
di Andrea Musacci
Un anno di Giunta Fabbri. Proprio 55 anni dopo l’uscita di “Un anno d’amore” dell’immortale Mina. Ed è stato un anno d’amore tra la nuova Giunta e la città “d’arte e cultura”? “Cosa vuol dire un anno d’amore”? Chiediamocelo.
Partiamo dalla fine. Anzi, dal centro. Dopo anni di incessante martellamento sulla criminalità in Zona GAD, eccola scomparire. No, non la zona GAD ma la criminalità. O meglio, non proprio la criminalità dalle strade, purtroppo, ma per ora solo dalle parole dei neoamministratori cittadini.
E quindi spazio al centro: dopo litigate con gruppi di universitari alticci nella famigerata zona Mayr / Verdi, e minacce di recinzione, si è arrivati, causa (o scusa) emergenza covid e necessità di distanziamento, alla chiusura di piazza Verdi. Chiusa, recintata, manco fossimo in zona GAD. Movida non sicura, “sicurissima”. E l’intera zona – pubblica! – chiusa il mercoledì, venerdì e sabato sera per evitare assembramenti e schiamazzi, con tanto di dispiegamento di decine tra steward privati (scelti dai cinque maggiori locali della via ma pagati dal Comune), vigili, carabinieri e finanzieri a controllo dei varchi. Per la cronaca, chi scrive è potuto transitare a piedi attraverso questa “zona rossa” alle 22.30 di venerdì 12 giugno, nonostante il mancato patto di sangue con uno dei 5 locali prescelti, solo per gentile concessione di uno steward di 4 metri quadri. Perché la zona, immaginata per ospitare 900 avventori (contati) ne ospitava forse 100. Ottimo risultato, insomma.
Ma l’ “industria del divertimento” ideata da “Mayr+Verdi” e dalla nuova Giunta non demorde e andrà avanti almeno tutto luglio. Almeno. Perché “anche quando l’emergenza pandemica sarà rientrata – ha spiegato il 2 giugno l’Assessore alla Sicurezza Nicola Lodi -, la nostra idea è quella di mantenere (ad libitum?, ndr) questo progetto di ‘Movida sicura’ ”. Altro che ruspa. Di solito si dice: si nasce incendiari, si muore pompieri. Qui, invece, si nasce “ruspanti” e si muore brindanti.
E dopo aver donato piazza Verdi ai 5 locali orbitanti la piazza stessa, – con buona pace dell’uso collettivo della città e della possibilità di ravvivarla con iniziative teatrali, proiezioni di film, letture pubbliche, presentazioni letterarie o eventi solidali -, ora anche il Giardino delle Duchesse è stato sacrificato ad altrettanti locali dei dintorni, che possono trattarlo come il proprio “giardino di casa”, ad uso esclusivo per i propri affari.
Questo è il salotto. Ma passare dal salotto al trastullo è un attimo. Se salotto dev’essere perché faticare per arrivarci. Misteri del nuovo corso (politico), soprattutto la mattina, in pieno centro, sono triplicati, tra il divano e il comò del salotto urbano, macchine e furgoni di ogni tipo, parcheggiate anche sui marciapiedi di un altro corso, non quello politico, ma Martiri della Libertà. E proprio da quel marciapiede lo scorso dicembre il busker Jiri è stato cacciato (nella città dei buskers), per un alterco col vicino banchetto del partito di maggioranza relativa in città. Disturbo alla quiete, dissero.
Quello che evidentemente non ha provocato il corteo danzante del 1° maggio (ma fatto il giorno 5) dal Vice Sindaco Lodi per le vie della città (nel salotto e non) per ridare vigore e speranza al popolo affranto, forse confondendo la Festa del Lavoro con la Festa del Raviolo. Pazienza se il Prefetto Campanaro non ha dato il nulla osta all’evento essendo un po’ tutti – sai com’è – ancora in lockdown. Comunque, tra un Albano e un Pappalardo, con un dispiegamento di polizia urbana che manco sotto i Grattacieli, grande è stata la festa, con finale “brindante” a S. Martino. E ruspa in garage. E anche qui amen per il fracasso subito da tanti concittadini chiusi “a casa loro”. Il luna park deve andare avanti.
Se si deve marciare, allora non può non esserci un trenino itinerante, il City Red Bus, annunziato in pompa magna lo scorso novembre e tornato a mordere l’asfalto del salotto cittadino dal 6 giugno scorso. Per la gioia di turisti assetati di cultura&libertà, con la possibilità – com’è scritto sul sito dell’azienda promotrice – di “un noleggio esclusivo per festa di laurea, compleanno, matrimonio o un evento speciale a bordo dei nostri mezzi”, con “itinerari personalizzati”, “possibilità di scegliere punti di partenza e arrivo” e “di decorare e personalizzare il mezzo con striscioni o teli, addobbi floreali, palloncini, musica a bordo”.
Se qualcuno non fosse ancora convinto sul progetto “Ferrara luna park”, ecco un bel “brand” come si deve per vendere qualsiasi cosa purchessia: “Ferrara feel the event”, per raccogliere “le iniziative di svago e i momenti culturali e artistici della città destinati ad attrarre e coinvolgere nuovi visitatori e turisti”, spiega l’Assessore preposto e gongolante. E dentro ci sta pure il festival giornalistico di Internazionale come la mostra di Banksy, quello street artist per antonomasia contro il “decoro ubano” ma che se lo imbalsamiamo e impacchettiamo dentro un museo, sai che giro di soldi per la città?
E il Castello poteva rimanere fuori dal parco giochi? Certo che no. E allora il prossimo 31 ottobre, per il secondo anno consecutivo, si ripeterà il “Monsterland Halloween Festival”, con dj glitterati, zombie e streghe a più non posso, perché, come recita la presentazione di “Ferrara feel the event”, “la città, oggi, chiede di essere guardata con occhi nuovi”. Più chiaro di così.
Ah, ultima cosa: dopo anni di lotte contro il potere ghibellino al grido “Basta con gli amici degli amici degli amici ecc. che controllano mezza Ferrara, cultura compresa!”, i neoguelfi si sono detti: “molti nemici, molto onore”… o meglio: “pochi amici, così stiamo anche più larghi”. Anzi, meglio uno, il presidente di Ferrara Arte, la cui Fondazione Cavallini Sgarbi a inizio anno ha stipulato una convenzione col Comune di Ferrara, che, “a fronte del prestito della collezione (Cavallini Sgarbi, ndr), corrisponderà alla Fondazione una royalty su ogni biglietto di ingresso al museo del Castello”: una percentuale sui ricavi pari al 20%.
Un atto d’amore che sigilla, lo possiamo dire, un anno d’amore. Ma tra chi?
(29 giugno 2020)


“Dato che non voglio sentirmi triste… a volte rido, senza motivo”. “Allora ridi!”. Da queste battute di un dialogo tra Cloe e Christopher nell’episodio “Il filo pericoloso delle cose” (parte del film collettivo “Eros”), prende spunto il titolo dell’esposizione di Elisa Leonini e Sara Dell’Onze “…E allora ridi”, inaugurata sabato 20 giugno nella Green Lobby di Factory Grisù a Ferrara. Quella in via Poledrelli è in assoluto una delle prime in città dopo la fine del lockdown. Un “primato” quasi dovuto dato che avrebbe dovuto inaugurare il 29 febbraio scorso, se il timore – fondato – dell’imminente chiusura degli spazi pubblici non avesse convinto artiste e organizzatori a rimandare. Si tratta di un’installazione site specific realizzata a quattro mani, in parte già presentata nell’autunno del 2012 al Torrione, sede del Jazz Club, per il centenario della nascita del regista ferrarese. Allora il progetto espositivo si intitolava “A volte rido lo spazio di una notte”, mentre la mostra di Grisù, che vede l’aggiunta di alcune opere inedite, sembra appunto una risposta al titolo precedente. E così, in parte, è. Infatti, le opere esposte – sia su carta sia stampe su legno o su tessuto, oltre a un video – riprendono fotogrammi e brani delle sceneggiature di quattro pellicole del Maestro: “La notte”, “Deserto Rosso”, “Il grido” e “Il filo pericoloso delle cose”. Se la tristezza nelle opere di Michelangelo Antonioni assume spesso la forma di una malinconia dolce, di uno struggimento sordo, di un passato che riecheggia nelle parole e sui volti dei personaggi, allora è volutamente coraggioso ed enigmatico il tentativo delle due artiste di riflettere sul tema dell’incomunicabilità – così caro ad Antonioni –, scomponendo e ricomponendo brani dei dialoghi, frammenti visivi, proponendo nuovi significati e invitando il visitatore a fare altrettanto. “È una mostra importante – ci spiega Leonini -, anche per dare un segnale di ripartenza alla città, a Grisù e all’arte stessa, così penalizzata da questa emergenza ”. La scelta della Factory Grisù, tra l’altro, dipende anche dal fatto che, fra le varie attività, ospita la Scuola d’Arte Cinematografica “Florestano Vancini”. “Per questo – prosegue Leonini – volevamo dare un valore aggiunto agli allievi della Scuola, proponendo loro una visione ampliata, e differente, sul mondo del cinema”. La mostra dovrebbe rimanere a Grisù fino alla fine dell’anno o perlomeno fino a settembre – ottobre, per organizzare eventuali visite guidate per le scuole.

Le parole di Missanelli (FISM): “la scuola di Jolanda a rischio chiusura, più contributi e rivedere il modello formativo”
La graduale rinascita della Cattedrale di Ferrara a breve conoscerà un’ulteriore importante tappa: nei prossimi mesi, infatti, l’antica sacrestia settecentesca a fianco del campanile tornerà al suo antico splendore. Dopo la ripartenza dei lavori all’interno del Duomo, sono quasi giunti a conclusione quelli di riparazione dei danni post sisma e miglioramento sismico della porzione di edificio affacciante da un lato su Piazza Trento e Trieste, dall’altro sulla zona absidale. Una volta ultimati, l’ampio ambiente sarà probabilmente utilizzato per la celebrazione di Messe feriali. Ma è ancora tutto da decidere. Fondamentali e doverosi, in ogni caso, sono stati i lunghi e complessi lavori non solo strutturali ma sugli imponenti armadi e sull’altare, che ridonano luce a un pezzo irrinunciabile della storia della nostra Chiesa locale. Nel terribile secondo bombardamento del 28 gennaio 1944, che colpì la città causando la morte di 202 persone, almeno 12 delle quali rifugiatesi nel campanile, oltre ai danni ingenti subiti dall’abside, venne colpita l’allora sede del Capitolo e l’antica sacrestia venne in seguito abbandonata. Da allora, fu sempre e solo usata come magazzino e ripostiglio. La lunga attesa è stata di recente ulteriormente prolungata per il rinvio dell’inaugurazione prevista tra marzo e aprile scorsi causa lockdown. I lavori di restauro, che hanno visto l’ex Amministratore del Capitolo della Cattedrale mons. Marino Vincenzi come primo promotore, sono stati progettati e diretti dall’arch. Maria Chiara Montanari, col cantiere diretto dal geom. Daniele Chiereghin della IBF Emilia di Ferrara, la supervisione tecnica dello studio “Struttura” srl e la sorveglianza della Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio. I lavori strutturali sull’edificio sono stati eseguiti con i finanziamenti del MUDE (i contributi post sisma 2012, gestiti dal Comune di Ferrara), quasi 200mila euro spesi per consolidamento delle fondazioni, cuci/scuci delle murature, consolidamento, con iniezioni, dei muri, della volta, della parte strutturale della copertura, e per l’inserimento di un sistema di catene a due livelli. Tutti gli altri lavori sono stati, invece, finanziati dal Capitolo della Cattedrale, per un’ulteriore spesa di poco inferiore rispetto a quella del MUDE.
Queste le operazioni svolte: restauro e pulizia del lampadario con aggiunta dell’argano a motore per calarlo in occasione delle necessarie operazioni di pulizia; restauro e pulizia dell’altare e degli apparati decorativi; rifacimento dell’intero impianto di illuminazione, con utilizzo di luci al led, e dell’impianto dell’acqua; nuovo impianto di sorveglianza (anche video) e nuovo impianto di riscaldamento a pavimento; rifacimento del pavimento stesso, restauro delle due porte (la prima, d’accesso e la seconda nella parete di fronte) e delle quattro finestre (due delle quali, una da un lato e una dall’altro, con comando elettrico); tinteggiatura interna (delle pareti e del soffitto) ed esterna con ripresa dei colori originali; infine, rifacimento del manto di copertura. Riguardo ai maestosi armadi in noce, in passato nella parte superiore ospitavano grandi candelabri, croci, paramenti, ostensori e reliquiari di grandi dimensioni, mentre gli scomparti più piccoli nella parte inferiore, soprattutto paramenti. Il loro restauro è avvenuto grazie alla CBM di Asolo, ditta trevigiana specializzata proprio nei restauri di mobili per le chiese. A inizio lavori, nell’autunno del 2017, gli addetti della CBM hanno interamente smontato gli armadi per portarli nei propri laboratori, dove è stata eseguita anche una prova di montaggio prima del ricollocamento lo scorso febbraio. Fra le operazioni, oltre alla finitura a cera e al trattamento antitarlo, sono state rifatte alcune serrature, cerniere, chiavi e maniglie in bronzo, e ridipinti gli interni. Infine, un’altra buona notizia per “riconsegnare” pur parzialmente gli ambienti esterni dell’area del Duomo: a breve è prevista la riapertura, pur con un percorso obbligato, dell’accesso della p.zzetta San Giovanni Paolo II da piazza Trento e Trieste.
È ufficiale: l’8 giugno, dopo quasi un anno di sospensione, ripartono i lavori all’interno della Cattedrale di Ferrara. In questo periodo di emergenza legato al Coronavirus, tutti i cantieri hanno dovuto fermarsi. Solo un mese fa, dal 27 aprile, e molto gradualmente, sono stati un po’ alla volta riaperti. Ora tocca anche ai lunghi e complessi lavori riguardanti il nostro Duomo, chiuso al pubblico, lo ricordiamo, da marzo 2019. È una notizia tanto attesa e che non può che ridare speranza. L’incertezza del periodo non può però che riguardare anche le prossime tappe degli interventi. In ogni caso, come ci spiega don Stefano Zanella, Direttore dell’Ufficio Tecnico Amministrativo diocesano, “gli Uffici della Regione Emilia-Romagna e della Soprintendenza hanno continuato a lavorare autorizzando così il progetto presentato dall’Arcidiocesi e che riguarda i primi due pilastri della Cattedrale”. Gli interventi consistono nella “spicconatura, bendaggio e pulitura dei due soggetti ad oggi indagati e nel rafforzamento – tramite barre filettate iniettate all’interno – del pilastro che è stato identificato come pilota. Si proseguirà anche con l’indagine nei restanti di questi elementi architettonici per perfezionare questo tipo di lavoro su ogni parte dell’edificio. Indagando sui primi due pilastri – sono ancora parole di don Zanella -, agli antipodi della Cattedrale uno rispetto all’altro, si è potuto valutare un comportamento differente e proprio per questo si è adattato l’intervento unitario alle due specificità”. Dalla prima indagine era infatti emerso come i pilastri vennero costruiti attorno alle antiche colonne medievali (foto in basso a destra). Pilastri che, però, essendo tutti differenti fra di loro, richiedono di essere analizzati singolarmente. Per questo motivo, “i lavori che verranno successivamente realizzati sono conservativi e di rafforzamento locale per riuscire a restituire alla mole della basilica la solidità necessaria per poterla riaprire al culto. “Non siamo ancora in grado di stabilire date certe per la ripresa della normale vita liturgica e delle visite all’interno del massimo tempio cittadino – prosegue -, ma come accaduto già all’inizio di questo lungo percorso di recupero, continuiamo a cercare soluzioni fattibili e di sicurezza per venire incontro alle esigenze di tutti: sacerdoti, fedeli e turisti. Ringraziamo oggi – come otto anni fa – la competenza e l’attenzione da parte dei tecnici dell’Agenzia per la Ricostruzione e il Servizio Geologico, Sismico e dei Suoli della Regione Emilia-Romagna. Non manchiamo di sottolineare anche la presenza competente e collaborativa dei tecnici della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna oltre che del Segretariato Regionale per i Beni Culturali”. In questi giorni ricorre il doloroso anniversario del sisma che nel 2012 colpì anche le nostre terre. “Da quei fatidici 20 e 29 maggio di otto anni fa – riflette don Zanella -, anche se con rammarico non sempre siamo stati in grado di restare al passo con i tempi burocratici, comunque come Ufficio Tecnico Amministrativo siamo riusciti a seguire le procedure di gare d’appalto e rendicontazione richieste dalla legislazione vigente”. Riguardo ai lavori sul campanile della Cattedrale, “richiamati” dall’impalcatura ancora presente sui vari lati, essendo, come per la facciata del Duomo, Stazione appaltante il Comune di Ferrara, la tempistica è differente. Per quanto riguarda, invece, gli interventi all’interno del Palazzo Arcivescovile, ci spiega don Zanella, “si sta completando la gara d’appalto. Molto probabilmente i lavori inizieranno il prossimo autunno”. Il pensiero, infine, va anche ai tanti altri progetti in Diocesi: “c’è ancora molto da realizzare, penso ad esempio alle parrocchie di Porotto o di Vigarano Mainarda che sono ferme in fase di progettazione e di autorizzazione. L’Ufficio Tecnico Amministrativo diocesano con impegno, perseveranza e professionalità, continua a sollecitare i tecnici incaricati ed i funzionari affinché quanto prima si possano vedere realizzati i cantieri e i lavori per restituire anche questa preziosa parte di patrimonio ecclesiastico alla comunità”.
Gli organizzatori del festival “Cardini Atelier Aperti”, inizialmente previsto il 21 e 22 marzo, poi spostato al 23 e 24 maggio, hanno deciso di rinviarlo al 2021. Sì, perché il festival in questione (promosso e co-organizzato da CNA Ferrara in collaborazione con un team di professionisti esperti di arte contemporanea) è alquanto particolare, presupponendo un peregrinare tra le vie della città, da uno studio di artista all’altro, da un laboratorio all’altro, per scoprire in un fine settimana “i luoghi più intimi della creazione artistica”. Le date di fine maggio, però, in un certo sono rimaste, solo l’appuntamento è andato online, con due Webinar sulla pagina Facebook del festival (“Cardini Atelier Aperti a Ferrara”). “Non si è trattato della versione di Cardini online – ci spiegano gli organizzatori -, ma di un piccolo gesto per confermare il nostro impegno in quella data, il nostro modo di esserci ora, in un momento in cui non è possibile realizzare il festival come immaginato assicurando le corrette condizioni sanitarie per la salvaguardia di tutti. Abbiamo dunque optato per un paio di ‘incontri virtuali’, ‘chiaccherate’ con alcuni artisti e artigiani che avrebbero partecipato alla seconda edizione di Cardini, per mantenere l’impegno con il pubblico del festival nelle date concordate”. Perché non ‘spostare’ il festival dopo l’estate?”, chiediamo. “Cardini è un festival che anzitutto si basa sulle persone”, ci rispondono gli organizzatori. “La particolare incertezza ad oggi sulla ripresa e sulle modalità con cui si svolgeranno le attività scolastiche dell’anno 2020-2021, rende difficile programmare lo slittamento dell’evento nella sua forma originale entro il 2020”. L’ambito scolastico è, infatti, l’altro pilastro del progetto, che rimane dunque vincolato alla ripresa delle scuole: “gli studenti del Liceo Artistico Dosso Dossi (una classe quarta e una classe quinta, quest’anno 4A-5A), con un percorso formativo dedicato, hanno avuto modo di conoscere artisti e artigiani partecipanti al festival, di studiare la loro poetica e i loro atelier/laboratori, per poterli presentare al pubblico e per poterli aiutare durante il weekend di Cardini. Non escludiamo però la possibilità di iniziative ‘altre’ targate Cardini dopo l’estate”.