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L’arte davanti al “mistero incomprensibile”: un dialogo con Gauguin

17 Feb

Isabella Guidi dedica un libro al pittore francese, suo Maestro: uno sguardo “religioso” sul rapporto tra vita e pittura

di Andrea Musacci

buonjour ms gauguinNella contemplazione artistica o nell’immersione letteraria, si ha spesso l’impressione che a sfuggire dalle dita e dalla mente sia quello che comunemente e “ragionevolmente” indichiamo con “realtà”. E, in maniera speculare, spesso capita che, una volta destati dal sonno, continuiamo a sperimentare una persistente consistenza di brani di esperienze oniriche vissute nelle ore notturne.

Sensazioni, queste, che ci sentiamo di condividere con Isabella Guidi – pittrice ferrarese cresciuta sulle spalle di giganti come don Franco Patruno, Marcello Tassini e Gianni Vallieri – che recentemente ha scelto di esporre una quarantina di sue opere, realizzate dal 2006 in poi, nella personale “Avrei voluto dire: Bonjour Ms Gauguin. Omaggio alla Bretagna”, dal 18 gennaio al 16 febbraio nel Centro Culturale Mercato di Argenta. Mostra accompagnata da un libro omonimo realizzato dalla stessa Guidi, una sorta di diario/romanzo attraversato da poesie e riflessioni sull’essenza dell’arte. Sì, perché, come tradisce il titolo, la storia raccontata è quella, immaginaria, dell’incontro fra due artisti, uno realmente vissuto, Paul Gauguin (1848-1903), e l’altra di fantasia, Leonor Lescaut, alterego dell’autrice e che, probabilmente, nel nome richiama la pittrice Leonor Fini, e, nel cognome, la “Manon Lescaut” protagonista del romanzo di Prevost del 1731. In ogni caso, con questa pubblicazione la Guidi concretizza, seppur attraverso la letteratura, il sogno di incontrare il suo Maestro, Gauguin, in un luogo da entrambi prediletto e spesso visitato: “amo la Bretagna – scrisse l’artista francese -, in essa trovo un che di selvaggio, di primitivo. Quando i miei zoccoli risuonano su questo suolo di granito, sento il tono sordo, opaco e possente che cerco nella pittura”. Regione, la Bretagna, in cui Gauguin vivrà in quattro periodi diversi, fra il 1886 e il 1901 (soprattutto a Pont Aven).

Dalla solitudine a una comunione fra anime

Il libro inizia con la solitudine della protagonista sulla spiaggia bretone, una solitudine fatta di malinconica rassegnazione, di abbandono dolce ma non privo di sofferenza. Condizione, però, che Leonor sa tramutare in una contemplazione introspettiva: “rimaneva solo il dialogo fitto e sussurrato delle cose con l’orizzonte e un silenzio che predisponeva all’ascolto”, scrive la Guidi. A un certo punto, la “visione”: nell’acqua compare un uomo, Gauguin, in una scena grottesca e irreale, che volutamente l’autrice colloca fuori dal tempo. Quasi un’apparizione: “Poi alzò lo sguardo / e incrociò i suoi occhi / e tutto non fu più così / incomprensibile…”.

Per i lettori e le lettrici sarà facile immaginarsi questa continua e sottile commistione di realtà e fantasia, questa sospensione del ritmo e della pesantezza del reale (nel senso più immediato e razionale): luoghi, gesti e particolari, parte della reale esperienza della Guidi, si intrecciano con luoghi e gesti generati dall’immaginazione. Una sorta di “Midnight in Paris” trasferita sulla costa nordoccidentale della Francia, dove il sogno e l’arte sopperiscono all’uggia ordinaria di una società competitiva, gretta, calcolante. “In questo tempo – fa dire la Guidi a Gauguin nel libro (parafrasando in modo fedele pensieri da lui scritti nei suoi libri o nelle lettere) – l’individuo si muove seguendo l’idea comune, quella che semplifica di più la propria esistenza, non quella che la rende più vera. Non si fa troppe domande”. “Io – prosegue il Gauguin che nel libro dialoga con Leonor – mi prendo il tempo di capire! Capire, dedicando la vita a capire! (…) Acquisire sapere. L’impegno, la fatica, il coraggio di dire ‘devo imparare’. Saper guardare, saper ascoltare…saper mettersi in relazione con il mondo, saper capire. L’umiltà farà la differenza”.

E nel libro, la relazione è ciò che muove ogni cosa, non solo con i luoghi, coi quali i protagonisti vivono un forte rapporto fisico: i due personaggi si cercano tra loro di continuo, a tratti quasi si rincorrono, nelle reciproche presenze e assenze. Quest’intima comunione non appare in contraddizione con la pur desiderata e necessaria solitudine tanto di Gauguin quanto della Guidi. Come se a scandire i silenzi e i vuoti fosse un ritmo unico, lo stesso cosciente del fatto che la relazione con la verità passa, sempre, attraverso l’altro, uno sguardo amico (e mai invadente), uno sguardo profondo da condividere.

“Una terribile smania d’ignoto”

copertina libro isaGauguin, di sicuro, non rappresentava un modello esemplare di uomo virtuoso: temperamento irascibile e melanconico, spesso schivo e molto “ambiguo” in alcune scelte di vita. Di certo, uno spirito anticonformista ma, scrive la Guidi, “probabilmente antipatico a tutti perché scontroso, insofferente ai discorsi, adescatore incallito di ogni sottana di passaggio, indifferente alle critiche dei superiori, presuntuoso, potente nell’arroganza inimitabile, nelle decisioni improvvise”. Nel 1890 lo scrittore Charles Morice di Gauguin sottolineava l’“altezzosa nobiltà” ma anche il sorriso, che “non mancava di una dolcezza straordinariamente ingenua”. Una dolcezza infuocata, stordente, inebriante. Come le sue tele: vita e pittura si confondono, si richiamano e sovrappongono: “Paul era la Pittura, l’urgenza dell’anima”, scrive ancora la Guidi. “Paul metteva voglia e paura. Era il centro di un uragano dal quale Leonor era stata un giorno travolta”. “La pittura di Gauguin, per la protagonista, era il punto di partenza e di ritorno della propria anima, quell’anima senza tempo che sorvola sulle nostre misere quotidianità e si rivolge al sogno come unico frammento accettabile di realtà. La pittura di Gauguin era il luogo estetico dove vivere”. Come ha scritto la critica Anna Maria Damigella, l’arte per Gauguin era “un assoluto, il valore primario e il cardine della vita, il luogo dove si compongono i conflitti irrisolti nell’esistenza materiale e affettiva”. Non a caso, dunque, questo libro della Guidi è anche, e soprattutto, un libro sulla pittura, sul dipingere non tanto come “tecnica” ma come espressione di spiritualità, gesto profondamente umano, manifestazione concreta dell’anima. “Mi affaccio sull’orlo dell’abisso”, scrive Gauguin in “Noa Noa”, a Tahiti, pochi anni prima di morire. “Una terribile smania d’ignoto mi fa compiere follie. Quando finalmente gli uomini comprenderanno il senso della parola ‘libertà’? Voglio fare un’arte semplice, correre, perdere il fiato e morire follemente. Che mi importa della gloria? Sono forte, perché faccio ciò che sento dentro di me”. Le risponde, in un certo senso, con la propria pittura, con la propria esistenza, Isabella Guidi. Una risposta dolorosa perché impossibile, ma elargita nelle pagine del libro: “Sentivo – fa dire a Leonor – che voleva credere di non essere il solo a credere”. Al pittore e amico Émile Schuffenecker, Gauguin, col suo modo irruento, una volta disse: “non dipingete troppo dal vero. L’arte è un’astrazione, traetela dalla natura sognando davanti ad essa e pensate piuttosto alla creazione che ne risulterà; è il solo mezzo per salire verso Dio, facendo come il nostro Divino Maestro: creare”. Una salita, quella dello spirito, immensamente più difficoltosa di quella sugli scogli di granito delle coste bretoni. “Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?” è il nome pieno di tormento assegnato dal pittore a uno dei propri capolavori: un’opera struggente, sconvolgente, nata – per usare le parole dello stesso Gauguin – da “uno stato di vaga sofferenza e sensazione dolorosa di fronte al mistero incomprensibile della nostra origine e dell’avvenire”. Tutt’altro che un’infantile defezione dalla vita attraverso un inganno di sogni o un autoesilio in terre esotiche: quella di Gauguin è stata una ricerca sofferta, una tensione fin snervante che Isabella Guidi ha avuto il merito di raccontarci attraverso la dolce mestizia delle sue parole. “La pittura mi fa piangere” – fa dire nel libro a Leonor. “Mi consola, mi tormenta, mi manca, mi appaga, mi travolge, mi sconvolge”. Non male come “fuga” dalla vita.

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” del 21 febbraio 2020

http://lavoce.epaper.digital/it/news

https://www.lavocediferrara.it/

 

Musica e cinema, miei articoli sul sito de la Nuova Ferrara (21, 22 e 23 marzo 2017)

23 Mar

In via Cassoli spazio al mural “Il Giardino dei cavalli rossi”

21 Nov

2A conclusione del progetto “Tanti modi per parlarsi”, domani alle 9.30 viene presentato il mural “Il giardino dei cavalli rossi”, realizzato dalla pittrice Isabella Guidi con gli operatori e i genitori del “Nido d’infanzia Giardino” di via Cassoli, 26 a Ferrara.

Il Nido è impegnato fin dallo scorso anno scolastico nel progetto, che parte dalla presenza di molte famiglie straniere di diverse provenienze ed è orientato a realizzare pratiche di accoglienza, individuando strategie per migliorare la comunicazione con gli adulti e i bambini, favorendo così l’integrazione all’interno del nido.

Fin da subito è stata coinvolta anche l’Unità Operativa Integrazione–Ufficio Alunni Stranieri, il Centro Mediazione del Comune, il Centro di Documentazione “Raccontinfanzia”, l’AUSER, l’Assessorato Lavori Pubblici, il Servizio Manutenzione, il Centro per le Famiglie, il Centro Idea, l’Ufficio verde del Comune, i volontari del Servizio Civile e il Laboratorio delle Arti. Quest’ultimo, in particolare con Isabella Guidi, ha progettato la realizzazione del mural sul pannello di separazione tra il Nido e il giardino di Piazzale G. Bruno. All’inaugurazione vi sarà anche l’esibizione della band “Skara Trio”.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 21 novembre 2014

Sabato 22 novembre si inaugura il mural di Isabella Guidi

14 Nov

2A conclusione del progetto “Tanti modi per parlarsi”, sabato 22 novembre alle 9.30 viene presentato il mural “Il giardino dei cavalli rossi”, realizzato dalla pittrice Isabella Guidi con gli operatori e i genitori del “Nido d’infanzia Giardino” di via Cassoli, 26 a Ferrara.

Il Nido è impegnato fin dallo scorso anno scolastico nel progetto, che parte dalla presenza di molte famiglie straniere di diverse provenienze ed è orientato a realizzare pratiche di accoglienza, individuando strategie per migliorare la comunicazione con gli adulti e i bambini, favorendo così l’integrazione all’interno del nido.

Fin da subito è stata coinvolta anche l’Unità Operativa Integrazione–Ufficio Alunni Stranieri, il Centro Mediazione del Comune, il Centro di Documentazione “Raccontinfanzia”, l’AUSER, l’Assessorato Lavori Pubblici, il Servizio Manutenzione, il Centro per le Famiglie, il Centro Idea, l’Ufficio verde del Comune, i volontari del Servizio Civile e il Laboratorio delle Arti. Quest’ultimo, in particolare con Isabella Guidi, ha progettato la realizzazione del mural sul pannello di separazione tra il Nido e il giardino di Piazzale G. Bruno. All’inaugurazione vi sarà anche l’esibizione della band “Skara Trio”.

Andrea Musacci

 

Se Matisse posasse per la Guidi…

14 Mag

locandina-mostra-guidi-mag14.jpg.300x300_q85“Non è un omaggio a Henry Matisse. E’ un pensiero su Matisse che viene da lontano, dallo studio della figura, della forma, e poi si è tradotto in segno e colore.” Così Isabella Guidi presenta la sua mostra di pittura “Se Matisse avesse posato per me”, visitabile da oggi fino al 27 maggio presso la Porta degli Angeli in via Rampari di Belfiore, 1 a Ferrara. L’esposizione inaugurerà venerdì 16 maggio alle ore 18 e sarà visitabile nei seguenti orari: tutti i giorni dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15 alle 18. Il progetto nasce dall’dea di “mettere in posa colui che ‘ha messo in posa’ ”, avendolo idealmente presente nel proprio atelier. “Colui che ha posto la figura al centro delle sue ricerche per tutta la vita– continua Isabella Guidi – viene ora osservato e studiato”. Per contatti: i.guidi@edu.comune.fe.it, isabellaguidi.fe@libero.it .

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 14 maggio 2014

“E fu sera e fu mattina”: gli scatti raccontano la memoria collettiva

20 Mag

E fu sera e fu mattina

Una giornata per ricordare condividendo la memoria di ciò che e successo il 20 e il 29 maggio di un anno fa. Dopo le letture di Roberta Marrelli del suo libro“L’odore dei tigli di maggio”, il sindaco Tiziano Tagliani e l’assessore provinciale Stefano Calderoni nel Porticato del Cortile del Castello Estense ieri pomeriggio hanno inaugurato la mostra “E fu sera e fu mattina”. L’esposizione e ‘ stata realizzata in collaborazione con i circoli fotografici di Ferrara e provincia – Fotoclub Ferrara, Fotoclub Vigarano, Associazione Feedback, Gruppo Fotografico Iride e Fotoclub Il Guercino – e con il Patrocinio della Regione Emilia Romagna per ricordare, ad un anno di distanza, il sisma che ha colpito la nostra regione, ed in particolare le province di Ferrara e Modena. La mostra – che comprende anche foto amatoriali di chiunque voglia contribuire al ricordo collettivo – si inserisce in un più ampio programma di eventi, tra i quali la mostra in Via Coperta di Isabella Guidi, “Un posto del sempre. Il silenzio dei granai”, luoghi “simbolo di sicurezza e prosperità ” e luoghi privilegiati dell’infanzia dell’artista.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 20 maggio 2013

Al Museo del Risorgimento e della Resistenza l’omaggio pittorico di Isabella Guidi a “Gente del Po”, opera prima di Antonioni

4 Mar

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Ieri alle 11 al Museo del Risorgimento e della Resistenza  ha inaugurato la mostra “Il mare è là in fondo al viaggio” di Isabella Guidi. L’esposizione è un omaggio pittorico a Michelangelo Antonioni e alla sua prima opera, “Gente del Po”, iniziato nel 1943 ma terminato solo quattro anni dopo, documentario che narra della vita sulle rive del grande fiume durante la seconda guerra mondiale, “una vita eguale, senza speranza”. Delfina Tromboni, responsabile del Museo, ha descritto quei luoghi, fatti di terra e di acqua, come quelli nei quali “il Risorgimento e soprattutto la Resistenza han preso vita, han trovato il coraggio e l’umiltà, le gambe e il cuore per mettere fine al dramma del fascismo”. Don Massimo Manservigi, direttore de “La Voce di Ferrara-Comacchio”, si è invece soffermato sull’importanza del film come di “una prova, una genesi, per Antonioni, del processo creativo successivo” e ha elogiato la pittrice sottolineando come “lo sguardo di Isabella abbia guardato dentro quello di Michelangelo, mentre questo iniziava a rendersi conto del valore della propria arte.” La mostra è visitabile fino al 7 aprile, tutti i giorni dalle 9 alle 13 e dalle 15 alle 18 (escluso il lunedì).

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 03 marzo 2013