L’esempio di una famiglia italo-pakistana di Ferrara: una riflessione a partire dalla querelle bolognese e di come la tradizione sia da intendere come apertura all’altro senza necessariamente rinnegare le proprie radici
A livello nazionale si è discusso per giorni del famigerato “tortellino dell’accoglienza”, proposto a Bologna in occasione della festa del patrono, San Petronio, come alternativa, accanto al turtlén tradizionale, a chi, ebreo o musulmano, per cultura, abitudine o tradizione, sceglie di non mangiare carne di maiale. Apriti cielo: l’Arcidiocesi è stata costretta a spiegare, con un comunicato ufficiale, come incontro con l’altro significhi, appunto, andargli “incontro”, e quindi rispettarne anche usi e costumi sempre che a venir meno non siano principi fondamentali (e non è certo questo il caso). Evidentemente, però, per alcuni puristi – ideologici a tutto tondo, non solo a livello culinario – è più importante la forma che la sostanza. Sostanza che, fra l’altro, certo non manca nemmeno a livello gastronomico, per questa novità ideata dall’Associazione Sfogline di Bologna e Provincia insieme al Forum delle associazioni familiari dell’Emilia Romagna, organizzatori della festa insieme al Comitato per le manifestazioni petroniane, di cui fanno parte Comune e Diocesi. Ma questa diatriba felsinea ha lasciato “basita” una famiglia ferrarese, composta da Elena, Ullah e dai loro figli adolescenti, Haroon e Sagid, abituata dal 2001 a gustarsi nelle feste natalizie il “cappelletto musulmano”, come loro stessi lo hanno battezzato. Elena, infatti, è cattolica e ferrarese doc, e non intende rinunciare alle proprie tradizioni. Ullah, invece, pakistano e musulmano. Essendo a conoscenza delle usanze del suo Paese d’origine, la nonna e la prozia materne di Haroon e Sagid, di comprovata stirpe estense (dunque ben consapevoli di cosa significhi, anche a tavola, l’identità), hanno “alleggerito” il batù della carne suina, sostenute dagli altri membri della famiglia, senza che “l’ombelico di Venere” fosse in alcun modo “desacralizzato”. Questa innovativa tradizione famigliare e interreligiosa, apparsa a loro da sempre come “naturale”, nel 2017 ha anche ricevuto un piccolo ma importante riconoscimento pubblico. Haroon, allora 12enne frequentante il secondo anno dell’Istituto Comprensivo “Dante Alighieri”, insieme alla propria classe ha partecipato all’annuale concorso indetto dall’Istituto, denominato “Habitat”, nel quale gli studenti sono invitati – attraverso le più svariate forme artistiche – a raccontare, partendo dalla traccia “C’era una volta…e c’è ancora”, cosa significhi l’ambiente nel quale si vive, dunque anche di riflettere sulle proprie tradizioni. Haroon realizzò un video di quasi tre minuti nel quale, mentre nella prima parte venivano illustrati alcuni luoghi e piatti tipici della sua duplice identità – quella ferrarese e quella pakistana -, nella seconda, lui stesso spiega la genesi e la realizzazione, grazie anche alla prozia, del “cappelletto musulmano”. Nella cerimonia di premiazione, svoltasi il 10 maggio al Teatro Comunale, Haroon non solo vinse il secondo premio (ex aequo con altri) ma anche un premio speciale, che la giuria gli assegnò all’unanimità per l’originalità con la quale scelse di declinare il tema della tradizione e dei valori. “Questi due mondi sembrano inconciliabili, vero?”, spiega lui stesso all’inizio del video, concludendo poi con questa frase argutamente ironica e che mostra come fossero evitabili tanti “travasi di bile” emersi nei giorni scorsi sulla querelle bolognese: “non esiste differenza culturale che riesca a fermare nonne e zie emiliane!”.
Andrea Musacci
Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” l’11 ottobre 2019
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Pinzini e salame per finanziare l’attività benefica dell’Associazione “Noi per Loro – Opera Mons. Giulio Zerbini onlus”. Anche quest’anno, in occasione del Ferrara Buskers Festival, dietro il campanile della Cattedrale giovedì 24, venerdì 25, sabato 26 e domenica 27, dalle 17 alle 24, l’Associazione diretta da Mons. Antonio Bentivoglio che aiuta i detenuti poveri della Casa Circondariale di Ferrara, propone quattro serate di autofinanziamento. Si potranno gustare, a prezzi economici, gli ottimi pinzini artigianali, fritti e serviti, farciti con salame o prosciutto crudo oppure vuoti, oltre a bibite, birra, ampia scelta di vini, e lotteria con ricchi premi (1 biglietto = 1 euro). Novità di quest’anno, l’angolo con aperitivo (spritz, mojito, prosecco).
Anche la nostra tradizione culinaria è protagonista al Ferrara Buskers Festival. Fino a domenica 27, infatti, nel Largo Castello, lato Giardini di viale Cavour, l’Associazione di volontariato “Oltre i muri” è presente con il suo gazebo dove propone tagliatelle al ragù e lambrusco per finanziare i propri progetti in ambito sociale. L’onlus, nata nel 2014 e presieduta da Vincenzo Musella, commercialista napoletano residente a Ferrara, è in prima linea in attività di sensibilizzazione per i più giovani riguardanti la sicurezza, il bullismo, il cyberbullismo e una corretta alimentazione. Proprio per quest’ultimo ambito, e per la cultura del chilometro zero, in questi giorni ripropone l’iniziativa intitolata “La Tagliatella ti fa bella – Ambasciatori del gusto”, già svolta lo scorso giugno in occasione di “Comacchio by night” e lo scorso dicembre nella sede della BLN in corso Porta Reno a Ferrara per la raccolta fondi a favore di Telethon. Da settembre, infine, l’Associazione tornerà in alcune scuole e parrocchie di Ferrara e provincia per sensibilizzare i più giovani sui temi sopracitati.

Nasce dall’idea di cucina come luogo dell’anima, come passione che si eredita in famiglia, l’idea di pubblicare due libri di ricette. L’autrice è Laura Bertelli, classe ’83 originaria di Renazzo, e i suoi libri, usciti da circa un mese per Logos edizioni, si intitolano “Delizie in pausa pranzo” e “Delizie sotto l’albero”. L’amore per la cucina, la Bertelli la eredita da sua nonna Irma, da sua madre, e da sua zia Lella, modelli fin dalla più tenera età nell’arte culinaria. Circa un anno fa inizia a partorire l’idea di realizzare alcune pubblicazioni, aprendo anche un sito, 
Un biglietto da visita per presentare l’anima più vera di Ferrara, quella delle tante osterie, dei bar, ristoranti o alberghi, alcuni dei quali ormai chiusi, dove si sono intrecciate vicende personali e aneddoti storici, incontrati gente comune e personaggi famosi come Mina o Mastroianni.
Per la tradizione ferrarese la coppia di pane è più che un alimento, è un simbolo: un simbolo al tempo stesso dolce e piccante. Queste due anomale caratteristiche sono state illustrate venerdì all’Osteria delle Porte Serrate di via Montebello, 79, con l’inaugurazione della mostra fotografica “L’anatomia della coppia” di Maria Chiara Bonora, a cura di Maria Livia Brunelli e in collaborazione con la Mlb home gallery. Una ventina di fotografie a colori che vogliono indagare, attraverso l’anatomia culinaria e umana, la sensualità tipica dell’eterno connubio tra eros e cibo: il colore ambrato della coppia si (con)fonde, infatti, con l’incarnato della pelle. L’appagamento del gusto, come quello sessuale, non riguarda solo bisogni fisiologici e di sopravvivenza personale e della specie, ma anche un piacere intellettuale e sensuale che trascende la mera necessità biologica.
Un laboratorio per unire arte e gastronomia è in programma oggi nella sede dell’Associazione Rrose Selavy in via Ripagrande, 46 a Ferrara. A partire dalle 10, Chiara Sgarbi cercherà di proporre un approccio creativo agli alimenti di uso quotidiano, mostrando le riflessioni e le rappresentazioni del cibo nell’arte, letteratura, pubblicità, cinema e nei fumetti. Una giornata, dunque, ricca di proiezioni, letture e soprattutto esercitazioni laboratoriali nelle quali mettersi in gioco divertendosi.