
Indagine nella quotidianità dell’odio contro gli ebrei, fra web, tv e carta stampata. Dal Brasile all’Iran, dalla Turchia agli USA, suprematismo bianco, antisionismo di sinistra e islam si intrecciano in una spirale di disprezzo e violenza tanto arcaica quanto contemporanea. A rimetterci sono sempre loro, colpevoli di tutto. Anche di esistere
di Andrea Musacci
In un libro scritto nel 2018, Deborah E. Lipstadt, storica della Shoah, riflette: «Al cuore di tutte le teorie del complotto c’è l’idea di una congrega segreta di potenti, un’élite demoniaca che controlla elementi cruciali di una determinata società. I teorici del complotto si affidano a un ragionamento tortuoso: proprio il fatto che non si possa identificare con precisione i cospiratori “prova” l’esistenza del complotto» (“Antisemitismo. Una storia di oggi e di domani”, Luiss University Press, gennaio 2020).
Il libro non poteva certo immaginare l’arrivo del Coronavirus, ma in quella citazione l’autrice intuisce cosa la pandemia avrebbe portato nell’odio millenario contro gli ebrei in quanto tali. Quale occasione migliore, infatti, per folle sparse in ogni angolo del globo per marchiare ancora una volta gli ebrei come responsabili e approfittatori della nuova “peste”.
Gli ebrei untori: dai territori palestinesi agli USA (passando per la Germania)
La storia non è certo nuova a complotti di questo tipo: negli anni della peste nera in Europa (1347-1351) le accuse contro gli ebrei di essere gli untori causarono pogrom che portarono alla distruzione di 200 comunità ebraiche in tutta Europa. Gli ebrei vennero accusati di avvelenare pozzi e fontane, così da permettere la diffusione della “morte nera”. Qualche secolo più tardi, solo per fare qualche esempio, nel 1719 a Udine un proclama reiterava il divieto del 1556: agli ebrei, accusati dell’introduzione della peste in città, fu proibito di abitarvi e di condurre attività di prestito, pena sanzioni pecuniarie e il sequestro dei beni, compresi i depositi presso il Monte di pietà. Le cronache del 1556 riferiscono che il contagio fu introdotto a Udine da masserizie infette trasportate da ebrei della città che si erano recati a Capodistria. Questi deliri furono riproposti dalla propaganda nazista nel 1941 quando si diffuse la voce che gli ebrei polacchi fossero colpevoli della diffusione del tifo.
Ma veniamo ai giorni nostri. Sull’edizione italiana di “Pars Today”, sito di notizie di proprietà del feroce regime iraniano, un articolo del 12 marzo 2020 accusa Israele di usare il virus per uccidere i prigionieri palestinesi: «Israele ha inviato un medico malato tra i prigionieri palestinesi della prigione di Ashkelon in modo da contagiarli tutti con il coronavirus», spiega il delirante articolo. «Dopo il contagio dei prigionieri palestinesi con il coronavirus, le autorità carcerarie israeliane si sono rifiutate di fornire qualsiasi tipo di assistenza medica lasciando morire i carcerati». Naturalmente tutto falso: il medico seppe solo dopo la visita di essere positivo al Coronavirus e nessuno mai provò che avesse contagiato altre persone.
Carlos Latuff è un fumettista brasiliano osannato nell’area della sinistra antisionista. Nel 2006 ha partecipato (vincendo il secondo premio) all’International Holocaust Cartoon Contest, concorso negazionista promosso per la prima volta nel 2014 dal quotidiano iraniano Hamshahri. L’estate scorsa ha realizzato una vignetta in cui si vede un soldato israeliano che, dopo aver demolito un presunto “Covid-19 testing centre” a Hebron in Cisgiordania, sorride vittorioso all’ormai noto simbolo del Coronavirus con sembianze umane. Alcuni funzionari del ministero della Salute dell’Autorità Palestinese hanno dichiarato al Jerusalem Post di non essere a conoscenza dei piani per costruire un “Covid-19 testing centre” a Hebron. Si è poi scoperto, infatti, che l’edificio costruito illegalmente sarebbe dovuto diventare la sede di una concessionaria di auto.
Spostandoci in Europa, ad Amburgo in Germania, il 7 aprile nei vagoni della metropolitana sono stati scoperti alcuni adesivi rappresentanti la stella di David che i nazisti applicarono agli indumenti degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. L’adesivo ha al centro il simbolo che indica “rischio biologico” e due scritte – “infetto” e “Coronavirus” -, per porre in relazione gli ebrei con la diffusione del Covid-19.
Un altro esempio, fra i tanti, della teoria degli “ebrei untori” lo peschiamo negli USA: il 12 marzo l’ex-capo del Ku Klux Klan David Duke ha twittato l’ipotesi che Donald Trump fosse rimasto contagiato, incolpando di ciò Israele e «l’elite sionista globale». I gruppi di estrema destra statunitensi, servendosi di social e altri siti web, affermano regolarmente che il loro Paese è governato da quello che definiscono ZOG (Zionist Occupied Government, “Governo d’occupazione sionista”), un gruppo internazionale di ricchi ebrei che ha come obiettivo un unico governo mondiale guidato da loro.
«Un complotto giudaico mondiale»
Gli ebrei come eterni “burattinai” che controllano le redini del mondo, cospirando di continuo a tal fine, è uno dei tropi più diffusi nella storia.
Negli ultimi mesi gli esempi si sprecano. Lo scorso 6 marzo in Turchia Fatih Erbakan, leader della formazione islamista Nuovo Partito del Benessere (Yeniden Refah Partisi) in un intervento pubblico ha affermato: «Anche se non ne abbiamo la prova certa, questo virus serve gli interessi del sionismo, che sono quelli di diminuire il numero degli esseri umani e di impedire che cresca. Il sionismo è il batterio vecchio di cinquemila anni che ha causato la sofferenza di tanta gente». Sempre in Turchia, l’ex colonnello dell’esercito, Coskun Basbug, sul canale televisivo A-Haber, di proprietà della famiglia del presidente Erdogan, ha sostenuto che gli ebrei avrebbero inventato e diffuso il Coronavirus «per modellare il mondo a loro piacimento e neutralizzare il resto della popolazione».
Sempre a marzo in Iran vari organi di stampa hanno rilanciato l’intervista rilasciata dal complottista americano James Fetzer, professore di filosofia in pensione dell’Università del Minnesota, alla catena televisiva iraniana in lingua inglese Press TV, di proprietà della Irib, la TV di Stato: «credo che quello a cui stiamo assistendo, sotto il mantello della pretesa epidemia di coronavirus, è un attacco con armi batteriologiche contro l’Iran da parte di elementi sionisti che sfruttano la situazione».
Anche in questo caso il nostro Continente si dimostra tutt’altro libero da certe nefandezze. Il report di un ente di consulenza indipendente del governo britannico ha studiato 28 popolari forum NO VAX sui social media: «molti di questi post – è scritto nel report – suggeriscono che gli ebrei abbiano creato il coronavirus e che stiano tramando dietro le quinte per destabilizzare banche e Paesi attraverso la diffusione del virus».
In Spagna il 14 marzo sul sito di estrema sinistra “Kaosenlared”, vicino agli indipendentisti baschi, è uscito un articolo secondo il quale «il coronavirus è uno strumento per la Terza Guerra Mondiale rilasciato dall’imperialismo yankee sionista. L’elite anglosassone capitalista e sionista, nemica di tutta l’umanità, ha compiuto un ulteriore passo nella sua offensiva criminale e genocida».
Nella vicina Francia, Alain Mondino, capogruppo del partito RN (successore del Front National) nel comune di Villepinte vicino Parigi, ha postato sul social network russo VK un video secondo cui il virus è stato creato dagli ebrei «per imporre la loro supremazia».
Le tesi antisemite sul vaccino anti Covid
In queste settimane grande diffusione su ogni media ha avuto la notizia – poi rivelatasi una fake news – secondo cui Israele stia negando ai palestinesi la distribuzione del vaccino anti Covid-19. Una forma aggiornata, insomma, dell’“ebreo untore” che ora, al contrario, non contagerebbe il resto del mondo ma impedirebbe agli altri di curarsi. Sul Jerusalem Post, a inizio gennaio è stato il giornalista arabo israeliano Khaled Abu Toameh a ristabilire la verità dei fatti: «i palestinesi non si chiedono che Israele venda loro, o acquisti per loro, il vaccino da qualsiasi paese. I palestinesi affermano che riceveranno presto quasi quattro milioni di vaccini di fabbricazione russa. L’Autorità Palestinese dice che, con l’aiuto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è riuscita ad assicurarsi il vaccino da altre fonti». L’Autorità Palestinese, infatti, come altri Paesi mediorientali vicini, a febbraio inizierà a ricevere dosi di vaccini Sputnik V e AstraZeneca. Inoltre, gli Accordi di Oslo del ’93 tra israeliani e palestinesi stabiliscono che l’Autorità Palestinese è responsabile dell’assistenza sanitaria per i palestinesi in Giudea, Samaria e striscia di Gaza, comprese le vaccinazioni. Da allora l’Autorità Palestinese tutela gelosamente questa sua prerogativa.
Come scrive Uri Pilichowski sul Times of Israel del 4 gennaio scorso, «gli accusatori di Israele (…) esigono che Israele dia massima autonomia ai palestinesi e allo stesso tempo pretendono che Israele garantisca ai palestinesi tutto ciò che garantisce ai propri cittadini. È un’argomentazione che ignora i fatti. I fatti sono che i palestinesi hanno voluto l’autonomia anche per quanto riguarda l’assistenza sanitaria della propria gente».
II 16 marzo scorso un profilo Twitter legato alla statunitense “Nation Of Islam”, il gruppo islamico afroamericano suprematista e antisemita di cui fece parte Malcolm X, ha insinuato che il virus sia stato creato da Israele come arma biologica. Diversi mesi dopo, il 27 dicembre, Ishmael Muhammad, Assistente nazionale del leader della “Nation of Islam” Louis Farrakhan, ha messo in guardia i neri contro i vaccini per il Covid-19 durante una recente serie di conferenze intitolate “American Wicked Plan” (“Il piano perverso dell’America”). Citando Farrakhan, Muhammad ha detto: «Negli anni Sessanta (…) Elijah Mohammed (che guidò la “Nation of Islam” prima di Farrakhan, ndr) consigliò ai suoi seguaci di non assumere il vaccino per la polio». Farrakhan – ha aggiunto Muhammad – aveva scoperto che esistono due tipi di vaccini per l’influenza, uno che contiene il mercurio e altri additivi e un altro, privo di queste sostanze, «per gli ebrei e per coloro che sono al corrente degli additivi chimici presenti in questi vaccini».
Sempre a marzo 2020 un anonimo lettore ha recapitato al quotidiano “Libero” un messaggio dove spiegava che il coronavirus è stato diffuso dal Mossad, i servizi segreti israeliani, in modo che gli israeliani stessi potessero poi produrre «un vaccino che, essendo ebrei, venderanno al miglior offerente».
«Gli ebrei? Non sono cittadini»: pensieri dall’Italia di oggi
A breve ricorrerà il Giorno della Memoria per commemorare le vittime dell’Olocausto. Furono 6.806 gli ebrei italiani deportati nei campi di sterminio nazisti, dai quali ne sono ritornati soltanto 837. Sono stati 322, invece, gli ebrei italiani arrestati e uccisi nel nostro Paese tra il 1943 e il 1945. Dei 6.806 sopracitati, 1.023 furono le vittime del rastrellamento del ghetto di Roma, deportate direttamente al campo di sterminio di Auschwitz. Soltanto 16 di loro sopravvissero.
Il 21 febbraio del 2020 Sergio Mattarella si è recato alla Sinagoga di Roma per incontrare la Comunità ebraica della capitale, la più antica di Europa, che ancora oggi conta 13mila membri, oltre un terzo di quelli in tutta Italia. Sempre Deborah E. Lipstadt nel sopracitato libro spiega come «l’antisemitismo non è semplicemente l’odio per qualcosa di “straniero”, ma l’odio per un male perpetuo che agisce nel mondo. Gli ebrei non sono un nemico, ma il nemico per eccellenza».
Come darle torto. Passato e presente si fondono in un unico turbine di disprezzo e violenza. “Dalla vostra parte” è un gruppo Facebook di “discussione politica” (si fa per dire) seguito da 33.400 persone. Alcuni dei 120 commenti di risposta al post sulla visita di Mattarella alla Sinagoga romana recitano così: «Per Mattarella [gli ebrei] sono i veri romani. Contenti loro…», scrive ad esempio Massimo L. . «A Mattarella interessano tutti tranne noi italiani», è il pensiero di Manuela C. .
Persone normali che, nel 2020, un secolo dopo le squadracce fasciste, credono, esternandolo senza problemi, che gli ebrei non siano cittadini italiani, e che quindi non abbiano gli stessi diritti degli altri.
Ancora un esempio del “quotidiano” e diffuso odio antisemita. Novembre 2019: nello stesso gruppo Facebook, sotto un post denigratorio nei confronti di Liliana Segre, rivolgendosi a lei, Leonardo R. commenta: «Purtroppo 80 anni fa qualcuno non ha fatto bene il suo mestiere, è per questo che la finanza mondiale, della quale la tua gente è a capo, sta strangolando il mondo».
Continue dimostrazioni di come purtroppo storia e presente siano uniti in un’unica terribile ossessione antiebraica.
Buon Giorno della Memoria, allora. Ce n’è davvero bisogno.
Andrea Musacci
Pubblicato su “La Voce di Ferrara-Comacchio” del 22 gennaio 2021






Tornando al libro, mons. Toso elenca tre principi fondamentali che l’essere umano dovrebbe seguire per rispettare le leggi della natura: il «principio di entropia», che richiama l’irreversibilità di tutti i processi naturali, il «principio della minimizzazione di ogni forma di impatto ambientale» e il «principio di precauzione», affinché non siano procurati danni, soprattutto se a lungo termine o irreversibili. «Gli equilibri del pianeta rischiano di alterarsi qualora i popoli e le istituzioni non siano sollecitati a combattere il cambiamento delle temperature, della pioggia, dell’aria, del suolo, quando siano in circolazione miliardi di virus, la cui maggior parte è ospitata da animali. L’impreparazione dimostrata dai vari continenti e governi» nell’affrontare la pandemia da COVID-19 – è la denuncia del prelato -, «sollecita ad una revisione urgente delle strategie e delle politiche, come anche al superamento di una cultura antropocentrica, di una visione consumistica della vita umana, di un capitalismo rapace. È evidente che è del tutto mancata una politica preventiva sia in Europa sia nel mondo». Oltre a ciò, secondo mons. Toso è stata praticata una politica «irresponsabile» per i vari «tagli irrazionali alla sanità» e perché «si è lesinato nella ricerca e sulla formazione di medici ed infermieri». La vera, prima, rivoluzione da attuare, secondo il Vescovo, è dunque a livello metafisico ed etico: per il futuro «non potrà mancare l’apporto di un pensiero pensante, non strumentale, come quello sinora prevalso», scrive. «Solo così potrà essere disponibile un nuovo umanesimo sapienziale, una nuova progettualità, la visione di uno sviluppo integrale, solidale, sostenibile, inclusivo, strutturato in termini di trascendenza». Questa «conversione ecologica» – riflette mons. Toso – per i cristiani «comporta il lasciar emergere tutte le conseguenze dell’incontro con Gesù nelle relazioni con il mondo che li circonda. Ovvero le conseguenze della riconciliazione con il creato, con i fratelli e, quindi, un modo alternativo di intendere la qualità della vita, la scelta di una felice sobrietà, la gioia della gratuità e del dono, della condivisione, la pace interiore, il ringraziamento a Dio per i suoi doni, nuovi stili di vita, una fraternità universale, l’impegno sociale e politico a favore del bene comune e di un’ecologia integrale». Più che mai è necessario diventare «protagonisti di una nuova evangelizzazione dell’ecologia» – con l’«organizzazione della connessa attività pastorale» – e di un «nuovo umanesimo integrale, sociale, anch’esso ecologico, capace di integrare storia, cultura, economia, architettura, vita quotidiana nelle città e nelle aree rurali», coniugando «la giustizia ecologica (degrado degli ecosistemi)» e la «giustizia sociale (debito ecologico tra Paesi; carenza di solidarietà intergenerazionale; crescente impoverimento delle popolazioni più deboli)». Infine, nel volume ampio spazio è dedicato anche al ruolo della famiglia nell’ecologia integrale e alle tematiche specifiche riguardanti il diritto fondamentale per ogni essere umano all’alimentazione, all’utilizzo dell’energia sostenibile e all’acqua, seguendo il principio della destinazione universale dei beni.
Le parole di Missanelli (FISM): “la scuola di Jolanda a rischio chiusura, più contributi e rivedere il modello formativo”

A due mesi dall’inizio dell’emergenza, la situazione di molti nuclei famigliari col passare del tempo si aggrava. Ad attutire, almeno in parte, questa “caduta” nelle vite di tante persone è la rete di solidarietà delle associazioni, di cui fa parte anche “Viale K”. “Da circa 20 sono diventate quasi 60 le persone che quotidianamente vengono a mangiare alla nostra mensa” alla Rivana, ci spiega il Direttore Raffaele Rinaldi, e lo stesso vale per la consegna dei pacchi viveri il venerdì pomeriggio. Questi nuovi assistiti sono perlopiù “persone che si mantenevano con qualche lavoretto, o la cui azienda dove lavoravano ha chiuso. Sono italiani e stranieri che hanno visto il Reddito di cittadinanza dimezzarsi – prosegue Rinaldi – o quelli che sono stati esclusi dai ‘buoni spesa’ del Comune di Ferrara” (a fine aprile dichiarati “discriminatori” dal Tribunale di Ferrara, ndr). L’Associazione, però, inizia ad accusare la fatica del periodo: nonostante l’innesto di quattro nuovi volontari e le donazioni di imprese e privati, il forte aumento di assistiti richiederebbe un numero maggiore di forze e più risorse dalle istituzioni. “Viale K – si rammarica Rinaldi – è stata esclusa dalle recenti risorse assegnate dall’Amministrazione Comunale”. Il riferimento è ai 15mila euro destinati lo scorso 5 maggio al Terzo settore (nello specifico, 8mila sono andati al Centro di Solidarietà-Carità, 5 mila alla nostra Caritas e 2mila al Mantello di Ferrara).
Altro capitolo dolente è quello riguardante il Dormitorio ”Villa Albertina” in zona Mizzana: “la struttura ospita una ventina di persone, limite massimo – ci spiega ancora Rinaldi -, costrette anch’esse dalle limitazioni a stare chiuse, con tutte le conseguenze dal punto di vista psicologico per soggetti che spesso hanno problemi di dipendenze”. Nelle ultime settimane, 5 posti che si sono liberati, sono stati occupati da altrettanti “senza tetto”. E a proposito di persone che faticano o faticheranno a trovare una dimora, Viale K si è vista rifiutare, sempre dal Comune di Ferrara, un progetto per accogliere alcuni detenuti che, in questo periodo di emergenza, usufruiranno degli arresti domiciliari. “Alcune di queste persone se non trovano un alloggio, verranno comunque a chiederci aiuto”. Spostando la riflessione più in generale, Rinaldi riflette con noi su come quest’emergenza “stia facendo venir fuori le reali difficoltà della società, quindi chi sono i veri fragili”. Ciò che si può fare, grazie al contributo di ognuno – “è di tornare alla normalità, ma non quella malata di prima, che escludeva gli ultimi. Dovremmo, invece – conclude – ripensare l’intero welfare”. Esiste, anche a Ferrara, una fondamentale rete dal basso di associazioni di volontariato, “ma manca una vera politica sociale: non possono essere quasi solo le associazioni a reggere soprattutto in periodi come questo. Anche nella nostra città, il Comune faccia tesoro di questo patrimonio e lo porti a sistema, cercando fondi regionali e nazionali per sostenerlo”.