È da poco uscito il nuovo volume di Lucia Vantini, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane, con un contributo introduttivo della biblista ferrarese Silvia Zanconato

È possibile educare al desiderio, per sua natura libero e soggettivo? E qual è il “giusto equilibrio” tra spregiudicatezza e imprevisto e, dall’altra, bisogno di una stella polare che orienti?
Sono alcune domande sorte spontaneamente in chi scrive leggendo l’ultimo interessante testo di Lucia Vantini, “Educazione” (In Dialogo, 2022, collana “Agape”). L’autrice, presidente del Coordinamento Teologhe Italiane (CTI), nonché docente di teologia e antropologia, affronta in maniera empatica e non superficiale il delicato tema dell’educazione, non riducendolo a facili, o freddi, suggerimenti manualistici.
Nel fare ciò, si fa “aiutare” dalla collega Silvia Zanconato, biblista e docente ferrarese (insegna religione al Liceo Ariosto e alla Scuola di teologia diocesana “Laura Vincenzi”).
Quella donna che educò il Maestro
Quest’ultima, infatti, nel contributo introduttivo presente nel volume, analizza una vicenda particolare di “educazione”, quella dell’incontro di Gesù con la donna greca, di origine siro-fenicia, nella regione di Tiro e di Sidone (Mc 7,24-31). Dalla supplica di lei di scacciare il demonio dalla figlia, inizia un breve ma spiazzante botta e risposta fra i due: «”Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini”. Ma essa replicò: “Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli”. Allora le disse: “Per questa tua parola va’, il demonio è uscito da tua figlia”».
Parole dure, incomprensibili e apparentemente senza giustificazione, quelle di Gesù, nemmeno ipotizzando, come prova a fare Zanconato, che la donna, per le sue origini, fosse una “privilegiata”, abitante in una zona di potere e di forti ingiustizie. Anche considerando questo aspetto, scrive la stessa biblista, «il disagio per la veemenza di una tale reazione non si dissolve completamente». In ogni caso, è innegabile come siano «le abilità retoriche della donna e la sua prontezza di linguaggio al centro, non l’autorità di Gesù. Ed è lei, la siro-fenicia, l’unica persona ad avere la meglio su Gesù in una disputa, l’unica in tutta la tradizione sinottica». Una donna capace di trasformare il “gettare il pane” che sembra riferito a cani famelici, in un’immagine domestica di «cagnolini sotto la tavola».
Sembra, insomma, prosegue Zanconato, «che sia il Maestro a imparare una lezione», a cambiare idea, da questa «insospettabile maestra». «Abituato ad avere la meglio, diversamente da altre occasioni, Gesù esce sconfitto da uno confronto verbale, colpito dalla logica della donna a tal punto da modificare la sua posizione».
Gesù, quindi, viene “educato” dall’imprevisto, da questa visita inattesa che «lo porta altrove, lo estrae imprimendo alla sua strategia missionaria una nuova missione». «Dopo questo incontro Gesù – scrive ancora Zanconato – sembra ritrovare nuova sicurezza, come se questa donna, che “da fuori” lo ha raggiunto forzando la sua chiusura, gli abbia fatto dono di un orizzonte ampio, cogliendo forse più acutamente il potenziale del regno che Gesù proclamava».

Quel desiderio che spalanca la vita
Quell’altrove mai del tutto definibile, quei nuovi orizzonti che l’altro ci spalanca, sono ciò che rende possibile una vera “educazione”. Non si tratta, per Vantini, tanto di un atteggiamento maieutico, che dovrebbe “tirar fuori” (come suggerirebbe l’etimologia) una vocazione, un’identità, qualcosa di prestabilito, di già deciso. Al centro, invece, vi sono sempre la libertà e l’imprevisto, la creatività generatrice. Educare, scrive l’autrice, «non sopporta alcuna rigidità ma esige comunque fermezza», e questa si gioca «soprattutto nell’accettazione di involontari sconfinamenti in territori sconosciuti e incerti, senza tuttavia mai smarrire l’ostinazione per la fioritura della vita».
Gli «sconfinamenti liberi» di cui parla Vantini sembrano ancora più “incoscienti” nell’epoca del crollo di tante certezze e di tante sicurezze. Ma l’ansia e il disorientamento che possono nascere, pur non dovendo mai mancare una bussola, possono essere affrontati con la solidarietà, cioè col riconoscimento, «l’interpretazione» e la «narrazione» delle fragilità di ognuno, a partire dalle proprie. Lavoro di consapevolezza, questo, che passa inevitabilmente dal corpo, luogo dove «si incontrano la necessità e la libertà del soggetto, in una tensione che domanda di riconoscere e obbedire al dato biologico e alla sua espressività. Ma anche di interpretarlo e di personalizzarlo. L’attuale rimozione dei corpi non aiuta a fare questo lavoro simbolico».
Ma ciò che spalanca il soggetto è il desiderio dell’Altro, «quel varco che mantiene gli esseri umani aperti e ancorati al mondo, e che consente loro di coinvolgersi personalmente in ciò che accade». Desiderio che, per Vantini, «è sempre epifanico: rivela chi siamo perché rivela ciò che ci sta a cuore». Ma perché il desiderio non si riduca a piccole e misere soddisfazioni, non sia «degradato» ma profondo e complesso, bisogna che l’educazione «punti alla dimensione spirituale», cercando una tensione positiva fra il bisogno di radicamento e quello di fecondità. Solo da questi due elementi può nascere una speranza fondata. Speranza che – com’è inevitabile – recherà quei tratti “assurdi” di chi pretende di creare disordine rispetto al già noto, al già detto. Un’impudenza da non reprimere, generatrice, come nel caso della donna greca che incontra Gesù, di sviluppi inattesi.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 17 giugno 2022