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Rock’n’roll theology: Springsteen e la fede

10 Mag

In vista dello storico concerto di Bruce Springsteen a Ferrara il 18 maggio, scopriamo come in molti dei suoi testi siano presenti le domande della fede: vita e peccato, morte e redenzione, comunione e salvezza. Un viaggio nell’umano

di Andrea Musacci

Spesso si riduce a un gioco ozioso il voler attribuire etichette di “cristianità” a scrittori, registi, cantanti. La bellezza nell’indagare la loro spiritualità spesso non dichiarata, d’altra parte, porta alla luce come l’immaginario biblico (neo e vetero testamentario) sia così radicato nelle nostre vite da non poterlo eludere. Ed è una forza, la sua, non derivante da veri o presunti “indottrinamenti” ma dalla radicalità di come l’umano e il divino vengano, in ogni pagina della Bibbia, sviscerati, dando una risposta alla sete di verità e di assoluto insita in ogni persona.

Questa premessa per dire di come anche la poetica di un grande cantautore come Bruce Springsteen – che il prossimo 18 maggio si esibirà al Parco Urbano di Ferrara con la sua E Street Band – sia infarcita di parole e immagini legate al tema della colpa, della salvezza, della comunione.

Ne parla ad esempio Luca Miele, giornalista di “Avvenire”, nel suo libro “Il vangelo secondo Bruce Springsteen” (Claudiana ed., 2017), che l’autore presenterà il 13 maggio alle ore 18 nella sede di “Accademia” (chiostro chiesa di San Girolamo, accesso da via Savonarola), nell’incontro dal titolo “Everybody’s Got A Hungry Heart. Un viaggio alla riscoperta di sé nella musica di Bruce Springsteen”.

È lo stesso Miele a chiedersi innanzitutto se nel caso di Springsteen si possa parlare di “rock’n’roll theology”, o meglio di teologie (al plurale) nei suoi brani, vista l’ambivalenza e la frammentazione del tema religioso in esse contenuto. Di certo c’è, ad esempio, il legame con la “teologia nera” contenuta nei gospel e negli spiritual. 

CATTURARE LA VITA

E come nella musica del riscatto e della redenzione dei neri, è l’esistenza concreta, di carne e sangue, a essere imprescindibile. La sua ricerca, insomma, si muove sempre coi piedi per terra, pur con uno sguardo capace di rivolgersi verso l’alto. Springsteen – scrive Miele nel libro – sa «muoversi, senza rotture, con disinvoltura, tra i campi del secular e del religious. Infondere, catturare la vita – esprimere le sue cadute, le sue speranze quotidiane – dentro e con un tessuto di simboli, immagini, figure trasparentemente religiose. Springsteen, però, non decide né per l’uno né per l’altro, la sua scrittura si muove in quello spazio di indistinzione tra secular e religious, tende gli orli di secular e religious fino a farli toccare, li spinge a sconfinare, a ibridarsi, contaminarsi. Uno restituisce, specchiando, l’altro. La liberazione è qui, è ora». E ancora: «Lo storytelling di Springsteen non mira a svelare il mistero, ma a incarnarlo nelle vite che canta. Non mira a sciogliere il secular e il religious, ma a rendere trasparente la loro cucitura». 

IL PADRE E LA CASA: AMBIVALENZE

A Freehold, nel New Jersey, dove visse l’infanzia e l’adolescenza, Bruce frequentò la primaria nell’istituto della sua parrocchia, la St. Rose of Lima, per poi trasferirsi alla Freehold High School dove si diplomò nel 1967. L’approccio del giovane con la scuola cattolica fu difficile, in quanto non accettò la disciplina imposta dalle suore. A questo, si aggiunse il difficile rapporto col padre Douglas, costretto a cambiare vari lavori per mantenere la famiglia (Bruce ha due sorelle), e malato di depressione. Proprio il tema del padre torna spesso nei suoi brani, in una continua lotta con questa figura, nel tentativo di allontanarla, di comprenderla e infine di riconciliarla a sé. 

Un percorso lungo, questo, che passa nelle sue canzoni dall’immagine del peccato ereditato, nelle forme della malattia mentale (la depressione, appunto) e della malattia dell’anima (l’incapacità di amare): «la catena dell’amore è la catena del peccato», è una «de-generazione», scrive ancora Miele. Il lavoro – simbolo della figura paterna – è vissuto, esso stesso come colpa da espiare.

«Molte delle mie canzoni hanno a che fare con l’ossessione del peccato», ha riconosciuto lo stesso Springsteeen. Da questo abisso, ne uscirà solo con l’amore per una donna e per il loro figlio, diventando quindi egli stesso padre. 

Ma lo stesso luogo domestico, protetto e pieno di calore, può nascondere fantasmi che ritornano, mali mai del tutto sconfitti: «posso sentire la soffice seta della tua camicetta / e quelle leggere emozioni nella nostra piccola casa divertente / poi le luci si spengono e siamo solo noi tre / io, te e tutte quelle cose di cui abbiamo paura (…) / Un uomo incontra una donna e questi si innamorano / ma la casa è infestata» (Tunnel of love, 1987). O ancora: «Stasera il nostro letto è freddo / Sono perso nel buio di un amore / Dio abbia misericordia dell’uomo che dubita delle sue certezze» (Brilliant Disguise, 1987).

La casa è quindi infestata dall’ospite del male. E dalla certezza che è un ospite sempre inatteso, sempre indesiderato: «Io non riesco a capire neppure ciò che faccio», scrive San Paolo: «infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio» (Romani 7, 15-19).

NELLA COMUNITÀ, OLTRE LA COMUNITÀ

Come uscire dalle sabbie mobili in cui il male ci trascina, dalla sua mano che non ci lascia la gola? «La salvezza individuale, o qualcosa che le si avvicina, esiste veramente?», si è chiesto alcuni anni fa Bruce Springsteen. «O non è forse che nessuna salvezza individuale è possibile, e che qualsiasi forma di salvezza si realizza soltanto stando insieme? Dopo tutti questi anni sono convinto che la risposta sia chiara: non c’è salvezza senza unità». È la comunità, è l’altro a salvarci, ogni volta. In un altro brano, Land of hope and dreams (2001), scrive Miele, «è la comunità intera a essere il luogo in cui si fa, in cui si tenta, in cui ci si approssima, in cui si incarna la liberazione. La comunità è il farsi stesso dell’evento liberazione». Nulla di astratto, di vanamente idilliaco, quindi. Ma nemmeno qualcosa che possa ridurre tutto alla fragilità dell’esistere terreno. Ancora Miele: «Nelle canzoni di Wrecking Ball (2012, ndr), la giustizia è insopprimibilmente legata a un rinvio, si situa in un altro orizzonte, rimanda a una eccedenza, si disloca. Questo orizzonte, questa eccedenza, è la trascendenza». L’inappagabile può essere appagato solo da qualcosa di incommensurabile.

LA RISURREZIONE, L’ASCESA VERSO “L’ALTRO MONDO”

In The Rising, l’album dedicato agli attentati dell’11 settembre 2001, sempre presente è la tensione fra quell’abisso di polvere, fantasmi, corpi straziati (quel Nothing man, uomo annullato nel suo corpo, nella sua speranza), e l’urgenza di «articolare l’inarticolabile, trasformare il grido in dolore, il dolore in rappresentazione, la rappresentazione di ciò che sfugge alla presa di ogni rappresentazione – il vuoto, la perdita, la morte – in senso». La morte, quindi, non è l’ultima parola, sembra dirci il cantautore. Nella sua autobiografia, è lui stesso a scrivere: «Tra le tante immagini tragiche di quella giornata, ce n’era una in particolare che non riuscivo a togliermi dalla testa: quella dei soccorritori che salivano mentre gli altri scendevano di corsa per salvarsi. Quale senso del dovere, quale coraggio c’era dietro quell’ascesa verso…che cosa? L’immagine religiosa dell’Ascensione, il superamento del confine tra questo mondo, un mondo fatto di sangue, lavoro, famiglia, figli, fiato nei polmoni, terra sotto i piedi, tutto ciò che è vita, e…l’altro mondo (…). Insieme alla rabbia, al dolore e al lutto, la morte apre una finestra di possibilità per i vivi, rimuovendo il velo che “l’ordinario” ci posa delicatamente sullo sguardo. Aprirci gli occhi è l’ultimo, amorevole dono del martire».

In questo immolarsi risuona il grido della Croce presa su di sé per la salvezza, in quella salita che è, insieme, al Golgota (alla morte) e al Cielo. Contro le macerie del male, il desiderio è di innalzarsi verso quella luce che non muore.

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 12 maggio 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

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Roberto, fan da quando aveva 10 anni: «un incontro che mi ha cambiato la vita»


Roberto Mela (a sinistra) assieme a due amici (Caterina Maggi e Francesco Turrini) nel 2016 al concerto di Bruce Springsteen al Circo Massimo di Roma

«Undici anni fa lo vidi per la prima volta in concerto: quel giorno mi cambiò la vita». Roberto Mela ha 26 anni, è praticante commercialista e ha una passione smisurata per tutto ciò che riguarda Bruce Springsteen. Il 18 maggio, naturalmente, sarà uno degli oltre 50mila presenti al Parco Urbano. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

Come e quando hai conosciuto Springsteen?

«A casa mia abbiamo sempre “respirato” la musica di Springsteen:mio padre è andato a sentirlo nel suo primo concerto in Italia, lo storico San Siro del 1985, e da allora non ha mai smesso. Nel 2007, lo ricordo bene tornare a casa dal negozio di dischi con il cd nuovo: qualche giorno dopo l’ho ascoltato da solo. L’album si apre con Radio Nowhere: rimasi folgorato da quell’intro».

Il primo concerto, invece?

«Fu l’indimenticabile notte di Firenze del 10 giugno 2012: ha piovuto tutto il tempo, tornai a casa fradicio ma con il cuore pieno. Quella sera vidi sul palco un uomo che dava veramente tutto per ciò che amava fare. Quante volte nel lavoro ti capita di incontrare gente così? Quel giorno mi cambiò la vita, fu uno dei miei primi concerti e se da allora sono andato a più di cento live di artisti diversi, in Italia e all’estero, è solo per ritrovare quel che ho visto quella sera in lui».

Quali altri suoi concerti hai visto?

«Nel 2013 a Padova e a Milano, nel 2016 a Roma e di nuovo a Milano. E dopo Ferrara, il prossimo 16 giugno andrò a sentirlo a Birmingham…».

Cosa ti ha colpito la prima volta della sua musica?

«Dei suoi testi mi colpisce come sia capace di trattare i temi della vita di tutti i giorni, dagli amori ai dolori, dalla famiglia al lavoro, con un tono che esalta la realtà dei personaggi».

Immagino sia difficile, ma se dovessi scegliere una sua canzone…

«Thunder Road. Springsteen l’ha sempre definita come “un invito” e per questo l’ha messa come prima traccia dell’album Born To Run».

I suoi testi sprigionano religiosità. Come definiresti la sua fede?

«Nell’autobiografia Springsteen parla chiaramente della sua fede, di come la sua formazione cattolica non l’abbia mai lasciato. In un’intervista disse:”Io frequentavo una scuola cattolica. L’anima non è un’astrazione per un bambino. È molto reale. La prendi alla lettera. E l’immaginario cattolico, così come la Bibbia, è un modo straordinario di esprimere il viaggio dell’uomo, dello spirito umano. Io ritorno a quelle immagini d’istinto”. In un’altra, in merito al disco The Rising, ha affermato:”Penso che le canzoni facciano appello a una sovrapposizione sfumata di queste idee: il religioso e la vita quotidiana devono in certo qual modo fondersi”, per cui egli afferma di muoversi “verso un immaginario religioso per spiegare l’esperienza”. E nel 1988, prima di un concerto, introducendo la canzone Born To Run disse: “Alla fine ho capito che la libertà individuale finisce per non significare nulla se non è collegata a degli amici, a una famiglia e a una comunità”. È la stessa concezione di libertà individuale che ho incontrato nella compagnia della Chiesa, nella fraternità di CL».

Un’identità chiara, quindi, la sua…

«Sì. Anni fa, nei suoi spettacoli a Broadway, ripeteva: “Una volta che diventi cattolico, non puoi più uscirne”. E in quell’occasione, per 256 serate ha concluso i concerti recitando il Padre Nostro al pubblico».

Tre sue canzoni dove il tema religioso è più marcato, che vuoi condividere con noi? 

«Penso, fra le tante, a “Jesus Was an Only Son” e ad altre due in particolare: “Land of Hope and Dreams”, nella quale c’è una terra promessa a cui si può tendere insieme, che prende dentro tutti e questo dà senso alla comunione. La salvezza non è individuale ed è per tutti. E poi, “My City Of Ruins”, dell’album The Rising, scritto dopo l’attentato alle Torri Gemelle, in cui nel testo arriva a pregare il Signore per avere la forza di risorgere».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 12 maggio 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

A “Sagano in Note” arriva l’energia rock di Arianna Antinori

23 Lug

13690601_10154140401555210_1975186017035272301_nArianna Antinori con la sua grinta rock sarà la protagonista del nuovo appuntamento della rassegna musicale “Sagano in Note” al Bagno Sagano di Lido degli Scacchi. Oggi alle 21.30 vi sarà il live della “Janis Joplin italiana”: nel 2010, infatti, la Antinori vince il contest internazionale indetto dalla famiglia di Janis Joplin in occasione del quarantennale della sua scomparsa. Da lì nasce la collaborazione, che continua ancora oggi, con la storica band della cantante texana, i “Big Brother and the Holding Company”.

Nel 2012 inizia a lavorare con Jean Charles Carbone e Marco Fasolo al suo primo album omonimo “ariannAntinori” (uscito lo scorso ottobre) e l’anno successivo vince il concorso “L’Artista che non c’era” al CPM di Milano con in giuria, tra gli altri, Franco Mussida dei PFM e John Vingnola.

Da gennaio è in tour con una nuova e stabile formazione formata da Carlo De Bei (ex chitarrista dei Matia Bazar e di Mango), Giovanni De Roit (chitarre), Paolo “Pablo Drummadores” Bertorelle (batteria) e Manuel Bisetto (basso).

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 23 luglio 2016

Un poker di date al Clandestino. Stasera via con i Bloss

21 Apr

Bloss

Bloss

Quattro concerti, due di cantautorato e due jazz, fanno parte del programma primaverile organizzato al pub Clandestino di via Ragno, 50 a Ferrara. La rassegna nasce dal rinnovato sodalizio tra Clandestino d’Autore, rassegna rock curata da Carlo Bollani, e Downtown Tower, appendice di Ferrara in Jazz del Jazz Club cittadino.

Si parte questa sera alle ore 21.30 con i “Bloss”, band ferrarese post rock formata da Matteo Maragno (chitarra e voce), Mattia Cenacchi (chitarra), Stefano Boschiero (basso) e Nazareno Realdini (batteria). Il loro disco “…to hide ourselves in time” è stato registrato tra Brescia e Ferrara, ultimato nella primavera ’15 e uscito a settembre per WWNBB Music Collective. Maragno e Realdini sono i fondatori della band, alla quale si aggiungono per i live gli altri due musicisti.

Il secondo appuntamento è, invece, in programma giovedì 28 aprile, stessa ora, con Arianna Antinori, cantante che nel 2010 si è aggiudicata il contest internazionale dedicato a Janis Joplin. Antinori sarà accompagnata da Carlo De Bei (chitarra), Giovanni De Roit (chitarre), Paolo Bertorelle (batteria) e Manuel Bisetto (basso).

Infine, gli ultime due serate saranno in programma, sempre con inizio alle 21.30, il 5 maggio con Rich Double & Afrobeaters, e Hobby Horse il 12 maggio. Mentre quest’ultimi, dalle atmosfere free jazz, ambient, rock ed elettronica, sono composti da Dan Kinzelman (sax tenore e clarinetto), Joe Rehmer (contrabbasso) e Stefano Tamborrino (batteria), i primi sono formati da Mattia Dalla Pozza (sax alto), Daniele Santimone (chitarra), Glauco Benedetti (tuba) e Riccardo Paio (batteria).

Prima di ogni concerto, alle ore 20 vi sarà il dj set.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 21 aprile 2016

Bobby Solo, il rocker non tramonta mai

19 Ago

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Silvia Zaniboni e Bobby Solo sul palco del Puedes

Il concerto al sottomura di lunedì seguito da una folla, appassionati di tutte le età

Bobby a Ferrara non è certo rimasto…Solo. Una vera e propria folla l’ha, infatti, accolto e osannato per due ore durante il live di lunedì sera al Puedes Summer Night. Diverse generazioni si sono ritrovate sotto il palco, dalle studentesse appoggiate alle transenne alle signore più mature che cantavano a memoria, e a squarciagola, i classici della propria giovinezza. Tanti uomini e donne di ogni età per ascoltare gli evergreen che fan parte, lo si voglia o no, della colonna sonora della vita di ognuno.

La serata è iniziata con l’esibizione di Luca Bretta, 24 anni, studente alla Facoltà di Farmacia di Ferrara, e della sua band formata da Agostino Raimo, Enrico Dolcetto e Alan Bignardi, per un live sullo stile adolescenziale dei Lunapop. Dopo il messaggio lanciato da Riccardo Rizzardi dell’AVIS di Ferrara affinché in estate non vengano meno le donazioni di sangue, è salita sul palco la persona più attesa della serata, dopo Bobby Solo: Silvia Zaniboni, da poco più di un anno sua chitarrista, allieva di Roberto Formignani, e che proprio con Bretta ha mosso i primi passi, prima di essere scoperta da Solo, l’anno scorso, sul palco del Roxy Bar.

Bobby Solo durante il concerto

Bobby Solo durante il concerto

La “ferraresità” della serata è proseguita con l’esibizione, durante il live di Solo, della coppia di boogie woogie formata da Alice Formignani (figlia del sopracitato Roberto) e Mirco Dall’Olio. Inoltre, ha avuto l’onore di accompagnare Solo con la sua armonica anche Paolo Bertelli della Uncle Paul Blues Band (già esibitasi al Puedes). Lo “zio Bobby”, oltre la Zaniboni, è stato accompagnato da Giorgio Antoniazzi (basso), Marco Quagliozzi (tastiere) e Filippo Dallamagnana (batteria), quest’ultimo ferrarese, che suona con la Zaniboni nei Kozmic Floor, e che ha esordito proprio con lei e Bretta.

Silvia Zaniboni

Silvia Zaniboni

Ma torniamo al vero protagonista, a quel Bobby Solo che a 70 anni continua a trascinare e a divertire, con la sua camicia hawaiana, scarpe da tennis e l’immancabile ciuffo à la Elvis. Tra i brani eseguiti, Blue Suede Shoes, Always On My Mind, Johnny B. Goode, ma anche Estate di Bruno Martino, e alcuni suoi classici come Siesta, Zingara, Una lacrima sul viso, Se piangi, se ridi, Domenica d’agosto e Gelosia, «queste canzoni – dice scherzando – che hanno un po’ di naftalina». Dopo mezzanotte i saluti, «lo zio Bobby ora va a riposare», dice congedandosi, salutato da un vero e proprio tripudio del pubblico.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 19 agosto 2015

Qui le mie foto del concerto di lunedì sera sul sito de la Nuova Ferrara.

Qui, invece, il mio video dell’esecuzione di “Una lacrima sul viso” lunedì sera.

Bobby Solo a Ferrara, video e foto sul sito de la Nuova Ferrara

18 Ago

Qui il mio video della sua esecuzione di “Una lacrima sul viso” ieri sera.

Qui alcune mie foto sul suo live di ieri sera nel sottomura. 

Andrea Musacci

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AmbraMarie fa centro nel concerto al Summer Night

15 Ago

AmbraMarie 4 - CopiaHa grinta e femminilità da vendere AmbraMarie. Un connubio esplosivo di un’anima rock melodica e aggressiva al tempo stesso. Giovedì sera la cantante bergamasca, classe ’87, lanciata nel 2009 dal programma RAI X Factor, si è esibita sul palco del Puedes Summer Night per il programma che anticipa il Ferrara Buskers Festival. Evento al quale AmbraMarie parteciperà con la sua band, il 29 e 30 agosto, per il terzo anno consecutivo. Scarponi neri, ampio abito grigio, corpo esile e una voce graffiante che sa dominare il palco e trascinare il pubblico con energia.

AmbraMarie 3Preceduta dal live dei Kismet, rock band italiana, AmbraMarie è stata come sempre accompagnata da Raffaele D’Abrusco (basso e voci), Michele Vanelli (chitarra e voci) e Mattia Degli Agosti (batteria). Una trentina i brani eseguiti, tra inediti e cover del repertorio rock: ha spaziato da diversi suoi pezzi del primo album, 3Anni2Mesi7Giorni (2012), tra cui Viola, Sola e Cielo di ruggine, a un brano in anteprima, Nella stanza buia, del secondo disco al quale sta lavorando.

Numerose anche le cover della storia del rock, ottimamente reinterpretate: tra queste, All That She Wants degli Ace of Bace, Roxanne dei Police, Rehab di Amy Winehouse, Whole Lotta Love dei Led Zeppelin, Zombie dei Cranberries, Smells Like Teen Spirit dei Nirvana e Paradise City dei Guns N’Roses. Infine, segnaliamo a metà concerto l’interessante duo con Vanelli per la reinterpretazione acustica di Bambola di Patty Pravo e Bang Bang di Cher, che ha decisamente convinto il nutrito pubblico presente.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 15 agosto 2015

Rock Circus record trascinato dal duo Poltronieri-Cheval

29 Lug

Thomas Cheval e Andrea

Thomas Cheval e Andrea “Sax” Poltronieri

Si è concluso nel migliore dei modi il Rock Circus, festival in programma a San Bartolomeo in Bosco da venerdì a lunedì. La serata conclusiva ha visto protagonista la miscela esplosiva di ottima musica e tanta comicità del duo ormai consolidato formato da Andrea “Sax Machine” Poltronieri e dal giovane talento Thomas Cheval. Un duetto iniziato con le imitazioni e le battute fulminanti del comico ferrarese («il palco è cresciuto negli anni, ora sembra quello dei Pink Floyd!»), la parodia del tormentone estivo El Mismo Sol di Alvaro Soler, e proseguito con l’esecuzione di ben quattordici brani, tra cover e inediti del finalista di The Voice of Italy.

Tra i brani rivisitati dall’inusuale ma non improvvisata coppia, Ordinary people di John Legend, One day di Asaf Avidan, Angels di Robbie Williams (che Cheval ha eseguito insieme a Noemi durante la finale di The Voice), Someone like you di Adele, Let it be dei Beatles e una suggestiva versione di Billie Jean, radicalmente innovativa rispetto all’originale di Michael Jackson.

Il pubblico presente lunedì sera

Il pubblico presente lunedì sera

Tre, invece, sono stati gli inediti di Cheval: Allons danser, Nel buio, entrambe presenti nel suo ep appena uscito, a differenza dell’altro suo inedito, dedicato al nonno morto nei mesi scorsi. Nel finale, emozionante omaggio ad Amy Winehouse con l’esecuzione di Back to black e sketch a sorpresa con Poltronieri e la sua “Nives”.

La serata – iniziata alle 21 con i live dei Doctor’s in Mexico e dei Carichi Sospesi, e che ha visto la presenza sul palco anche di Maria Gilda Meduri, Miss Bologna 2014 – ha dunque confermato il grande potenziale di Cheval, svelando ancora una volta, insieme alla sua timidezza, un’ironia spontanea e coinvolgente, che ben si accompagna con l’irresistibile verve di Poltronieri.

Thomas Cheval

Thomas Cheval

Un successo, quello del duo, che suggella l’esito positivo del festival. Come ci conferma il Presidente Gianni Padovani, «l’edizione appena conclusa è stata tra quelle con il maggior afflusso di pubblico», una “rivincita” dopo l’edizione dell’anno scorso segnata dal maltempo. Oltre ai concerti, ha proseguito Padovani, «sono risultate vincenti le scelte dell’apertura dello stand gastronomico a mezzogiorno e del 1° Vespa raduno svoltosi venerdì scorso». Il Rock Circus, ha concluso Padovani, ha dimostrato di essere un «meraviglioso gruppo di amici, che ringrazio per avermi sempre appoggiato e ben consigliato».

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 29 luglio 2015

Rock Circus a San Bartolomeo

27 Lug

rocAppuntamento fisso delle estati ferraresi, torna anche quest’anno più infuocato che mai il Rock Circus, festival musicale in programma fino a lunedì sera al campo sportivo di San Bartolomeo in Bosco.

Oggi dalle ore 18 aperitivo con dj, alle 21.30 live della band ferrarese Dance with the bear (genere dance elettro-rock), poi alle ore 22.30 spazio al concerto dei Chevrolet 57 (rockabilly). Si prosegue quindi domattina a partire dalle 9 per il 1° incontro delle Fiat 500 d’epoca. Per l’occasione lo stand gastronomico sarà funzionante anche a mezzogiorno, e per l’occasione si esibirà il gruppo Unknown Kind Of Banana. Per pranzare prenotare al 338-9958407. Alla sera alle 21.30 live di Helldorado, tribute band Negrita, e alle 22.30 esibizione dei Free Jam (funky). Presenta la serata Serena Miller.

Lunedì gran finale: alle 21 live dei Doctor’s in Mexico (duo strumentale), alle 21.30 sarà il turno dei Carichi Sospesi (pop rock), mentre alle 22 è prevista l’esibizione del comico e musicista ferrarese Andrea “Sax Machine” Poltronieri insieme a Thomas Cheval, finalista al programma canoro su RAI2 “The Voice of Italy”.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 25 luglio 2015

I Vuoto Pneumatico tra poesia e sperimentazione sonora

12 Mar

Gianni Venturi e Giacomo Marighelli

Gianni Venturi e Giacomo Marighelli

I Vuoto Pneumatico di Gianni Venturi e Giacomo Marighelli sono reduci da una tappa a Roma, dove si sono esibiti sabato scorso al Teatro Lo Spazio. A partire dalle 23 hanno dato vita a una serata all’insegna della poesia e della sperimentazione sonora.

Ma chi sono i Vuoto Pneumatico? Il progetto tra Venturi, autore dei testi e voce, e Marighelli, chitarrista e creatore dei suoni, è nato da alcuni live all’insegna dell’improvvisazione, e continua l’omonimo spettacolo della compagnia Teatroscienza. Vuoto Pneumatico è anche il nome del loro album studio uscito l’anno scorso, tredici brani in tensione tra psichedelica malinconia e disperate esplosioni.

Mentre Venturi è il cantante dei Altare Thotemico, band prog-jazz-rock con all’attivo due album, Marighelli, invece, ha composto soundtrack per opere video e spettacoli teatrali, e con lo pseudonimo di Margaret Lee ha pubblicato tre album, tra cui l’ultimo, Margaret Lee presenta: Giacomo Marighelli (2013) ha ospitato Alejandro Jodorowsky, che ha concesso l’uso di una sua poesia registrata (nel brano Perdono).

Quello tra musica e poesia è un legame “naturale”, essenziale alle due espressioni artistiche, le cui sonorità si richiamano istintivamente a vicenda. Il progetto dei Vuoto Pneumatico dona a questo eterno legame forme originali, attraverso vertigini sonore, squarci di urla e flussi di immagini e parole a tratti inarrestabili. Le sonorità distorte e distopiche, materiche e visionarie, come i versi di Venturi, evocano la durezza della meccanica, industriale e post-moderna, abbinandola a drammi e passioni ferocemente esistenziali.

Prossime tappe il 30 aprile al Club Il Giardino di Verona e l’11 maggio al Bravo Cafè di Bologna. Per informazioni visitare il sito www.vuotopneumatico.com/.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara l’11 marzo 2015

“Back to school” replica stasera al Parco Urbano

21 Set

downloadOggi al Parco Urbano di via Bacchelli a Ferrara vi sarà la seconda delle tre serate del Festival “Back to School”, organizzato dal Camelot cafè. Dalle 19 dj set con Old School dj’s Antonio Strike Antonio Dondi & Mr.K Soul Squad e poi, dalle 21.45, spazio a due concerti di band ferraresi: “Go Koala”, Elettro Indie Pop band, e a seguire “Ni Na”, Elettro Rock band. Ultima serata sabato 27 settembre con i live di “Redworm’s Farm”, Nervous Post Rock band di Padova, i “Thee Mutandas”, Alt Punk band ferrarese e, per finire, i “Doctors in Mexico”, celebre instrumental Rock Duo ferrarese.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 21 settembre 2014