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Basso Ferrarese, ecco la ricerca CISL-CDS

31 Gen

Impresa, demografia, infrastrutture non vanno. Servono interventi pubblici. Una proposta seria

È ora disponibile il Rapporto finale del progetto di ricerca “Sulla sostenibilità socio-economica ed ambientale nell’Area Interna del Basso Ferrarese”, promosso da CISL Ferrara e a cura di CDS – Centro Ricerche Documentazione e Studi Economico Sociali OdV, con la Collaborazione Scientifica di Aurelio Bruzzo, già afferente al Dipartimento di Economia e Management UniFe. Qui il testo completo della Ricerca: urly.it/3149s2

Risulta evidente – è scritto nel testo – che nell’Area Interna Basso Ferrarese è presente «un circolo vizioso che ovviamente andrebbe interrotto, per poter lanciare un vero e proprio processo di sviluppo». Circolo vizioso «alimentato dallo spostamento al di fuori dell’area in oggetto di importanti risorse – come il capitale umano e presumibilmente anche il capitale finanziario» che «contribuiscono all’ulteriore impoverimento dell’Area Interna, soprattutto in termini di potenzialità circa un futuro sviluppo socio-economico. L’interruzione di tale circolo non può che avvenire attraverso l’adozione di una serie di misure d’intervento pubblico».

L’Area Interna – «anche a causa dello spostamento verso l’esterno – gode di una minore quantità di forza lavoro rispetto all’area rimanente che compone la provincia di Ferrara; inoltre si è appurato che nell’Area Interna sono maggiormente presenti le imprese di piccola o piccolissima dimensione, le quali molto spesso sono diffuse sul territorio, anziché essere agglomerate in apposite aree attrezzate destinate alle attività produttive (industriali e terziarie), come quella di San Giovanni di Ostellato. Tutto ciò comporta che le imprese localizzate nell’Area interna non usufruiscono né delle economie di scala né di quelle di agglomerazione; conseguentemente, esse sostengono costi di produzione molti elevati che vanno a ridurre i margini di guadagno registrati nei bilanci aziendali. La disponibilità di manodopera non particolarmente formata – salvo le debite eccezioni – contribuisce ad ottenere dalle iniziative imprenditoriali operanti nell’Area livelli di produttività e di redditività inferiori a quelli possibili, che si riesce invece ad ottenere al di fuori dell’Area».

Per quanto riguarda le famiglie, «a causa del basso livello di reddito pro capite goduto dai residenti nei Comuni dell’Area, i consumi che in parte potrebbero essere costituiti da autoconsumo, sono anch’essi limitati, per cui la domanda di beni di consumo avanzata nei confronti delle imprese produttive, locali e non, sarà anch’essa limitata», e quindi queste «riusciranno a produrre una quantità altrettanto limitata di beni».

Proseguendo, l’Area interna Basso Ferrarese si caratterizza per «un elevato livello di fragilità socio-demografica, a causa dello spopolamento e dell’invecchiamento della popolazione che rimane a risiedere, di frammentazione territoriale delle attività produttive e di una elevata, quanto paradossale differenziazione fra i Comuni che la compongono, che sono di diversa dimensione demografica e specializzati in attività tra loro diverse, ma non complementari».

Un’altra caratteristica propria di quest’area è rappresentata dalla «carenza di infrastrutture, sia materiali che immateriali, rispetto al resto del territorio provinciale in settori come quelli delle telecomunicazioni, del trasporto pubblico e, di conseguenza, della mobilità, mediante le quali si potrebbe favorire delle relazioni più intense e strette sia all’interno dell’Area stessa, sia con le aree contermini presenti nella provincia, a ovest e a sud, nonché con quelle delle province circostanti (in particolare Rovigo, Modena, Bologna e Ravenna). Le maggiori, sia in termini di frequenza che di intensità, relazioni consentirebbero ovviamente di incrementare gli scambi commerciali, sia con le attività produttive localizzate nelle aree menzionate, sia con quelle straniere attraverso infrastrutture logistiche e di trasporto – come le ferrovie e le banchine portuali – presenti in altre aree della regione, come la provincia di Ferrara». A tal proposito, importante è il recente progetto di Zona Logistica Semplificata, imperniata sul porto di Ravenna, «della quale però le attività produttive localizzate nell’Area Interna che volessero effettuare attività di import-export non potrebbero avvalersi di un collegamento diretto attraverso la Strata statale Romea (S.S. 309) o una adeguata rete ferroviaria, per ricorrere al polo logistico di Bondeno, situato molto più a ovest».

Andando avanti nell’analisi, si registra la totale assenza di un adeguato coordinamento tra i progetti di investimento pubblico finanziati mediante il PNRR, la politica di coesione europea e la STAMI (Strategie territoriali per le aree montane e interne, ndr), in sede di programmazione iniziale e a livello di intera Area interna». Andrebbe invece «individuata una sede o un soggetto istituzionale che riesca a svolgere una simile funzione di coordinamento».

Per concludere, i sopracitati necessari interventi finalizzati allo sviluppo reddituale e a quello del benessere sociale «dovrebbero essere effettuati in vari ambiti di competenza pubblica (dall’assistenza socio-sanitaria all’istruzione, dalla creazione di nuovi posti di lavoro duraturi e di qualità alla salvaguardia dell’ambiente, dalla valorizzazione turistica e culturale delle numerose località dotate di caratteri di attrattività, ecc.)»; e «dovrebbero puntare all’inversione del trend demografico e a favorire l’inclusione della nuova popolazione che volesse trasferirsi in questa area, che presenta numerose e inestimabili ricchezze ambientali». Il «recupero dell’attuale patrimonio residenziale, attraverso la sua ristrutturazione e l’adeguamento dal punto di vista energetico» è un intervento «mai stato preso in debita considerazione» ma significativo per il futuro di quest’area che ancora vive difficoltà e contraddizioni profonde che la rendono povera e poco attrattiva.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 31 gennaio 2025

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Vecchio, povero e fragile: il territorio ferrarese secondo l’Annuario CDS

18 Dic

La tradizionale fotografia socio-economica di fine anno, fra disuguaglianze e possibilità

I dati, si sa, sono sempre interpretabili, non sono mai dogmi assoluti. Forniscono, però, alcune chiare indicazioni sulla realtà. Realtà che spesso stentiamo a riconoscere, come nel caso della situazione socio-economica del territorio Ferrarese.Anche quest’anno, come negli ultimi 37, il CDS di Ferrara (Centro ricerca Documentazione e Studi economico sociali) ha presentato il proprio Annuario, il 13 dicembre  nella Sala Convegni CNA di via Caldirolo, realizzato con il Patrocinio di ISCO, Provincia di Ferrara e ASviS-Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile. L’Annuario 2024 – che ha come sottotitolo “Osserva Ferrara”- è stato presentato da Annalisa Ferrari e Gianpiero Magnani (Direttivo  CDS). Quest’ultimo ha spiegato come al suo interno vi siano i contributi di 50 autori che hanno utilizzato oltre 180 fonti per i dati e le informazioni necessarie. Il pomeriggio – molto partecipato – si è concluso con un ricordo di Paolo Micalizzi da parte di Sergio Foschi e la proiezione di “Lo sguardo e la memoria.Il sogno infinito di Paolo Micalizzi“, a cura di Roberto Fontanelli e Riccardo Modestino.

BRACCI: «SERVE CAMBIO DI PASSO»

Dopo i saluti di Anna Quarzi (Presidente ISCO) e Diletta D’Andrea (Consigliera Provincia di Ferrara) (assenti il Presidente provinciale  Garuti e quello regionale De Pascale), ha relazionato la Presidente del CDS Cinzia Bracci. Che ha innanzitutto fatto un piccolo annuncio: «stiamo pensando di tornare a realizzare anche un Annuario ad hoc sulla città di Ferrara». L’analisi della situazione socio-economica della nostra Provincia è impietosa: innanzitutto, com’è noto, in Regione il Basso Ferrarese è una delle zone più povere assieme a quelle montane. La distanza dalla via Emilia, insomma, fa la differenza. A livello demografico, la nostra Provincia in 20 anni ha registrato un calo da 360mila a meno di 340mila abitanti e siamo la Provincia con l’indice di vecchiaia più alto in tutta l’Emilia-Romagna. «E fino al 2031 la popolazione calerà ancora e pesantemente». A Ferrara, poi, l’età media è di 49 anni, 2 sopra quella regionale. «Con questi dati – ha proseguito Bracci – vi sono seri problemi di sostenibilità: servirebbero, soprattutto a livello nazionale, incentivi alla natalità e che impediscano l’emigrazione dei nostri giovani, oltre a politiche per una vecchiaia più attiva». Al riguardo, la Presidente ha citato una proposta di Pino Foschi, fondatore del CDS, di lasciare i lavoratori in età di pensionamento per alcuni anni in tandem sul luogo di lavoro coi più giovani.

A fianco della crisi demografica, vi è quella sociale: la nostra Provincia, in Regione, è quella con meno stranieri e «ciò è segno di poca attrattività produttiva». Spesso, poi, i lavoratori stranieri presenti sono stagionali.Forti differenze vi sono anche all’interno del Ferrarese, ad esempio nella percentuale di laureati/e (ad es., l’8,3% a Goro e il 38% a Ferrara). In ogni caso, in questo ambito «siamo ben al di sotto sia della media regionale sia di quella nazionale, nonostante un Ateneo in crescita». AUniFe, secondo Bracci, manca ad esempio «un Dipartimento di Agraria», in un territorio come il nostro ancora fortemente agricolo. Ancora sui giovani: il 16,1% non studia né lavora, altro «dato pesante». La fragilità economica, di conseguenza, è inevitabile: siamo la penultima Provincia come reddito imponibile medio, e come livello occupazionale nell’industria e nel terziario siamo sotto la media nazionale. Inoltre, il 62,9% delle imprese ferraresi è piccola come dimensioni. «È necessario – ha aggiunto Bracci – un cambio di passo, con innovazione e politiche serie. Altrimenti per la nostra Provincia sarà un disastro». Gli aiuti, da alcuni anni, ci sono ma «dei Fondi di coesione, appena l’1% lo usiamo in innovazione, contro il 33% a livello regionale, e quelli del PNRR non sappiamo se le future generazioni saranno in grado di restituirli», dato che in parte sono prestiti.

Anche a livello morfologico, il nostro è un territorio fragile, che va conservato e protetto: «non possiamo pensare che ce la caveremo per sempre».

BIANCHI E CALAFÀ: «TUTELARE IL LAVORO»

«Quello sulla nostra Provincia è, naturalmente, uno sguardo limitato ma nel suo piccolo ci fa comunque comprendere alcune trasformazioni in corso a livello nazionale, europeo e mondiale», ha riflettuto poi  Patrizio Bianchi (Cattedra UNESCO “Educazione, Crescita ed Eguaglianza”, UniFe). «Oggi nei  Paesi avanzati sempre più assistiamo a un fenomeno per cui in aree sviluppate si creano aree povere, bolle di svuotamento». Bianchi si è quindi concentrato sul tema del lavoro, che sta cambiando, soprattutto «nella percezione dei giovani, i quali non concepiscono più di poter svolgere lo stesso impiego per tutta la vita». Questa flessibilità, però, «ha bisogno di essere tutelata». Ma servono anche «reti infrastrutturali e comunicative per attrarre le imprese». In ogni caso, ha ribadito Bianchi, attenzione perché la crescita economica spesso negli ultimi decenni ha portato a «un aumento delle disuguaglianze, come ad esempio in Cina». La «scarsa partecipazione» e quindi la «scarsa democrazia» sono un rischio nelle società avanzate e all’interno dei luoghi di lavoro. Sul tema del lavoro e dei suoi diritti si è concentrata anche Laura Calafà (Docente di diritto del lavoro, UniVr): «serve la tutela di un lavoro dignitoso» contro «le ricadute in basso della globalizzazione», contro i cosiddetti “contatti collettivi pirata“, quelli cioè sottoscritti non dalle grandi organizzazioni sindacali e quindi con una corsa al ribasso nei trattamenti economici e normativi del lavoro.

MORELLI: DONNE E DELTA

SCANDURRA: FORMAZIONE PARTECIPATIVA

«Nessuno si salva da solo, è fondamentale lavorare assieme», ha poi chiosato Aida Morelli (Presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna), che si è concentrata sul tema della parità di genere («è un fatto sostanziale, ne va della stessa democrazia») e sul Delta del Po, «che ha grandi potenzialità di crescita, con possibili ricadute positive indirette anche a livello occupazionale». L’ultimo intervento è poi spettato a Giuseppe Scandurra (Docente di Antropologia culturale, UniFe), il quale ha accennato alla collaborazione tra Dipartimento di Studi Umanistici (Laboratorio Studi Urbani) di UniFe e CDS. «Da anni – ha detto – i miei studenti e le mie studentesse li coinvolgo in progetti di ricerca sul nostro territorio»: un’esperienza importante soprattutto dopo 1 anno e mezzo di dad causa Covid e con «il crescere delle università telematiche», fondate proprio sulla dad e sulla privatizzazione e lo svilimento del sapere.

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 dicembre 2024

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Ricchi sempre più ricchi, poveri sempre più poveri

12 Ott

Festival Internazionale. L’analisi di Riccardo Staglianò: «perché in Italia crea scandalo chiedere più tasse per i più ricchi?»

“Hanno vinto i ricchi”, e non è una buona notizia.Con amara ironia, lo scorso 6 ottobre, in occasione del Festival Internazionale a Ferrara, Riccardo Staglianò ha presentato il suo libro “Hanno vinto i ricchi” (Einaudi, 2024). Il giornalista del “Venerdì di Repubblica” è intervenuto davanti a una sala 2 dell’Apollo gremita, soprattutto di giovani. 

Innanzitutto, i dati: secondo l’OCSE, dal 1990 al 2020 i salari medi in Italia sono diminuiti del 2,90%, unico Paese in cui sono calati. Fra le cause, la bassa produttività, la diminuzione del potere del sindacato, la globalizzazione, l’erosione dei diritti dei lavoratori. Riguardo, però, alla produttività, pur calata, c’è stata, ed «ad averne vantaggi, non sono stati di certo i lavoratori». In Italia, Paese delle medio e piccole imprese, 1 lavoratore su 5 non è tutelato dai contratti collettivi e spesso questi, quando vi sono, non sono rinnovati o lo sono con grave ritardo. Insomma, l’inflazione cresce ma i salari rimangono fermi.Inoltre, dal 2020 al 2022 le ore lavorative si sono ridotte dell’8%. Vi è poi il tema della crescente precarietà, incentivata da Governi di centro-destra e di centro-sinistra, a partire dal famigerato Pacchetto Treu. «Oggi siamo al punto che il lavoro precario è la norma, non l’eccezione», ha detto Staglianò. Tutto ciò porta ad avere in Italia 1 lavoratore su 4 – con regolare contratto – che guadagna 780 euro o meno al mese.  Per non parlare dell’Irpef, che in Italia (a differenza degli altri Paesi occidentali avanzati) si è sempre più ridotto per le fasce alte e altissime. Come denunciò Giulio Marcon, saggista ed ex deputato, in una sua inchiesta, nel nostro Paese diversi ricchi e ultraricchi si lamentano di essere «tartassati dalle tasse». Una posizione che farebbe ridere se non avesse conseguenze drammatiche. Negli USA, invece, Abigail Disney ha fondato il movimento dei “Milionari patriotici”, nato al grido di “Fateci pagare più tasse!”. Unici italiani presenti in questa particolare associazione, i Notarbartolo-Marzotto, attivi nel tessile.

Ma quali sono le cause storiche di questa crescita delle disuguaglianze? La crisi degli anni ’80 del secolo scorso e la nascita della cosiddetta globalizzazione, convinse molte imprese che la soluzione era nel delocalizzare in Paesi dove il costo del lavoro era molto più basso (in Cina, e poi ad esempio in quelli dell’est Europa), oppure far arrivare inItalia lavoratori dagli ex Paesi del blocco sovietico, sottopagandoli e dando così vita a una competizione al ribasso. Questa ideologia neoliberista – fondata anche su «una lotta perpetua contro i sindacati e contro le tasse» – si è presto sposata con una forma estrema di finanziarizzazione, che non ha fatto che aumentare le disuguaglianze e togliere potere agli Stati nazionali. Steve Jobs, spesso osannato anche a sinistra, non a caso dichiarò: «I sindacati sono la cosa peggiore che sia mai capitata all’istruzione, perché hanno ucciso la meritocrazia». Solo nel 2022, il sindacato è entrato per la prima volta in un negozio Apple, per la precisione nel Maryland. Per Staglianò, interventi come il reddito di cittadinanza o il salario minimo, «pur non essendo la soluzione al problema, hanno arginato la povertà» e, come nel caso del salario minimo, rappresentano misure minime che non ha senso non accettare in un Paese democratico. Di certo – e come dargli torto -, «non dovrebbe creare più scandalo l’aumento delle tasse per i ricchi e gli ultraricchi e il tornare a una tassazione fortemente progressiva, oltre che l’investire sull’istruzione e sulla formazione dei lavoratori».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce di Ferrara-Comacchio” dell’11 ottobre 2024

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Lavoro e redditi in crisi: e il PNRR non aiuta a superare le disuguaglianze

22 Dic

Presentato dal CDS Ferrara l’Annuario socio-economico: nel Ferrarese calano gli addetti, il Petrolchimico non ha un futuro roseo, il turismo non decolla, Ferrara non è ancora una città universitaria. E i fondi PNRR in provincia e in Regione non aiutano le aree povere

Occupazione e turismo non danno segnali positivi, e il PNRR spesso non è distribuito in modo da ridurre le disuguaglianze territoriali. È questo il quadro impietoso della nostra provincia illustrato lo scorso 16 dicembre nel corso della presentazione della 36^ edizione dell’Annuario Socio-Economico Ferrarese, realizzato da CDS Cultura OdV (Centro ricerche Documentazione e Studi), col patrocinio di ISCO e Provincia di Ferrara.

La giornata svoltasi nella sede del CNA di Ferrara, coordinata da Cinzia Bracci, Presidente CDS, ha visto Silvia Dambrosio leggere un passo sulla “pace integrale” tratto dal libro “La saggezza e l’audacia” di David Sassoli e gli interventi di diversi ospiti: Manuela Coppari (responsabile Servizio Pianificazione Territoriale e Urbanistica Provincia di Ferrara) per l’illustrazione del Piano Territoriale di Area Vasta; Massimiliano Mazzanti (Direttore Dipartimento di Economia e Management e delegato PNRR UniFe) e Giovanni Peressotti (Direttore Dipartimento Tecnico e delle Tecnologie Sanitarie AUSL e dell’Azienda ospedaliero-Universitaria di Ferrara), che hanno presentato le scelte progettuali, rispettivamente di UniFe e delle ASL ferraresi, derivanti dal PNRR e da altre fonti di finanziamento; Paolo Calvano, Assessore Emilia-Romagna, che invece ha trattato la strategia regionale e la programmazione della politica europea di integrazione e coesione; e, infine, Paolo Micalizzi, che ha guidato alla visione del documentario di Giuliano Montaldo “Ferrara. La città spettacolo” (1988).

LA CRISI DEL FERRARESE DENTRO LA CRISI DELL’OCCIDENTE

Due sono stati gli interventi introduttivi alla lunga mattinata, nei quali è stato presentato l’Annuario: Andrea Gandini (Direzione dell’Annuario CDS) ha tratteggiato gli aspetti congiunturali locali più rilevanti: «Ferrara è ancora la “bella addormentata”», ha esordito. «Nei primi decenni del secondo dopoguerra, c’è stata una situazione eccezionale di crescita, uguaglianza e benessere. Uscivamo da una guerra, i valori erano molto forti e le élite erano quindi interessate a diffondere le innovazioni in tutto il Paese». Ma furono decenni, appunto, eccezionalmente positivi. «Negli ultimi 30 anni registriamo una crescita delle disuguaglianze e una perdita di salario reale: la maggioranza delle persone – ha spiegato – ha avuto un peggioramento del reddito» e «la disuguaglianza è destinata ancora ad aumentare, con un declino dell’area del dollaro, la crescita dei Paesi del BRICS, e un indebolimento delle aree più piccole e fragili dell’Europa e dell’area occidentale».

Secondo Gandini, «la grande sfida» dei prossimi anni e decenni sarà rappresentata dallo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale: «si può fare in modo che possa diventare una risorsa utile per la diffusione della prosperità e l’aumento dei salari», oppure – e questa è la previsione purtroppo più realistica – le innovazioni verranno utilizzate per aumentare l’automazione e sequestrare l’aumento di produttività a vantaggio delle élite». In questo contesto globale si inserisce il discorso sui fondi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), il programma con cui il Governo gestisce i fondi del Next generation Eu. Innanzitutto, ha sottolineato Gandini, «il PNRR è per il 65% a debito, quindi dovremmo essere più cauti nello spendere questi fondi».

Se a livello nazionale «il monte ore lavorato è in calo e l’occupazione aumenta solo per i contratti part time e i tempi determinati», nel 2022 nella nostra provincia si registra una perdita di 4mila addetti. E anche le presenze turistiche nel Comune di Ferrara risultano in calo rispetto al 2019. Inoltre, nella nostra provincia «la manifattura è in crescita nel 2022, ma solo per le imprese con almeno 100 addetti» e lo stesso Petrolchimico è fonte di «grandi preoccupazioni» per il «ridimensionamento delle grandi società» nei prossimi anni. Più in generale, nella nostra provincia «non si riesce a trovare personale, a causa del violento calo demografico e dei tanti nostri giovani che cercano lavoro a Modena e Bologna».

Una nota parzialmente positiva arriva dal mondo universitario, con UniFe che aumenta di anno in anno gli iscritti (attualmente sono circa 28mila), di cui l’81% è fuori sede (la percentuale più alta d’Italia). «Ma non siamo ancora diventati una vera città universitaria, per quanto riguarda soprattutto gli studentati e la transizione al lavoro», con tanti giovani che dopo la laurea nel nostro Ateneo abbandonano Ferrara. Un esempio virtuoso a livello nazionale è invece rappresentato dal recente accordo sindacale negli stabilimenti Luxottica: il nuovo contratto integrativo aziendale prevede un modello di orario che introduce 20 settimane lavorative a 4 giorni e 30 a 5 giorni, a parità di salario, con la stabilizzazione a tempo indeterminato di 1.550 lavoratori in somministrazione e il rilancio della cosiddetta “staffetta generazionale” (part time per gli assunti anziani e assunzioni a tempo pieno, fin da subito, per i giovani). Un modello da imitare e che fa ribadire con forza a Gardini che «la ricchezza futura potrà essere creata aumentando le relazioni e il senso di comunità», non solo gli occupati e il welfare.

PNRR DISEGUALE

Diversi gli aspetti critici emersi anche dalla relazione di Aurelio Bruzzo (Direzione dell’Annuario CDS) riguardante l’utilizzo dei fondi PNRR a Ferrara e provincia. Si conferma, innanzitutto, il divario della nostra provincia rispetto al resto della Regione (che è tra le più sviluppate di Europa) e quello all’interno della nostra provincia tra il più arretrato Basso Ferrarese e il resto del territorio. «Come reddito pro capite – ha spiegato Bruzzo – la nostra provincia registra il valore più basso in Regione» e con una differenza rispetto al bolognese simile «a quello che nel secondo dopoguerra esisteva tra il nord e il centro-sud del nostro Paese». Ma le risorse del PNRR, che dovrebbero aiutare anche il superamento delle disuguaglianze territoriali, «non sono state distribuite in misura maggiore nelle aree più povere della Regione», vale a dire in buona parte di quelle della Romagna. Anche nella nostra provincia, nonostante il valore dei fondi PNRR sia fra i più alti in Regione (secondo solo a quelli assegnati al bolognese), l’area più povera (il Basso Ferrarese) ha ricevuto meno fondi rispetto alle altre aree della provincia, con l’unica eccezione del Comune di Goro. «Il PNRR, quindi, – ha concluso amaramente Bruzzo – non riequilibra i divari territoriali né in Regione né nella nostra provincia».

Andrea Musacci

Pubblicato sulla “Voce” del 22 dicembre 2023

La Voce di Ferrara-Comacchio

Ferrarese, un territorio che si ritrae su se stesso

19 Dic

L’analisi delle disuguaglianze territoriali e sociali fatte dal Centro Documentazione Studi. Auto elettriche, Polo del riciclo della plastica, Delta del Po: alcune proposte per uscire da una crisi cronica

di Andrea Musacci

«Da un punto di vista socio-economico il territorio ferrarese è estremamente eterogeneo e frammentato, e questo è sempre stato un ostacolo alla sua crescita». Di questa e altre disuguaglianze si è parlato lo scorso 17 dicembre nella Sala Convegni di CNA Ferrara in occasione della presentazione di “Ferrara Diseguale”, l’Annuario Socio-Economico Ferrarese 2022 che CDS (Centro Documentazione Studi) Cultura OdV ha presentato.

Disuguaglianze territoriali

Le parole di Guglielmo Bernabei (Avvocato, docente Unife e socio Cds) che abbiamo citato all’inizio ben sintetizzano la riflessione da lui svolta sulla difficile e cronica situazione del Ferrarese e su alcune possibili soluzioni.

Innanzitutto un’analisi della realtà: Comuni come Riva del Po, Fiscaglia e Jolanda diSavoia hanno tassi di occupazione molto bassi, e negli ultimi tre anni il reddito medio pro capite nel Ferrarese è calato in maniera significativa. Nelle cosiddette Aree interne, in alcuni casi è la metà della media provinciale, quasi 1/3 rispetto a quello del Comune capoluogo. Cresce inoltre la disoccupazione giovanile (fascia d’età 15-24 anni), passata dal 16,8% al 24,5%, mentre il tasso di inattività è al 25,4%, con picchi nei tre piccoli Comuni sopraccitati, oltre che a Copparo. Interessante anche l’Indice di dotazione automobilistica, con il calo nelle vendite di auto con grande cilindrata e l’aumento dell’acquisto di auto in alcune zone, come Mesola, a causa degli scarsi servizi di trasporto pubblico. Spopolamento, calo demografico, invecchiamento, dunque, dominano nel nostro territorio, «un territorio che si ritrae su sé stesso», ha detto Bernabei. Negli ultimi anni anche il tasso di pendolarismo è aumentato, di due volte e mezzo rispetto alle altre Province in Emilia-Romagna.

Una «sofferenza economica», quindi, e un conseguente «sfilacciamento sociale», acuiti dalla pandemia e dalla crisi di quest’anno, ma creatasi nel tempo: «per evitare che si cristallizzi – ha riflettuto ancora Bernabei – ci vogliono maggiori aggregazioni industriali e con alta produttività (come sono il Petrolchimico e la VM di Cento), pensando ad esempio a sfruttare le grandi trasformazioni in termini di automazione che stanno avvenendo nel comparto automobilistico, in particolare riguardo alle auto elettriche». C’è bisogno, inoltre, di «una forte alleanza tra enti locali, terzo settore ed imprese», e di «incentivare le start up e l’economia della conoscenza». Il rischio è che l’intera nostra Provincia diventi «una grande Area interna», non riuscendo a stare al passo delle trasformazioni sempre più veloci. Il futuro, più in generale, sta in «un’Italia micropolitana, che sappia cioè valorizzare davvero nuove funzioni sociali nei piccoli contesti, implementando il sistema sociale, la banda larga, la capacità amministrativa». E, nel caso del nostro territorio, che venga tutto – non solo Ferrara – considerato «per le sue forti capacità di attrazione turistica e per l’importanza  dei Distretti rurali». C’è bisogno – ha concluso Bernabei – che il Ferrarese «venga davvero considerata come una “Zona Economica Speciale”, oggetto cioè di interventi mirati. La Zona Logistica Semplificata non è più sufficiente».

Altre due proposte per creare ricchezza nel nostro territorio, le ha date Giuseppe Ferrara (Cds): la prima e più importante sarebbe quella di dar vita a un Polo Tecnologico Nazionale per il riciclo integrale dei rifiuti plastici. «A Ferrara esistono tutte le competenze per farlo: la plastica è un materiale molto leggero e molto resistente e facilmente riciclabile facendo tornare virgin-nafta (il semilavorato dalla raffinazione del petrolio) i prodotti finiti e usati». La stima di 70 miliardi di mascherine chirurgiche prodotte solo nell’ultimo biennio a livello mondiale a causa della pandemia, dovrebbe davvero farci riflettere dell’importanza di riciclare non solo per la tutela dell’ambiente ma anche per non sprecare un prodotto così riutilizzabile.

La seconda proposta, legata a questa, riguarda la creazione di un Museo della Plastica a Ferrara, vista l’importanza che questa ha nella nostra economia locale.

Delta del Po come risorsa

Oltre 54mila ettari, di cui quasi la metà valli e lagune salmastre, oltre a paludi d’acqua dolci, boschi e spiagge:è questo il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, presentato  da Aida Morelli, Presidente dell’Ente di gestione per i Parchi e la Biodiversità del Delta del Po. Nove Comuni in tutto, da Goro a Cervia, si tratta di una delle aree naturalistiche più importanti del mondo ed è «un esempio di una terra potenzialmente molto ricca ma che in molti casi, soprattutto nel Ferrarese, poco valorizzata».

Disuguaglianze sociali: il Centro di Ascolto dell’UP Borgovado

È stata Patrizia Di Mella a presentare il progetto nato dieci anni fa a Ferrara. Una dozzina di volontari (perlopiù insegnanti e medici, più o meno in pensione), senza alcuna “piramidalità” che aiuta un centinaio di persone le quali, una volta al mese, ogni mese, vengono a ritirare la spesa con i beni forniti dal Centro di Solidarietà e Carità. Lo Sportello di ascolto è aperto due ore il martedì mattina, «perché per noi – ha spiegato – centrale è arrivare alla persona, anche al di là del suo bisogno economico: cerchiamo di aiutarli anche nell’affrontare questioni come la ricerca del lavoro, della casa o il pagamento delle bollette. Anche così si può iniziare a dar vita a una vera integrazione, a una socializzazione. Stiamo – ha concluso – lavorando per unire tutti i Centri di ascolto presenti in città, perlopiù nelle parrocchie».

Storia e bellezza da valorizzare

Infine, Paolo Micalizzi ha presentato il cinema di don Massimo Manservigi, nostro Vicario Generale, ed è stato proiettato il suo documentario “Appunti e visioni per una Città e la sua Cattedrale”, visibile in Duomo in occasione della mostra sui restauri. Un esempio, questo, della bellezza di Ferrara e della sua ricchezza dal punto di vista storico-artistico, che andrebbe maggiormente valorizzato.

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 23 dicembre 2022

La Voce di Ferrara-Comacchio

Cura e prossimità per uscire dalla crisi

21 Set
(Foto Pino Cosentino)

Quasi 300 persone il 17 settembre hanno partecipato al Convegno “Pandemia: sfide per l’etica della salute e dell’imprenditoria nel territorio ferrarese”, organizzato dalla nostra Arcidiocesi e dall’UCID Ferrara. Sono intervenuti Stefano Bonaccini (Presidente Emilia-Romagna), il card. Matteo Zuppi (Arcivescovo di Bologna) e Andrea Crisanti (Università di Padova). Conclusioni affidate a mons. Gian Carlo Perego

A cura di Andrea Musacci


Una rete di prossimità, un intarsio di servizi, saperi e professionalità necessarie per imparare la lezione fondamentale della pandemia: uscirne migliori di come c’eravamo entrati.

Sono queste le riflessioni emerse da ognuno dei relatori intervenuti la sera dello scorso 17 settembre in occasione del Convegno intitolato “Pandemia: sfide per l’etica della salute e dell’imprenditoria nel territorio ferrarese”, moderato dal Presidente UCID Ferrara Antonio Frascerra. L’incontro tenutosi al Teatro Comunale di Ferrara alla presenza di circa 290 persone, è stato organizzato dagli Uffici diocesani Pastorale della Salute e Pastorale Sociale, Lavoro, Giustizia, Pace e Salvaguardia del Creato, dalla Sezione UCID di Ferrara, con il patrocinio della Fondazione “Dott. Carlo Fornasini” e di BPER.

Presenti diverse autorità, fra cui il Prefetto Michele Campanaro e l’Assessore Regionale Paolo Calvano, oltre all’Assessore Marco Gulinelli, intervenuto per un breve saluto iniziale e presente al posto del Sindaco a rappresentare l’Amministrazione comunale. Ricordiamo che il convegno è il primo dei tre previsti sul tema “Salute e territorio”. Il secondo è in programma tra febbraio e marzo 2022 e avrà come titolo “Sanità e imprese: un dialogo necessario nella sostenibilità”, mentre il terzo e ultimo è previsto per ottobre-novembre 2022 e verterà sul tema “Sanità: per una valida risposta sociale”.


«Fraternità e speranza per i beni comuni»: Mons. Gian Carlo Perego
Soprattutto in un periodo complesso come l’attuale, «è importante avere visioni condivise, atteggiamenti e risposte responsabili da parte di tutta la comunità», ha riflettuto il Vescovo nel suo intervento conclusivo. Citando La Pira, mons. Perego ha ribadito come vadano difesi i beni comuni – «il tempio, la casa, la scuola, l’officina e l’ospedale, contro le tre pestilenze della violenza, della solitudine e della corruzione». Per il Vescovo va superata la «visione corporativistica e protezionistica», sviluppando «un nuovo modello di cura», innovativo e di prossimità (a tal proposito ha elogiato in particolare il ruolo fondamentale delle badanti), non dimenticando «la cura di tutti i beni comuni» del territorio – a partire dalla nostra Cattedrale, «da troppo tempo chiusa». «Fraternità e speranza», «condivisione verso obiettivi comuni»: questo serve al nostro territorio per non sprecare la lezione della pandemia.

«La casa dev’essere luogo di cura»: Card. Matteo Zuppi 
«La pandemia ci ha dato lezioni severissime: sarebbe un peccato non ascoltarle». Non ha usato giri di parole il card. Zuppi, che ha scelto di partire da alcune gravi conseguenze dell’attuale emergenza sanitaria, come «l’aumento del disagio psichico e i tanti casi di solitudine e abbandono. Il diritto alla salute è anche il diritto a vivere una rete di relazioni: da soli, la fragilità diventa terribile. Serve una rete di prossimità per l’“emergenza ordinaria”» che vivono tutti i soggetti deboli, ha proseguito.Partendo dalla Dottrina Sociale della Chiesa, il card. Zuppi ha poi riflettuto su come «la speculazione non mette mai al centro la persona, è il contrario della stessa opportunità imprenditoriale, è senza volto e non considera i volti delle persone». Il diritto alla salute, invece, «dev’essere garantito a tutti, anche se non “conviene”». La persona per la Chiesa «“conviene” sempre, anche quando è debole, fragile», come nel caso degli anziani o nelle fasi terminali della vita. Se, invece, queste questioni vengono lette da un punto di vista economico, «si perde la centralità della persona e la situazione diventa davvero grave». Il card. Zuppi ha poi posto l’accento sugli anziani, in particolare proponendo l’assistenza domiciliare come pratica virtuosa da incentivare fortemente: «la casa deve diventare un luogo di cura».


«Più sorveglianza e tracciamenti»: Andrea Crisanti 
Distanziamento sociale, sorveglianza/tracciamento, vaccini sono ancora, per Crisanti, i tre strumenti fondamentali per controllare la pandemia. Riguardo al primo, nonostante abbia «un costo economico devastante e non serva, da solo, a controllare o eliminare la pandemia», è fondamentale perché «permette di prendere tempo per sviluppare gli altri due». Riguardo alla sorveglianza e al tracciamento, «a differenza di altri Paesi, in Italia le facciamo in modo inadeguato: con l’Ausl di Ferrara stiamo lavorando a un sistema più efficace».
Il capitolo vaccini e Green pass: riguardo a quest’ultimo, pur essendo «uno strumento molto importante per incentivare a vaccinarsi», Crisanti ha sottolineato che «non dev’essere presentato come uno strumento di sanità pubblica, in quanto di per sé non può creare ambienti totalmente sicuri dai contagi». Sui vaccini, oltre a ribadire la necessità di una terza dose, Crisanti ha messo in guardia dal «non sottovalutare la possibilità che arrivi una variante resistente al vaccino».

Dalla pandemia si esce, quindi, «non sperando che il virus diventi più “buono”» ma continuando con Green Pass e vaccini e «sperando che i futuri vaccini siano più efficaci, più duraturi e vengano distribuiti anche ai Paesi più poveri».


Sanità, clima e digitale, le proposte della Regione: Stefano Bonaccini 
«Oggi iniziamo a vedere la luce in fondo al tunnel. In Emilia-Romagna sono 3milioni e 100mila le persone sopra i 12 anni vaccinate. Entro fine ottobre contiamo di avvicinarci al 90% dei vaccinati».

È partito dai dati, Bonaccini, da quei numeri che fotografano un presente positivo inducendo così all’ottimismo. «La nostra Regione può diventare la locomotiva d’Italia: qui la ripartenza potrà avvenire prima e meglio che altrove. I numeri dell’export e le previsioni di crescita sono più che positive», merito anche, ci tiene a dirlo il Presidente, «dei tanti bravissimi imprenditori del nostro territorio». Il fondamentale contributo dei privati alla crescita non deve, però, far venire meno l’intervento del pubblico – Stato e Regione – «per difendere due diritti fondamentali, come quello all’istruzione e quello alla salute». Su quest’ultimo, «investiremo ancora di più, anche grazie ai finanziamenti del PNRR, puntando su una nuova generazione di professionisti». Oltre alla costruzione di nuovi ospedali («nel piacentino nascerà uno dei primi post Covid»), l’idea è «di irrobustire maggiormente la sanità territoriale, a partire dalle Case della Salute – già 120 in Regione, destinate ad aumentare -, il pilastro della sanità del futuro» e puntando molto sull’«assistenza domiciliare».

Venendo al territorio ferrarese, Bonaccini ha sottolineato l’importanza di «una sanità territoriale più forte e radicata soprattutto nel Basso ferrarese». Più in generale, la nostra provincia, pur crescendo più lentamente rispetto alle altre province della Regione, «nei prossimi mesi avrà uno sviluppo deciso, recuperando lo svantaggio accumulato per ritardi storici». Il completamento della Cispadana e sopratutto il Patto per Ferrara sono per Bonaccini due importanti progetti per rilanciare il nostro territorio.In conclusione, il Presidente ha voluto affrontare due problematicità. La prima, la crisi demografica: «negli ultimi decenni le politiche per la famiglia sono state deboli, anche per responsabilità della mia parte politica, la sinistra. Abbiamo in cantiere diverse proposte per aiutare le famiglie numerose, gli studenti e i pendolari». La seconda seria questione riguarda l’emergenza climatica e digitale: «la transizione ecologica e lo sviluppo digitale possono rappresentare grandi opportunità di lavoro, un lavoro che sia di qualità e non precario».

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 24 settembre 2021

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Sanità e imprese: i tentacoli delle mafie nella pandemia

22 Mar

Intervista a Donato La Muscatella (Coordinamento “Libera” di Ferrara)

Mafie e Covid: qual è lo stato di salute delle mafie nella pandemia?

«“Mafie e Covid: fatti l’uno per l’altro”, come scrive don Luigi Ciotti nel rapporto “La tempesta perfetta”, curato da Libera e da Lavialibera e uscito nel novembre 2020: una fotografia inquietante del grado dell’infezione mafiosa ai tempi del Covid. Un’enorme e complessa emergenza, all’interno della già tragica emergenza della pandemia: dai rischi nel settore sanitario, all’usura, al riciclaggio, alla nuova frontiera dei crimini informatici. L’aumento consistente e repentino della richiesta di servizi di cura, solo per fare un esempio, ha determinato una maggiore difficoltà di accesso alle strutture coinvolte e ciò, in alcuni territori, ha costituito il presupposto per la nascita (o il consolidamento) di fenomeni di racket prima meno diffusi (onoranze funebri o ambulanze private, ad esempio). Una volta di più, le mafie hanno intercettato il cambiamento in corso, per poter consolidare il proprio potere e incrementare le proprie ricchezze».


Le mafie approfittano anche della crisi socio-economica…

«La crisi economica ha sottratto e continuerà a sottrarre liquidità alle imprese, che non di rado sono state avvicinate da organizzazioni criminali che si offrivano di sopperire a tali difficoltà. Si tratta, per loro, di un meccanismo già collaudato: si comincia dal finanziare l’azienda in crisi, per poi, man mano, acquisirne le quote di proprietà e, alla fine, impadronirsene completamente, selezionando fornitori e dipendenti in base alle relazioni di potere dell’associazione criminale e, naturalmente, calpestando i diritti di tutti i soggetti coinvolti. Sempre ne “La tempesta perfetta” c’è un sondaggio affidato da Libera a Demos sul legame fra pandemia e società organizzata: oltre il 70% dei cittadini intervistati ritiene che, spinta dall’emergenza Covid, la corruzione in Italia si stia diffondendo ancora di più. Bisogna intervenire qui e recuperare credibilità nei confronti dei cittadini se si vuole evitare che il malcontento si trasformi in qualcosa di peggio».


Venendo al nostro territorio, come proseguirà l’impegno di Libera?

«Continueremo a incontrare ragazzi e ragazze delle scuole di Ferrara e provincia, speriamo anche in presenza. Nelle scorse settimane ne abbiamo incontrati oltre cento ed è da tempo una delle attività nelle quali, come Coordinamento, siamo più impegnati, in collaborazione con tanti docenti che tutti i giorni si dedicano alla formazione degli studenti e, anche in questo periodo così difficile, ci hanno chiesto di collaborare».


Infine, una parola su Livatino…

«È stato un magistrato attento, aperto, impegnato e riservato, che ha fatto parlare di sé per le proprie capacità nell’investigare il fenomeno mafioso in un periodo nel quale tante dinamiche non erano così conosciute. Una figura significativa per tante ragioni, tra cui la sua coerenza nella fede e la sua visione della vita che distingue l’essere “credenti” dall’essere “credibili”. Un monito che mette in guardia da chi partecipa alle manifestazioni pubbliche facendo sfoggio della propria presunta convinzione religiosa per poi tradirne i valori fondanti nella quotidianità e da chi assiste alle commemorazioni senza dar seguito al messaggio che ci hanno lasciato le vittime. Una sollecitazione autorevole ad accompagnare sempre l’impegno alla memoria, come Libera sostiene da ormai ventisei anni».

Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 26 marzo 2021

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Uno sguardo profondo sulla rivoluzione in atto: il libro “Riflessioni per tempi incerti”

16 Nov

“Riflessioni per tempi incerti” è il volume corale con riflessioni sulla pandemia edito da Festina Lente. Tra gli altri, ospita contributi del card. Josè Tolentino De Mendonca, di Chiara Giaccardi, Pietro Gibellini, Emilio Isgrò, Mauro Magatti, Alberto Maggi, Alessandra Smerilli e Franco Arminio

«Indietro non torneremo o, meglio, ci torneremo poco e male. Ci sarà un po’ di inerzia, un po’ di riluttanza, ma il passaggio è avvenuto». Le parole sono di Luciano Floridi, docente di filosofia, e fanno parte dell’importante volume corale appena pubblicato dalla ferrarese Festina Lente Edizioni di Marco Mari.
“Riflessioni per tempi incerti” è il titolo del libro che raccoglie gli interventi di 11 personalità, frutto di una serie di video-conferenze organizzate da marzo a ottobre scorsi dalla Cooperativa Cattolico-democratica di Cultura con sede a Brescia.
Sono scrittori, poeti, biblisti, artisti, economisti e sociologi: Luigi Alici, Franco Arminio, Carlo Bellavite Pellegrini, Luciano Floridi, Chiara Giaccardi, Pietro Gibellini, Emilio Isgrò, Mauro Magatti, Alberto Maggi, Alessandra Smerilli e il card. Josè Tolentino De Mendonca.
«Anche in situazioni di estrema difficoltà, in cui il dialogo interpersonale è fortemente compromesso, crediamo resti vivo l’insegnamento socratico di chiedersi qual è il senso di ogni cosa che facciamo, del rapporto tra il proprio agire e la propria “città”, ovvero del vivere insieme agli altri», scrive nell’Introduzione del testo Filippo Perrini, Presidente della Cooperativa bresciana.
Ed è quello che, da angolature differenti, provano a fare tutte le persone coinvolte, per riflettere, in periodi diversi, dell’emergenza che stiamo vivendo, su cosa ci insegna questa pandemia a livello spirituale, sociale, economico e relazionale.
«È un tempo purificatorio», riflette il card. Tolentino De Mendonca. «L’immagine prometeica che noi abbiamo – l’immagine di una onnipotenza che la nostra società vende come propria auto rappresentazione – è completamente fallita». Dobbiamo quindi, prosegue, costruire «processi di coscienza su noi stessi» e «processi di conoscenza di Dio». Sui processi riflettono ad esempio anche i coniugi e sociologi Giaccardi e Magatti. È la prima dei due a scrivere: «quello che ci aspetta è un guardare avanti, un mettere in movimento dei processi».
E lo sguardo di ognuno dei contributi è radicalmente proiettato nell’avvenire: «non vedo più una Chiesa che va avanti organizzando grandi eventi», è il pensiero di Smerilli. «Forse abbiamo capito che dobbiamo lavorare per processi, innescare processi, e, passo dopo passo, arrivare alle persone e portare la buona notizia».
Ma la profondità orizzontale, verso l’altro e verso il futuro, non può non accompagnarsi alla profondità interiore, dentro di sé e a fondo nel pur tragico presente, che ci costringe a gettarci alle spalle ipocrisie e scorciatoie. «Non è vero che la fragilità è uno stato accidentale e transitorio (…). La fragilità è una condizione costitutiva delle creature e del creato», scrive ad esempio Alici, ed è Maggi a riflettere sul senso cristiano del morire e sulla rimozione della morte nella società moderna e in particolare in quella contemporanea. Una rimozione terribile, che ci interroga sull’importanza di riscoprire una verticalità nelle nostre esistenze: «la poesia è una sorta di sentinella del sacro», riflette il poeta Arminio. «Noi abbiamo bisogno di intensità. Abbiamo bisogno di lavoro, ovviamente, di regole. Questo lo sappiamo. Però, abbiamo anche bisogno di intensità, di sacro, di senso. Direi pure che abbiamo bisogno di Dio».
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 20 novembre 2020

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Un’eco-politica per non sprofondare nell’Inferno 2.0

26 Ott

Intervista ad Andrea Gandini (Cds) in occasione della presentazione dell’Annuario Socio-Economico: critica del neocapitalismo e proposte a partire da donne e giovani

La 33esima edizione dell’Annuario Socio-Economico Ferrarese – dedicata ai temi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu – sarebbe dovuta uscire la scorsa primavera 2020, ma il Covid ha bloccato tutto.
L’Annuario 2020 è quindi stato pubblicato a marzo sul sito del Centro ricerche Documentazione e Studi (Cds) di Ferrara (https://www.cdscultura.com), Associazione presieduta da Cinzia Bracci. Successivamente, appena possibile, è stato anche stampato: un’edizione, quella cartacea, che raccoglie anche ulteriori contributi di alcuni degli autori presenti nella versione online e di nuovi, alla luce della sopravvenuta emergenza sanitaria ed economica. Cds Cultura ha presentato il volume il 9 e 10 ottobre scorso nella sede del Consorzio Grisù in via Poledrelli a Ferrara all’interno del Festival dello Sviluppo Sostenibile di ASviS (Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile). Una terza sessione di presentazione dell’Annuario si terrà il 13 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne), interamente dedicata all’Obiettivo 5 – Parità di Genere.
Come accennato, l’Annuario 2020 è stato organizzato secondo i principi di Agenda 2030, come primo esperimento in Italia di rapporto elaborato a livello locale con il contributo di una molteplicità di autori provenienti da quella rete articolata che ASviS e la stessa Agenda 2030 auspicano: docenti, ricercatori, imprese, associazioni di categoria e sindacati, professionisti, rappresentanti delle categorie economiche, sindacali, dell’associazionismo e del volontariato. Ogni capitolo dell’Annuario corrisponde a un obiettivo di sviluppo sostenibile.
Se guardiamo all’imperversare di nazionalismi, all’acuirsi delle contraddizioni del neocapitalismo, alla crisi ecologica, aveva ragione Antonio Gramsci quando scriveva: «Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri». Abbiamo interpellato Andrea Gandini, Direttore dell’Annuario e membro del Comitato direttivo del Cds, per analizzare questa grave situazione a livello globale e delineare alcune direttive per immaginare un sistema socio-economico differente.
«Con la fine del comunismo reale si è pensato che il capitalismo liberista e uno stile di vita consumista e individualista fosse l’unico “modello” positivo che avrebbe aumentato la ricchezza, una sua migliore distribuzione, la qualità della vita», riflette con noi Gandini. «Dopo 30 anni sappiamo che le cose sono andate molto diversamente. In alcuni Paesi poveri, in Cina, India almeno un miliardo di persone sono uscite dalla povertà e oggi hanno buoni salari, così come vantaggi enormi sono andati a tutti i ricchi del mondo (circa 50 milioni), ma i salari di operai, commercianti, artigiani e dei ceti medi europei e americani non sono cresciuti (circa 700 milioni). E sono soprattutto aumentate le minacce ambientali al pianeta al punto tale che, se dovesse proseguire questo tipo di produzione e consumo, porterebbe nell’ipotesi peggiore all’estinzione della specie umana e, in quella migliore, a un Inferno 2.0 che consegnerebbe ai nostri figli un mondo inospitale tra riscaldamento globale, crescenti alluvioni, siccità, tornado e pandemie prodotte dalla deforestazione e crescente urbanizzazione. In sostanza la qualità della vita di quasi tutti sta peggiorando».
Ma la gravità della situazione e il pessimismo a cui sembra portare riguardano anche altri ambiti. «Le grandi multinazionali del web e farmaceutiche – prosegue Gandini – “spingono” per portarci in un mondo dove domini il digitale (web, tv, virtuale) e tendono a farci credere che le cure debbano avvenire soprattutto attraverso farmaci e vaccini, anziché pensare innanzitutto a come migliorare la qualità della vita. Un mondo, insomma, che gradualmente distrugge la vita di relazione, le comunità locali, le famiglie e dove tutti saremo più soli e dipendenti».
Gli chiediamo allora se è ancora possibile – con la fine delle grandi utopie e un presente malato come quello che ci tocca vivere – immaginare un sistema più fraterno, e in che cosa sostanzialmente si distinguerebbe dall’attuale. Un sistema dove, come scrive il Papa in “Fratelli tutti”, «il diritto di alcuni alla libertà d’impresa o di mercato non può stare al di sopra dei diritti dei popoli e della dignità dei poveri; e neppure al di sopra del rispetto dell’ambiente» (FT 123). Un pianeta, quindi, quello dove abitare, «che assicuri terra, casa e lavoro a tutti», come «vera via della pace» (FT 127).
«Bisogna cambiare strada – riflette con noi Gandini -, come dice il Papa e come recita il titolo dell’ultimo libro di un grande vecchio, Edgard Morin. Un’economia basata sull’uso indiscriminato delle materie prime e dei rifiuti deve lasciare posto a un’economia circolare che produca pochissimi rifiuti. I ricchi devono tornare a pagare le tasse, almeno più di oggi se non proprio come una volta, l’iva deve alzarsi sui consumi che inquinano, i poveri devono essere aiutati localmente da chi – Comuni e associazioni di volontariato – li conosce e non dall’Inps e non solo con soldi ma con servizi personalizzati. Con il crollo della natalità – prosegue nell’analisi – dobbiamo programmare flussi di immigrazione legale in modo che, come avviene negli altri Paesi europei, gli immigrati lavorino, siano integrati nella nostra cultura e portino benessere a tutti. Le aziende devono tornare ad aiutare i propri dipendenti e la comunità locale. La politica deve investire nella sanità territoriale, nei medici di famiglia, nella scuola, il cui modello di apprendimento va cambiato integrandolo con laboratori manuali, artistici, con uscite all’aperto, rafforzando l’alternanza scuola-lavoro, pagando di più i maestri, facendo seri concorsi».
Infine, ma non certo meno importante, «gli anziani possono rimanere più anni al lavoro con un part-time in modo da aiutare i colleghi e i giovani, mentre le donne devono essere assunte – insieme agli stessi giovani – in maggior numero perché da loro dipende il futuro del Paese. Politiche che i Governi devono fare se non vogliamo continuare a declinare».
E della concretezza il Cds fa la propria ragione d’essere, senza mai fermarsi ad analisi pur precise e profonde. Di riforme praticabili, frutto di concrete sperimentazioni e ampiamente trattate nell’Annuario 2020, Gandini ha accennato anche intervenendo nel sopracitato incontro del 9 ottobre scorso a Grisù.
Oltre a quelle condivise con noi, citiamo «l’allargamento dell’ascolto e della partecipazione alle istanze della società civile organizzata che hanno esperienze consolidate e l’apprendere dalle buone pratiche», oltre a «un nuovo Piano del lavoro sostenibile nazionale, regionale e comunale – anche come leva per rinnovare le stesse burocrazie -, che porti all’inserimento di giovani con contratti di Prima Esperienza, all’implementazione della transizione dagli studi al lavoro (partendo da Istituti Tecnici e Professionali), al potenziamento dell’alternanza scuola-lavoro».
«Non ci salverà la crescita di un capitalismo tecno-economico – conclude Gandini – ma solo i cambiamenti negli stili di vita personali uniti a un’eco-politica basata sul lavoro e la creatività dei nostri giovani e delle donne».
Andrea Musacci

Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 30 ottobre 2020

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Felisi, creazioni di grande qualità: «così l’azienda è cresciuta»

26 Apr

imagesNonostante la propensione globale, cuore e testa di Felisi rimangono saldamente a Ferrara. In via Giovanni Calvino, infatti, vi è la sede principale, con il laboratorio, gli uffici commerciali, la progettazione e lo show room. A poche centinaia di metri si trova un altro capannone dove avviene principalmente il taglio delle pelli. Ma come nasce Felisi? «Nel 1973 – ci spiega Anna Lisa Felloni – il mio ex marito ed io decidemmo di intraprendere quest’avventura. A quei tempi era più facile aprire questo tipo di attività, vi era molto fermento. Abbiamo iniziato in casa producendo cinture, per poi passare alle borse, rivolgendoci soprattutto a una clientela giovanile. La prima prodotta è stata una borsa porta campionario per un nostro amico rappresentante di maglieria: è un modello che produciamo ancora». Negli anni l’azienda è cresciuta, sempre più vi è stato bisogno di dipendenti, oltre che di laboratori, e sempre più grandi. «Quando siamo arrivati nell’attuale sede in via Calvino, ci sembrava così grande che ci chiedevamo come saremmo riusciti a riempirla: poi, negli anni abbiamo addirittura avuto bisogno di altri immobili…». Un periodo di crisi l’azienda l’ha vissuto nel ’93, quando le strade della Felloni e dell’allora marito si sono separate, ma da allora Felisi è ripartito ancora più forte, anche grazie ai fedeli clienti giapponesi.

Oltre alle due sedi nella zona della piccola media industria di Ferrara, dove avviene la lavorazione dei portafogli e di piccole quantità di borse, «abbiamo altri sei laboratori in provincia che lavorano solo per noi. In tutto abbiamo una settantina di dipendenti, quasi tutte donne a parte tre uomini: lo stilista Domenico Bertolani, il Direttore di Produzione e un tagliatore. Le pelli che lavoriamo – prosegue la Felloni – provengono tutte dalla Toscana, per la precisione da Santa Croce sull’Arno, e sono tutte conciate al vegetale». Infine, l’anno prossimo, per i 45 anni dalla nascita, vi è il progetto di una borsa speciale che verrà realizzata in collaborazione con Claudio Gualandi, dove verrà rappresentata “Casa Felisi”.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 26 aprile 2017