
Fino al 2 maggio l’esposizione su Italo Zannier curata da Vittorio Sgarbi
Apparizione, epifania, anzi “fotofania”. Tutt’altro, insomma, che ancella dell’arte pittorica e scultorea, molto più che mero mezzo riproduttivo. È la fotografia, che con i suoi oltre 180 anni di vita, rimane emblema della contemporaneità e, pur in forme differenti (e non scevre da pericoli), ne connota sempre più lo spirito.
A questa lunga storia – che non sembra conoscere crisi – è dedicata l’esposizione “La fotografia 1839-2020. Il libro illustrato dall’incisione al digitale. Italo Zannier fotografo innocente”, visitabile fino al 2 maggio al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Ferrara e organizzata da Comune e Ferrara Arte in collaborazione col MART di Trento e Rovereto. Un progetto espositivo, dunque, che nel ripercorrere le origini e le tappe salienti di quest’arte, omaggia anche uno dei suoi massimi storici nel nostro Paese, Italo Zannier.
Zannier, 89 anni, è, infatti protagonista di entrambe le sezioni della mostra: la prima, al piano terra, con circa 100 preziosi volumi provenienti dalla sua collezione, che permettono di ripercorrere l’evoluzione della fotografia dalle origini ad oggi. I libri sono sfogliati e commentati da lui stesso in un video riprodotto all’interno delle sale. Completano il percorso altre quattro interviste a critici della fotografia e dell’arte, Vittorio Sgarbi, Angelo Maggi, Massimo Donà e Michele Smargiassi, autori anche di interessanti contributi nel catalogo di mostra. La seconda sezione, intitolata “Italo Zannier fotografo innocente”, documenta, invece, la sua attività artistica, del tutto inedita, dal 1952 ad oggi con un centinaio di sue fotografie che spaziano dall’approccio neorealista degli anni Cinquanta alle sperimentazioni più recenti con strumenti digitali. Un primo appunto alle scelte dei curatori riguarda come nelle diverse sale sia predominante – per una mostra che ha come oggetto le immagini – l’accompagnamento e l’approfondimento audio, che diventa quasi pervasivo al pianterreno. Una contraddizione che non aiuta a immedesimarsi nel percorso documentale e in quello artistico, obbligando il visitatore a una sorta di “conferenza” registrata.
In ogni caso, tornando ai contenuti specifici, citiamo alcune delle parole di Sgarbi, Presidente di Ferrara Arte e co-curatore della mostra, contenute nel suo saggio del catalogo legato all’esposizione: «L’umanità si è riprodotta con l’accelerazione con cui le immagini hanno moltiplicato il mondo, consentendo di dominare l’“altrove”. Le ricerche tecniche avanzano di decennio in decennio producendo dagherrotipi, fotoeliografie, zincografie, via via fino alle attuali tecnologiche digitali ed elettroniche che prescindono dalla stampa e che privilegiano la riproduzione “luminosa”, fantasmatica, sopra uno schermo, come nel computer o nei telefoni cellulari. Da qui, pertinentemente, Zannier conia il neologismo “fotofanie”, ossia “apparizioni”, per distinguerle dalle fotografie che necessitano di un supporto cartaceo».
La serialità, l’infinita, stordente, riproducibilità dell’immagine fotografica, resa oggi sempre più possibile, non viene, dunque, connotata da Sgarbi in negativo. Anzi, il non essere più necessariamente vincolati al supporto materiale per la fruizione dell’immagine, rende maggiore questa sua impalpabilità, questo suo assomigliare, come nessun’altra arte, a qualcosa appartenente a un altrove, a un altro mondo, a un’ulteriore dimensione.
Leggiamo a proposito le parole dello stesso Zannier, contenute nello stesso catalogo: la «fotografia non è soltanto un mezzo, ma possiede una sua specifica bellezza! La sua Natura. L’immagine che oggi risulta dopo lo “scatto” dell’otturatore è fatta, come tutta la fotografia, ma qui soprattutto, di LUCE conseguente e finale e basta; una luce definitivamente, sorprendentemente fanica (Fotofania, un mio neologismo!). È un’apparizione, che scompare mediante un altro semplice scatto e si trasforma ancora, se si vuole, in una complessa formula matematica che “non si vede” ed è imprigionata in una schedina. Un’equazione che, volendo, diventa una Foto-grafia quando si provvede a offrirle un supporto, ossia un suo specifico corpo, di carta, cartone o ciò che si vuole, per sentire le vibrazioni della sua superficie, tattile anche, e per chi ha buon naso, il suo profumo.
La cosiddetta Realtà è condivisa oggi velocemente con queste immagini fantasmagoriche, fotofanie, simulacri, sembianze, nelle quali siamo sommersi, senza pace né speranza, se non quella, che io ho, di cogliere, capire – e quindi accettare – la nuova simbologia della realtà, in quella luce pura ed evanescente di questa nuova Realtà». La magia dell’ineffabile sembra, dunque, vincere sulla spoetizzante saturazione derivante dalla moltiplicazione infinita. Una lettura originale questa di Zannier, pur opinabile, che ricorda come sia difficile interpretare un evento finché questo sia ancora “contemporaneo” e non ancora del tutto storicizzabile.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 5 marzo 2021