrale di Rimini. I suoi resti mortali si sono decomposti nella tomba, ma il sarcofago destinato ad accoglierli è stato collocato nel 2009, come monumento, nella chiesa di San Girolamo a Rimini.

I suoi diari (ed. “Sempre”) sono un’incredibile testimonianza di un’anima inquieta alla ricerca di Dio. «Vedendo una persona non vedo quella persona, ma il Cristo. Voglio portare la salvezza, cioè Cristo», scrive a 14 anni. Ma non mancano dubbi e tormenti: «questa sera mi sento piena di niente», scrive ad esempio due anni dopo, oppure rivolta al Signore: «sono meschina e sinora nel dolore Ti ho sempre dimenticato. Puoi perdonarmi ancora una volta?». E ancora: «È più forte di me cercare il perché a tutte le cose, pormi in un continuo dubbio. Probabilmente non sarò mai una persona felice», è un pensiero affidato al diario a 17 anni. Ma poche righe dopo riflette su «tutte le volte che mi perdevo (credevo di essere sola) nella mia solitudine e non capivo che Tu eri con me».

La tensione è sempre sul cuore delle questioni, su quelle corde dell’umano che ne fanno l’essenza più drammatica, più autentica: «Tutti sono destinati a giacere, freddi, su un freddo marmo»; «a che serve vivere se poi si deve morire? (…) Ma la vita cos’è: un’attesa prolungata della morte? (…) Perché siamo nati? Per la noia di queste ore o per l’attesa del meglio? (…) Per la misteriosa forza che mi fa sentire che sopra di me c’è qualcuno che ha un disegno d’amore sulla mia vita e che io non posso far finta d’ignorare perché parte inalienabile di me?».

Inestirpabile in lei è quel bisogno di Assoluto: «sento che solo vivendo con Te, per Te e in Te la mia vita è gioia, è piena, è realizzata». Fino a quelle ultime, strazianti righe affidate al diario appena due giorni prima del tragico incidente: «Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. Non c’è nulla a questo mondo che sia tuo. Sandra, renditene conto! È tutto un dono su cui il “Donatore” può intervenire quando e come vuole. Abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora».

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 29 ottobre 2021

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Carlo Acutis e quel legame con Gesù 

25 Ott

Il 30 ottobre testimonianza della madre a Berra. Appena edite le sue memorie sul figlio da poco Beato

«Essere sempre unito a Gesù, questo è il mio programma di vita». Sono alcune parole di Carlo Acutis, beatificato ad Assisi nell’ottobre 2020.

Figlio primogenito di Andrea Acutis e Antonia Salzano, Carlo nacque a Londra, dove i genitori si trovavano per motivi di lavoro del padre, il 3 maggio 1991. Trasferitisi a Milano, assiduo frequentatore della parrocchia, allievo delle Suore Marcelline e poi dei Gesuiti al liceo, fu nella sua città instancabile “missionario” per gli ultimi, gli afflitti. Una carità quotidiana e mai gridata, la sua. Colpito da una forma di leucemia fulminante, la visse come prova da offrire per il Papa e la Chiesa. Morì il 12 ottobre 2006. I suoi resti mortali dal 6 aprile 2019 riposano nella sua amata Assisi.

Al giovane Beato saranno intitolati i locali della parrocchia di Berra, guidata da don Francesco Pio Morcavallo. Per l’occasione, oltre al nostro Arcivescovo sarà presente anche la madre Antonia Salzano. Il programma prevede alle ore 15 la testimonianza di quest’ultima, alle 16.30 la cerimonia di intitolazione e l’inaugurazione della mostra sui Miracoli eucaristici ideata dallo stesso Acutis, e alle 17.15 la S. Messa di ringraziamento.

Proprio la madre di Acutis è l’autrice di un libro uscito da alcune settimane per le Edizioni Piemme, dal titolo “Il segreto di mio figlio. Perché Carlo Acutis è considerato un santo”, scritto con Paolo Rodari. «Non voglio che Carlo sia ricordato come un Superman», spiega nel libro. «Era un bambino e poi un adolescente come tanti altri che però ha sempre voluto e saputo confidare nell’amore di Dio. Una strada, la sua, possibile a tutti». Poco prima di morire, alla madre Carlo disse di stare tranquilla perché dal Cielo le avrebbe mandato molti segni. Proprio Carlo, quand’era ancora in vita aiutò lei e suo padre a riconvertirsi: «mi mostrò come vivere in chiave d’Eternità il mio tempo», scrive Antonia.


«Siamo destinati alla “co-eternità”»

«L’esistenza dovrebbe essere una continua preparazione alla morte. Non dobbiamo lasciarci andare a terrificanti tentazioni di avvilimento e di terrore, ma neanche essere superficiali e negligenti». Queste di Carlo Acutis sono parole che lasciano ancor più interdetti alla luce della repentina conclusione della sua esistenza terrena.

«L’uomo si affanna a ricercare sempre nuove risposte su cosa ci sia o meno dopo la morte», scrisse ancora. «In effetti la morte rappresenta per ciascuno di noi la realtà più vera (…). La morte è, per la maggior parte delle persone, il salto nel non esistere». Ma tutta l’umanità che vive sulla terra ora è «finalmente, illuminata. Illuminata, cioè liberata, salvata, redenta. Da chi? Da Cristo». In Lui, scriveva il giovane Carlo con una lucidità disarmante, «siamo stati elevati allo stato soprannaturale, redenti e salvati, siamo destinati all’Eternità con Dio, la “co-eternità”». Con un linguaggio spontaneo e originale, profondo, Carlo rifletteva così: «Se ci abituiamo alle cose di Lassù, se prendiamo confidenza con l’Oltre, se consideriamo la vita come un trampolino per l’Eternità, allora la morte diventa un passaggio, diventa una porta, diventa un mezzo». Allora vedremo la morte «nella luce, nel calore e nella vittoria di Cristo Risorto».

Ripeteva spesso: «Non io ma Dio»: «la conversione non è un processo di aggiunta, ma di sottrazione, meno io per lasciare spazio a Dio». Ma oggi prevale la «mentalità del “giù”», «una mentalità meramente orizzontale, materialista, senza ideali, senza spinte all’insù». Un grande insegnamento da un ragazzo morto ad appena 15 anni. 


«Occorre umanizzare il mondo con l’Eucarestia»

La testimonianza di Carlo acquista ancor più valore nel’Anno giubilare che la nostra Chiesa locale sta vivendo. Nell’Eucarestia, scriveva Carlo, «Gesù è con me e io con Lui, come un fatto estremamente personale, individuale. Questo contatto diretto tra me e Gesù avviene attraverso l’Eucarestia e la fede». «Gesù – è ancora il suo pensiero – pone in atto uno strettissimo e intimassimo legame con Lui. Legame a livello di vita. Legame a portata di Eternità. Gesù e noi. Gesù con noi. Gesù per noi. Gesù in noi».

Per questo non si parla mai abbastanza della fonte del nostro essere Chiesa. «Bisogna dimostrare, documentare, testimoniare che l’Eucarestia esiste. Basta voltare l’angolo, basta girare la porta, basta entrare in una chiesa qualunque…C’è gente in ginocchio. C’è cerimonia in corso. C’è qualcosa. C’è qualcuno. Domandiamo. Interroghiamo. È la prova documentale, è la prova testimoniale, è la prova pressoché palpabile dell’influenza dell’Eucaristia. Allora ha il sacrosanto diritto di cittadinanza. Se ne deve parlare. Se ne deve avvertire la realtà». L’Eucaristia, «farmaco d’amore» – come l’ha definita Papa Francesco nell’ultima Solennità del Corpus Domini -, per Acutis «deve entrare in questo mondo e confondersi con tutti coloro che di questo mondo vivono. Occorre liberarlo, occorre purificarlo, occorre umanizzarlo con l’Eucaristia».

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 29 ottobre 2021

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Quella santità “feriale, piccola, di tutte/i e comunitaria”

11 Mar

L’Ottavario di S. Caterina Vegri si è concluso sabato 9 marzo con la riflessione di Cristina Simonelli sulla “Gaudete et Exsultate”

5051L’importanza di “fiutare il buon profumo della santità, a prescindere dal nome con la quale è chiamata”, scoprendo quella “trama condivisa di santità sparsa nel mondo, che attraversa tutti”. Amare usare un linguaggio vivace e appassionato Cristina Simonelli (Presidente del Coordinamento delle teologhe italiane) per tentare di spiegare e di riflettere insieme a chi l’ascolta, su cosa sia la santità. Lo ha fatto anche nel pomeriggio di sabato 9 marzo nel Monastero del Corpus Domini di Ferrara, nella giornata conclusiva dell’Ottavario di S. Caterina Vegri, dedicato appunto al tema della santità e della bellezza. Nel suo intervento dedicato in particolare all’Esortazione apostolica “Gaudete et Exsultate” (GE), la Simonelli ha voluto innanzitutto omaggiare S. Caterina Vegri, richiamando la sua “pietas verso la fragilità dei corpi e dei volti”. Da qui il collegamento con la Misericordia, tema quanto mai centrale nel pontificato di Francesco, scandito, non solo in GE, dal tema della gioia (“Evangelii Gaudium”), della letizia (“Amoris Laetitia”), e della lode (“Laudato si’”). “Il documento ha un cuore biblico, rappresentato dalle Beatitudini – ha spiegato -, ma vi è anche un cuore del cuore stesso, la cosiddetta regola del volto, che ha come bussola Mt 25, 45: “ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l’avete fatto a me”. Torna quindi la sopracitata “pietas davanti al corpo” del prossimo, come, ad esempio, può essere quello dei “naufraghi, che è quasi come stare davanti a una reliquia, a un ex-voto”, e da qui il legame col periodo quaresimale, “nel quale ognuno è chiamato a un cammino penitenziale, a porsi in ginocchio davanti alle ’reliquie’ del corpo del Signore”. Da ogni pagina di GE emerge proprio questa “spiritualità di santità”, intesa come “profondità evangelica di forma di vita”. Ricorrente è, innanzitutto, il discorso sui cosiddetti “santi della porta accanto” (GE 6-9): “Non pensiamo solo a quelli già beatificati o canonizzati”, scrive Francesco. “Lo Spirito Santo riversa santità dappertutto nel santo popolo fedele di Dio […]. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante. Questa è tante volte la santità ‘della porta accanto’, di quelli che vivono vicino a noi e sono un riflesso della presenza di Dio, o, per usare un’altra espressione, ‘la classe media della santità’ ”. Questa “santità di tutte e di tutti”, una “santità feriale”, è possibile incontrarla “nella quotidianità di una vita buona”. L’idea, dunque, è che la strada sia “luogo di santità”, luogo di uscita verso il prossimo, e al tempo stesso (una cosa non esclude l’altra) lo è anche “la casa”, la prossimità familiare. Una santità, questa, come accennato, “leggera ma non superficiale, nel senso che non si tratta di un lavoro al ribasso”, e che, anzi, può arrivare – ma non necessariamente – al “martirio”. E’ anche – ha proseguito la relatrice – una “santità diffusa in un mondo che, certo, è teatro di un dramma ma anche luogo dove possiamo sentire la sintonia con le nostre sorelle e i nostri fratelli, respirare la santità ovunque, anche in persone che chiamano Dio in un altro modo, o che non lo chiamano proprio”. Possiamo perciò “fiutare il buon profumo della santità, a prescindere dal nome con la quale è chiamata”, scoprendo quella “trama condivisa di santità sparsa nel mondo, che attraversa tutti”. Infine, la santità è anche quella “dei piccoli particolari” (GE 144) e non può non essere “santità della comunità, intesa come salute della nostra vita comune, matrice nella quale sanamente si può sviluppare la santità di ognuno. Ciò, naturalmente, non toglie l’influsso dello Spirito – ha concluso la Simonelli -, ma è importante per capire che non solo questo agisce, ma anche lo spirito condiviso”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 15 marzo 2019

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“Si è fidata di Dio anche nel buio più totale: per questo Laura è una santa”

21 Gen

Una “santa in mezzo a noi”, che “sapeva riconoscere gli attimi di vera felicità come assaggi di eternità”: questa è stata Laura Vincenzi. Il 18 gennaio a Tresigallo si è svolta la prima presentazione della riedizione delle sue “Lettere”, con l’intervento di Guido Boffilaura 3

La presenza di una persona cara che non è più in mezzo a noi, continua a manifestarsi con la forza delle sue parole, nel ricordo vivo della sua voce, dei suoi occhi, del suo sorriso. Così è in modo straordinariamente forte, per Laura Vincenzi. La presentazione della nuova edizione delle sue “Lettere di una fidanzata” (Editrice AVE, 2018) – svoltasi per la prima volta il 18 gennaio a Tresigallo nella Casa della Cultura-Biblioteca Comunale (grazie ad Azione Cattolica diocesana, AC Tresigallo, Associzione “Amici di Laura”, Biblioteca comunale Tresigallo e col patrocinio del Comune di Tresignana) – ha permesso ad amici, famigliari, o semplicemente suoi ammiratori, di ritrovarsi davvero nel suo sorriso, nei suoi “occhi di cielo”, nel misticismo così concreto delle sue parole scritte all’allora fidanzato Guido Boffi. Circa 150 i presenti, accolti dai saluti di Anita Arlotti, responsabile della biblioteca e dalla presentazione di Miriam Turrini, che – nel ripercorrere brevemente la sua vita e la diffusione della sua testimonianza di fede – ha voluto sottolineare come “Laura ha saputo affrontare la malattia con grande tenacia e perseveranza, volendo continuare a vivere la propria quotidianità”. Ricordiamo che la prima edizione delle “Lettere” di Laura uscì per una piccola casa editrice, Luciani, mentre la seconda, nel 2000, per “Città Nuova”. Dopo una lunga pausa, nel 2012 l’allora presidente diocesano di Azione Cattolica Fausto Tagliani ha voluto riprendere il lavoro di studio su Laura, permettendo di arrivare, nel dicembre 2016, all’apertura della causa di beatificazione, e successivamente alla mostra a lei dedicata, “peregrinante” nella nostra Diocesi e non solo. Le letture di alcuni brani delle lettere, a cura di Gian Filippo Scabbia, con l’accompagnamento alla chitarra di Roberto Berveglieri (che ha eseguito anche una musica scritta apposta per Laura), hanno intervallato l’intervento di Guido Boffi, che ha curato la riedizione: “questo volume – ha spiegato – è al tempo stesso un libro antico e nuovo. Venti o trent’anni fa non esistevano smartphone o social network, ma la vita e le parole di Laura si diffosero comunque, affascinando molte persone. Spesso capita che nei momenti di prova, di sofferenza, le risorse calino, ci si chiuda agli altri e a Dio. Al contrario, nonostante la sofferenza, Laura scelse di avviare un percorso affettivo, dimostrandosi aperta, leale, disponibile con chiunque ne avesse bisogno. Io e Laura – ha proseguito – nel sentimento che ci univa, abbiamo scoperto di più di una relazione a due: fin dagli inizi, infatti, la percezione era che il rapporto che ci legava fosse qualcosa di più rispetto a noi. L’altro – abbiamo compreso – è un luogo meraviglioso per tirar fuori il meglio di sé. Soprattutto oggi che nel rapporto di coppia sembrano spesso dominare la vanità e l’appagamento di sé, è importante comprendere come nell’aprirti all’altro, ti accorgi che oltre a voi due c’è un Altro, Dio, che ti fa tirar fuori le risorse migliori, che non immaginavi di avere”. Così, Laura, anche dopo l’amputazione del piede, “non si è chiusa agli altri e a Dio, ma ha percepito questa relazione, questo sentimento con Lui, la Sua presenza: si è fidata di Dio, anche nel buio più totale, ha continuato a vedere il faro oltre la prua della propria nave, proseguendo in quella direzione. Ciò non significa che non abbia avuto timore, ma questo le ha fatto sentire il bisogno di un quotidiano esercizio spirituale, costante e continuo, che ha compiuto fino all’ultimo, per tenere a bada paure, e per rimanere aperti agli altri e all’Eterno”. “Laura – ha proseguito Guido commovendo i presenti – era una persona trascendente”, la sua era dunque davvero una “visione escatologica, che va oltre, ma che al tempo stesso non le impediva di vivere il presente, riconoscendo gli attimi di vera felicità come assaggi di eternità”. Laura è dunque stata “una santa nel riuscire a percepire sempre la vicinanza profonda di Dio. In lei quindi non vi era una semplice buona indole, ma qualcosa di più. Questo dimostra anche che i santi sono ‘a portata di mano’, e che hanno le nostre stesse paure”. L’ultima riflessione Boffi ha voluto dedicarla ai possibili destinatari del messaggio di Laura: “penso che possa arrivare non solo ai malati, ma avere un impatto positivo forte anche su chi ha grandi carenze spirituali, su chi ha il deserto nel cuore”. In generale, però, “può aiutare tutti noi a migliorarci, per cercare di conquistare un posticino nel cuore di Dio”. Testimonianze di amici e famigliari La serata è stata ulteriormente arricchita da alcune spontanee brevi testimonianze e riflessioni di persone presenti. Annamaria Valenti ha spiegato: “la conobbi a un campo di Azione Cattolica Ragazzi, io ero responsabile diocesana ACR e lei una delle bambine che partecipavano al campo”, mentre la sorella di Laura, Silvia (presente insieme ai genitori Odo e Luisa e ai fratelli Paolo e Giorgio), ha preso la parola per testimoniare come “anche per noi famigliari le sue lettere in un certo senso sono state una scoperta. Era una ragazza semplicissima e normalissima, ma non conoscevamo tutto il suo lavoro interiore. Leggendo le sue parole, mi viene da paragonarla a un’atleta che si prepara a scalare una montagna, e, una volta arrivata in cima, respira aria pura. Anch’io, leggendo le sue lettere, ho avuto la sensazione di respirare aria pura”. E’ poi intervenuta una signora che ha conosciuto la storia di Laura grazie alla tappa della mostra a lei dedicata nella diocesi di Bologna. “Mi sono sentita travolta dalla sua gioia e dalla sua speranza, Laura mi ha davvero attratta a sé”, sono state le sue parole. Ha quindi preso la parola Patrizio Fergnani: “vorrei sottolineare anche la grande capacità di scrittura e di riflessione di Laura. Il padre conserva tutto il suo materiale, dal primo quaderno delle elementari. Laura non è solo un ricordo ma una presenza reale”. Infine, è intevenuto Fausto Tagliani: “la scoperta importante, soprattutto per la Chiesa di Ferrara-Comacchio, è proprio questa: che i santi sono in mezzo a noi”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” il 25 gennaio 2019

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