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Se a Ferrara il “cappelletto accogliente” esiste da 20 anni…

7 Ott

L’esempio di una famiglia italo-pakistana di Ferrara: una riflessione a partire dalla querelle bolognese e di come la tradizione sia da intendere come apertura all’altro senza necessariamente rinnegare le proprie radici

02_Cappelletti_-_Cappellacci_-_Pasta_ripiena_-_Cucina_tipica_-_FerraraA livello nazionale si è discusso per giorni del famigerato “tortellino dell’accoglienza”, proposto a Bologna in occasione della festa del patrono, San Petronio, come alternativa, accanto al turtlén tradizionale, a chi, ebreo o musulmano, per cultura, abitudine o tradizione, sceglie di non mangiare carne di maiale. Apriti cielo: l’Arcidiocesi è stata costretta a spiegare, con un comunicato ufficiale, come incontro con l’altro significhi, appunto, andargli “incontro”, e quindi rispettarne anche usi e costumi sempre che a venir meno non siano principi fondamentali (e non è certo questo il caso). Evidentemente, però, per alcuni puristi – ideologici a tutto tondo, non solo a livello culinario – è più importante la forma che la sostanza. Sostanza che, fra l’altro, certo non manca nemmeno a livello gastronomico, per questa novità ideata dall’Associazione Sfogline di Bologna e Provincia insieme al Forum delle associazioni familiari dell’Emilia Romagna, organizzatori della festa insieme al Comitato per le manifestazioni petroniane, di cui fanno parte Comune e Diocesi. Ma questa diatriba felsinea ha lasciato “basita” una famiglia ferrarese, composta da Elena, Ullah e dai loro figli adolescenti, Haroon e Sagid, abituata dal 2001 a gustarsi nelle feste natalizie il “cappelletto musulmano”, come loro stessi lo hanno battezzato. Elena, infatti, è cattolica e ferrarese doc, e non intende rinunciare alle proprie tradizioni. Ullah, invece, pakistano e musulmano. Essendo a conoscenza delle usanze del suo Paese d’origine, la nonna e la prozia materne di Haroon e Sagid, di comprovata stirpe estense (dunque ben consapevoli di cosa significhi, anche a tavola, l’identità), hanno “alleggerito” il batù della carne suina, sostenute dagli altri membri della famiglia, senza che “l’ombelico di Venere” fosse in alcun modo “desacralizzato”. Questa innovativa tradizione famigliare e interreligiosa, apparsa a loro da sempre come “naturale”, nel 2017 ha anche ricevuto un piccolo ma importante riconoscimento pubblico. Haroon, allora 12enne frequentante il secondo anno dell’Istituto Comprensivo “Dante Alighieri”, insieme alla propria classe ha partecipato all’annuale concorso indetto dall’Istituto, denominato “Habitat”, nel quale gli studenti sono invitati – attraverso le più svariate forme artistiche – a raccontare, partendo dalla traccia “C’era una volta…e c’è ancora”, cosa significhi l’ambiente nel quale si vive, dunque anche di riflettere sulle proprie tradizioni. Haroon realizzò un video di quasi tre minuti nel quale, mentre nella prima parte venivano illustrati alcuni luoghi e piatti tipici della sua duplice identità – quella ferrarese e quella pakistana -, nella seconda, lui stesso spiega la genesi e la realizzazione, grazie anche alla prozia, del “cappelletto musulmano”. Nella cerimonia di premiazione, svoltasi il 10 maggio al Teatro Comunale, Haroon non solo vinse il secondo premio (ex aequo con altri) ma anche un premio speciale, che la giuria gli assegnò all’unanimità per l’originalità con la quale scelse di declinare il tema della tradizione e dei valori. “Questi due mondi sembrano inconciliabili, vero?”, spiega lui stesso all’inizio del video, concludendo poi con questa frase argutamente ironica e che mostra come fossero evitabili tanti “travasi di bile” emersi nei giorni scorsi sulla querelle bolognese: “non esiste differenza culturale che riesca a fermare nonne e zie emiliane!”.

Andrea Musacci

Pubblicato su “la Voce di Ferrara-Comacchio” l’11 ottobre 2019

http://lavoce.epaper.digital/it/news

https://www.lavocediferrara.it/

 

Il potere del Pop secondo Pasca, e molto altro: tutte le nuove mostre a Ferrara e provincia

7 Mag
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Un’opera di Riccardo Bottazzi

Un altro fine settimana ricco di inaugurazioni artistiche attende il nostro territorio, in particolare diverse località della provincia.
“Rosso di sera” è il titolo della nuova personale di Riccardo Bottazzi che inaugura oggi alle 18 nella Casa d’arte “Il vicolo” a Bondeno (vicolo della Posta 9). Visitabile fino al 4 giugno, è organizzata insieme ad Associazione Bondeno cultura, Auxing e Galleria Carbone.
La personale di Massimo Pasca, “POP have the power” inaugura oggi alla stessa ora alla Porta degli Angeli (alla fine di corso Ercole I d’Este) a Ferrara. L’artista salentino espone quaranta tra illustrazioni e pitture. La mostra, visitabile fino al 14 maggio, fa parte del progetto Algorithmic, sostenuto da Evart con la curatela di Andrea Amaducci e Maria Ziosi. Durante l’inaugurazione si esibisce Juri Rizzati con i suoi sintetizzatori vintage.
Sempre oggi, stessa ora, nello show room La Tognazza a Palazzo Spisani a Ferrara (via Byron 10) per la rassegna “Arte&Vino” inaugura, con degustazione di vini, la personale “Il viaggio” di Andrea Pirani. La mostra, a ingresso gratuito, è visitabile fino al 14 maggio.
La personale fotografica itinerante “Maheela” (donna, in lingua nepalese), curata da Luca Chistè inaugura oggi alle 16 a Palazzo del Governatore a Cento nell’ambito della Festa del Volontariato. L’obiettivo è di avvicinare sempre più persone al piccolo Stato dell’Himalaya, grazie agli scatti del fotografo Giacomo D’Orlando.
All’ex Convento dei Cappuccini di Argenta, invece, oggi alle 17.30 inaugura “Ri-scatti d’acqua. Un percorso fra immagini e parole”, mostra di oltre 70 foto scattate dall’argentana Monica Zamboni, corredate da testi. La mostra rimarrà aperta fino al 28 maggio.
E sempre oggi, alle 17, nella sala Nemesio Orsatti di Pontelagoscuro (via Risorgimento, 4) inaugura la collettiva “Una tavolozza – Quindici pittori”, organizzata dal Laboratorio di pittura del Centro sociale culturale di Borgo di Vigarano Mainarda e Pro Loco Pontelagoscuro, nell’ambito delle iniziative del Maggio Pontesano. La mostra è aperta, a ingresso libero, da oggi al 21 maggio tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19, lunedì chiuso.

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Massimo Pasca

Domani alle 16.30, invece, in occasione del “Maggio dei Libri” il Museo Magi ’900 di Pieve di Cento (Bo) ospita “Trame”, personale di Sara Bolzani, a cura di Valeria Tassinari e visitabile fino all’11 giugno.
Da ieri, invece, nella Galleria Portanova 12, a Bologna, è possibile ammirare la personale “evolve” del ferrarese Alessio Bolognesi, a cura di Massimiliano Sabbion e visitabile fino al 16 giugno nei giorni feriali dalle 16.30 alle 19.30.
Infine, da giovedì sul sito http://www.lacerba.com è possibile visitare la mostra on-line “Non solo pop” organizzata dalla Galleria Lacerba di Alfredo Pini, con sede in via Goretti 5/7, a Ferrara. In mostra, ed in vendita opere, fra gli altri, di Tommaso Cascella, Umberto Mariani e Marco Lodola.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 6 maggio 2017

Dialogo con l’arte: le mostre in città e fuori dalle mura

25 Feb
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Da sinistra, Patrick Tabarelli, Jasmine Pignatelli, Giorgio Cattani e Maria Letizia Paiato

Due artisti «viandanti»  che, attraverso linguaggi artistici differenti, incrociano i rispettivi sguardi sul reale, ricreandone geometrie, frammentarietà e movimenti. Oggi alle 18 inaugura “Echo of Hidden Places”, bi-personale degli artisti Jasmine Pignatelli e Patrick Tabarelli nella galleria Fabula Fine Art diretta da Giorgio Cattani in via del Podestà, 11 a Ferrara. Il nuovo progetto espositivo, curato da Maria Letizia Paiato, raccoglie, alternandole tra loro, le opere di Tabarelli, non più realizzate a mano ma da drawing machine, e quelle della Pignatelli. I due hanno assorbito, attualizzato e reinterpretato personalmente le riflessioni sull’arte astratta del Novecento, dialogo, questo, tra radici e contemporaneità, tipico della filosofia di Fabula. Questa loro rilettura si è spinta fino a mettere in dubbio lo stesso concetto di materia (e, dunque, di reale), sperimentando costantemente in bilico con l’indeterminatezza, anche estrema: il vuoto. Così, per la Pignatelli, le pesanti croci nere (nero che richiama il nulla) si contrappongono a vettori più esplicitamente mobili e irrequieti, e in Tabarelli l’alterità del supporto tecnologico rompe, con le sue linee stranianti, le famigliari catene fenomenologiche. Proprio queste ondulazioni dai colori accesi inquietano (di un’inquietudine viva, mai annullatrice) ancor più nelle loro interazioni con le croci e gli incroci al tempo stesso parziali e direzionali, labili e razionali, della Pignatelli. Per questo, “l’eco di luoghi nascosti”(come recita il titolo in italiano) è, come ha spiegato la Paiato, sinonimo di emotività, al pari, per usare le suggestioni di Cattani, di una musica, di una danza. La mostra è visitabile fino al prossimo 8 aprile.

Quella a Fabula non è l’unica mostra che inaugura in città o nelle vicinanze. Oggi alle 18.30, infatti, alla Galleria del Carbone in via del Carbone, 18/a viene presentata “Serendipity”, personale di Nanni Menetti. In galleria verranno esposte una ventina di lavori a tempera su tavola, ottenuti assecondando il gelo. La rassegna rimarrà in parete fino al 12 marzo con i seguenti orari: dal mercoledì al venerdì, dalle 17 alle 20, sabato e festivi dalle 11 alle 12.30 e dalle 17 alle 20.

“Le regole del Giano” è, invece, il nome del laboratorio artistico in programma oggi alle 16 nello Spazio Aperto in via Carlo Mayr, 69. L’evento, a cura di Cose Comunicanti, è strutturato come un gioco di società, per imparare a realizzare un Giano Ipnotizzatore.

Spostandoci fuori città, alle ore 17 al Museo MAGI ‘900 di Pieve di Cento inaugura la mostra personale dell’artista Graziano Pompili, dal titolo “Omnia”. L’esposizione, che rimarrà aperta fino al 30 aprile ed è curata da Valeria Tassinari, Pompili propone una sintesi dei passaggi salienti della sua ricerca artistica.

Infine, da ieri fino al 25 giugno a Palazzo Fava in via Manzoni, 2 a Bologna è visitabile la mostra collettiva “Costruire il Novecento. Capolavori della Collezione Giovanardi”, novanta opere provenienti dalla Collezione Giovanardi realizzate dai migliori pittori italiani attivi tra le due guerre mondiali. La mostra, curata da Silvia Evangelisti, raccoglie opere, tra gli altri, di Giorgio Morandi Carlo Carrà, Filippo De Pisis, Massimo Campigli e Mario Sironi, Mario Mafai e Ottone Rosai.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 25 febbraio 2017

Inaugura ArteFiera Bologna: Ferrara di scena con gallerie e artisti

26 Gen
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ArteFiera Bologna 2016: lo stand della MLB home gallery

La più importante rassegna di arte moderna e contemporanea dʼItalia, ArteFiera Bologna, è in programma da domani fino a lunedì nei padiglioni di BolognaFiere. La 41esima edizione, con la nuova direzione artistica di Angela Vettese, vede 178 espositori, di cui 153 gallerie e 25 fra editori, librerie, istituzioni e periodici dʼarte. Curatela e mercato le parole chiave di questa nuova edizione, con una selezione delle gallerie che punta sulla qualità, ma anche sull’attenzione alla coerenza del progetto espositivo e a nuove realtà artistiche che si affacciano sul mercato, oltre all’interesse curatoriale dei progetti presentati e uno sguardo attento alle produzioni indipendenti.

Due anche le gallerie ferraresi presenti alla kermesse internazionale. La galleria Mazzacurati Fine Art (con sede in corso Martiri della Libertà, 75) sarà presente con l’allestimento intitolato “Gutai, Michel Tapié et les artistes autres…”, con particolare attenzione al Gruppo Gutai, movimento artistico giapponese fondato a Osaka nel 1954. Di questo saranno esposte a Bologna, grazie a Mazzacurati, opere di Shōzō Shimamoto, Yasuo Sumi, Atsuko Tanaka, Kazuo Shiraga, Yozo Ukita e Hisao Domoto. Accanto a loro, in dialogo, opere di artisti occidentali come Michel Tapié, Georges Mathieu, Hans Hartung, Jean-Paul Riopelle, Paul Jenkins e Sam Francis.

La MLB home gallery diretta da Maria Livia Brunelli partecipa, invece, nel padiglione dedicato alla fotografia, sul tema della fragilità, con quattro artisti: Silvia Camporesi, che presenta la serie “Atlas Italiae” (la fragilità dei luoghi abbandonati), Mustafa Sabbagh con “Candido” (la fragilità umana), Stefano Scheda, e il fotografo siriano Omar Imam. Presenti, inoltre, opere di Giovanna Ricotta e di Anna Di Prospero.

Inoltre, ricordiamo che in occasione di ArteFiera, fino a domenica 29 gennaio il Museo Ferruccio Lamborghini di Argelato (Bo) ospiterà l’esposizione fotografica “Sheroes” di Federico Borella, dedicato al progetto Sheroes Hangout Café, locale per turisti vicino al Taj Mahal fondato dalla Ong Stop Acid Attack con lo scopo di reinserire nella società e nel mondo del lavoro le donne vittime di attacchi con l’acido.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 26 gennaio 2017

Da Morandi a Pazienza, l’arte bolognese in mostra

29 Set

70 anni di arte bolognese in mostra fino al prossimo 8 gennaio a Palazzo Fava a Bologna, con la mostra “Bologna dopo Morandi. 1945-2015”, a cura di Renato Barilli. 150 opere di circa 70 artisti, tutti nati o attivi a Bologna e dintorni.

Qui mie foto di alcune delle opere in parete.

Andrea Musacci

«Il silenzio e la solitudine della modernità»: a Bologna un incontro per ricordare l’uomo e il pittore Dino Boschi

21 Set

14433140_1461937170490219_1056652746426036432_nUna figurazione intimista, una pittura del silenzio e della solitudine, ma che non disdegnava rappresentare anche luoghi e folle della modernità, seppur nella loro alienazione. Si può riassumere così la poetica di Dino Boschi (Bologna, 30 luglio 1923 – Bologna, 20 settembre 2015), pittore attivo per quasi 70 anni, dal 1947 al 2010.

Ieri sera nella sede di CUBO Unipol a Bologna si è svolto l’incontro dal titolo “I luoghi e le cose di Dino Boschi. Un ricordo”, in occasione della retrospettiva “Il mondo dietro la collina”, ospitata negli stessi spazi fino al prossimo 8 ottobre. Dopo i saluti di Alberto Federici, Direttore di CUBO, ha preso avvio l’incontro-dialogo tra Franco Basile, noto critico d’arte e Alberto Boschi, figlio di Dino e Docente di Storia del Cinema all’Università degli Studi di Ferrara. L’incontro, moderato dalla curatrice e critica d’arte Angela Memola, ha visto la presenza di circa un centinaio di persone.

«A Bologna – ha esordito Basile – tanti pittori vestivano in modo stravagante per mostrare il loro essere artisti. Erano gli anni in cui dominava l’Informale, ed emergevano la Pop Art e l’Iperrealismo. Boschi invece no: sapeva eludere tutto ciò che era di “moda”, era elegante e distinto ma vestiva normalmente, poteva sembrare un funzionario delle Poste! Era normale, e perciò trasgressivo». Si è iniziato così a delineare la personalità di Boschi, uomo e artista schivo e, potremmo dire, tradizionale, che ha fatto della semplicità e del rigore le cifre della sua vita e del suo fare artistico.

Come ha spiegato lo stesso figlio Alberto, «mio padre era una persona molto riservata, oltre che metodica, regolare e abitudinaria nel lavoro e nel quotidiano. Anche la sua creatività non ha mai avuto grandi oscillazioni: non ricordo particolari momenti di crisi creativa, ad esempio. Il suo studio non era un luogo inaccessibile ma comunque molto privato». Un altra caratteristica era, nonostante la sua metodicità, la mancanza di ordine in alcuni ambiti: «ad esempio – ha proseguito Alberto Boschi – non ha mai tenuto un registro delle sue opere».

Il figlio ha poi ripreso il rapporto del padre col mondo artistico bolognese nel periodo di dominio dell’Informale, vale a dire tra gli anni ’50 e gli anni ’60. «Non aveva interesse per la pittura astratta, e poi nel periodo di egemonia dell’Informale, in quanto figurativo [della cosiddetta Nuova Figurazione, ndr] si sentiva ostracizzato, e di ciò ne soffriva. Non parlava, però, mai con disprezzo o astio dell’opera di un altro artista, nonostante avesse gusti molto netti. Parlava dei pittori che amava, non di quelli che non amava».

Scendendo più nel dettaglio dello stile e della poetica di Dino Boschi, il figlio Alberto ha spiegato come egli «non dipingesse di getto e non amava i pittori che dipingevano di getto, ma restava giorni e giorni su un quadro, rifinendolo e aggiustandolo. Al tempo stesso, però, non progettava le proprie opere, non faceva cioè schizzi, bozzetti o disegni preparatori, ma dipingeva direttamente sulla tela bianca».

«Un pittore sincero e misurato», l’ha dunque definito Basile, «che non dipingeva tanto ciò che vedeva, ma ciò che sentiva», che percepiva. «A lui – ha proseguito il critico – non interessavano gli oggetti in sé ma gli interni come luoghi del silenzio: infatti, amava la solitudine proprio perché gli permetteva di sentire le cose». Profondamente legato al silenzio e alla solitudine vi è il ricordo, che Boschi cercava di rappresentare sulla tela, «come se ci fosse in lui sempre un desiderio inappagato, come se vivesse alla periferia di un sentimento remoto». Basti pensare al suo “ciclo delle spiagge” degli anni ’70, che lui amava, appunto, a fine stagione, e che solitamente «non frequentava, ma ricordava o sognava».

Durante la serata è stata anche proiettata una rara videointervista rilasciata da Boschi nel 2001 a un emittente TV privata, girata nella sua casa. Dopo aver ricordato alcuni dei pittori ai quali si ispirava, come Pierre Bonnard, Francis Bacon e Alberto Giacometti, ma anche Felice Casorati e il suo maestro Giorgio Morandi («il più grande pittore della Metafisica»), ha analizzato brevemente alcune sue opere. Ad esempio, il “ciclo delle stazioni”, «nato dal mio desiderio di indagare il cielo e le nuvole, cioè quelle forme informi, alle quali ho deciso di contrapporvi la linearità e le geometrie dei treni». Oppure, l’opera “L’urlo” del 1964 (del “ciclo delle partite di calcio”), che «richiama una certa poetica, ad esempio cinematografica, come quella bergmaniana, quando ancora l’urlo era una possibile rappresentazione della disperazione, mentre nel mondo consumista l’urlo non è accettato, perché la stessa disperazione non è considerata possibile».

Infine, a significare la complessità del vero artista, nonostante non fosse un pittore “di getto” Boschi durante l’intervista dichiara il proprio amore per un pittore gestuale come Filippo de Pisis, e spiega come, nonostante la costanza e l’equilibrio, per lui «il momento dell’inizio, la tela bianca, fosse davvero tremendo!»

Andrea Musacci

“Pellegrini, viaggiatori, viandanti”: a Bologna le stupende creazioni di Zanni

12 Giu

Qui sotto alcune immagini della mostra.

Il noto scultore ferrarese Sergio Zanni espone la sua nuova personale “Pellegrini, viaggiatori, viandanti” nel Museo e Oratorio di Santa Maria della Vita in via Clavature, 8 a Bologna. La mostra, a cura di Graziano Campanini, rimarrà aperta fino al 26 giugno dalle ore 10 alle 19, tutti i giorni tranne il lunedì.

Sergio Zanni (Ferrara, 1942) si è diplomato all’Istituto d’arte “Dosso Dossi” di Ferrara, per poi frequentare l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Fino al 1995 ha insegnato nello stesso Istituto “Dosso Dossi”. Fra le sue precedenti esposizioni ricordiamo le seguenti: Centro Attività Visive, Palazzo dei Diamanti, Ferrara (1973), PAC Ferrara (1981), Biennale Arte Milano (1985), Galleria Forni Bologna (1987, 2006), Arte Fiera Bologna (1989, 1990, 2000). Infine, nel 2011 ha esposto nel Padiglione Italia della 54º Biennale di Venezia.

Andrea Musacci

 

Lo scultore ferrarese Zanni inaugura a Bologna la sua nuova mostra

19 Mag

13256482_513259592199603_1890527069754919643_nIl noto scultore ferrarese Sergio Zanni oggi alle ore 18 inaugura la sua nuova personale “Pellegrini, viaggiatori, viandanti” nel Museo e Oratorio di Santa Maria della Vita in via Clavature, 8 a Bologna. La mostra, a cura di Graziano Campanini, rimarrà aperta fino al 26 giugno dalle ore 10 alle 19, tutti i giorni tranne il lunedì. Sergio Zanni (Ferrara, 1942) si è diplomato all’Istituto d’arte “Dosso Dossi” di Ferrara, per poi frequentare l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Fino al 1995 ha insegnato nello stesso Istituto “Dosso Dossi”. Fra le sue precedenti esposizioni ricordiamo le seguenti: Centro Attività Visive, Palazzo dei Diamanti, Ferrara (1973), PAC Ferrara (1981), Biennale Arte Milano (1985), Galleria Forni Bologna (1987, 2006), Arte Fiera Bologna (1989, 1990, 2000). Infine, nel 2011 ha esposto nel Padiglione Italia della 54º Biennale di Venezia.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 19 maggio 2016

Oggi tante esposizioni, e molti anche gli artisti ferraresi in parete fuori città

30 Apr

Anche oggi sono molte le mostre che inaugurano nel Ferrarese, o di artisti locali che espongono in altre città.

Ferrara Off

Un’opera di Elio Talon

L’artista Elio Talon alle 19 presenta la personale “Germoglia” nello spazio bianco adiacente al teatro Ferrara Off in viale Alfonso I d’Este, 13 a Ferrara. Sculture e pergamene con testi poetici dell’artista sono incentrati sul concetto di germoglio, quale riflessione sulla genesi della forma e sviluppo dei concetti. La mostra è visitabile nel mese di maggio e fino al 26 giugno ogni mercoledì dalle 16 alle 19.

È primavera e le mostre di pittura si adeguano alla stagione in corso. “Di…fiore in fiore” è la proposta della Galleria il Rivellino che ospita in parete un’importante retrospettiva dei maggiori maestri ferraresi quali Capuzzo, Cattabriga, Crespini, Maini, Silvan, Tassini, Tassi e altri. Inaugurazione oggi alle 18 per proseguire fino all’8 maggio. Comune denominatore l’amore per il colore e la luce come appare evidente dalle opere presenti.

Una mostra fotografica (dalle ore 18 di oggi) e alcune proiezioni di fotografia naturalistica sono al centro dell’evento “Naturalmente IN Emilia-Romagna”, presso il Centro Visita Museo delle Valli di Argenta, in Via Cardinala 1/c a Campotto.

Spostandoci fuori provincia, a Bologna la nota pittrice ferrarese Rosa Maria Benini alle ore 17 inaugura la mostra personale “Miscellaneous” nella Galleria d’arte Sant’Isaia in via Nosadella, 41/a. Fino al 19 maggio saranno in mostra numerose sue opere, dalle nature morte ai ritratti, dall’arte sacra all’arte figurativa e astratta.

A Modena nella Galleria Europa – Renzo Imbeni in Piazza Grande, Roberto Selmi e Marco Sgalla espongono “Paint e pixel”, visitabile fino al prossimo 13 maggio. La particolarità della mostra è la fusione di produzioni di due artisti entrambi ferraresi, che usano tecniche molto diverse ma che si integrano. La mostra avrà altre sedi espositive, tra le quali Sassuolo e Ferrara.

Alle 17.30 nella Galleria delle Visioni a Piacenza Matteo Nannini inaugura la sua personale di dipinti a olio e tavole originali relative alle avventure del detective Wiland, protagonista dei due volumi della sua saga. La mostra è visitabile fino al 20 maggio.

Infine, a Milano presso la Galleria Spazio Porpora in via A. Porpora è possibile ammirare la collettiva “Il colore e l’arte”, a cura di Francesca Mariotti dello Spazio l’Altrove di Ferrara. In parete opere di vari artisti: Buci Sopelsa, Giancarlo Bucci, Grazia Massa, Renzo Sbolci, Guido Forlani, Valentina Pozzati, Silvana Gabudean e Leonardo Terenzi.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 30 aprile 2016

Hopper, realismo metafisico alla de Chirico e Antonioni

18 Apr

Viaggio nella mostra bolognese sull’artista statunitense esposta a Palazzo Fava. Mancano alcune opere famose, ma c’è tanto dell’immaginario dei due ferraresi.

[Qui il mio articolo su la Nuova Ferrara]

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“South Carolina Morning” (1955)

Un “realismo metafisico” in dialogo con de Chirico e Antonioni, dove le figure umane sono colte nel loro smarrimento ma anche nella loro intimità. Sono circa una sessantina le opere di Edward Hopper (1882-1967) esposte fino al 26 luglio a Palazzo Fava a Bologna. La mostra – organizzata da Fondazione Carisbo, Genus Bononiae e Arthemisia Group, con Comune di Bologna e Whitney Museum of American Art di New York – presenta l’intero arco temporale della produzione dell’artista. Hopper, nato e cresciuto a Nyack, Stato di New York, ha studiato illustrazione e pittura alla New York School of Art, per poi recarsi a Parigi tre volte (1906-1907, 1909 e 1910), viaggi che influirono fortemente sul suo immaginario, dando forma a quel tratto ancora inconfondibile.

Innanzitutto, rimarrà deluso chi attendeva di ammirare tutte le sue opere più famose, a partire da Nighthawks (1942), la grande assente. Fin dall’inizio del percorso espositivo, in ogni caso, si nota quella che diventerà la sua cifra: l’assenza, a volte fisica, altre volte spirituale, del soggetto umano, un vuoto che traspira, in interni cupi, dai volti atoni. Indicativi di ciò sono Solitary Figure in a Theater (1902-1904 ca.) o Stairway at 48 rue de Lille, Paris (1906). Proprio il periodo parigino vede, poi, una serie di paesaggi ampi e luminosi, anche se la luce appare satura e artificiale. Dal senso di claustrofobia ci si avvia, dunque, verso quegli spazi urbani emblematici dell’alienante società moderna. Prima, però, un accenno a due tele: Soir bleu (1914), inquietante quadretto, con richiami a Degas, pescato dal più torbido immaginario onirico; e Summer Interior (1909), dove affiora quella tensione erotica tipica delle sue opere. Nell’ultima sala la pittura hopperiana raggiunge l’apice. Se in Cape Cod Sunset (1934) il cielo sullo sfondo assume finalmente toni caldi, tanto in questa quanto in altre – Stairway (1949) e Second Story Sunlight (1960) –, spazi boschivi ombrosi sembrano poter inghiottire l’osservatore: neppure gli avvenenti corpi femminili – South Carolina Morning (1955) – riescono a mitigare il senso di perturbante.

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Self-Portrait (1903-1906 ca.)

E proprio quest’ultima sensazione richiama, come accennato all’inizio, l’immaginario dechirichiano e quello antonioniano. Per quanto riguarda il pittore, basti pensare alle sue piazze desolate, irreali, abitate da statue e manichini carichi di tensione. E così anche nel caso del regista riaffiorano alla mente fotogrammi di film come L’eclisse (1962), dove le fredde architetture urbane scatenano un profondo senso di spaesamento. Nel pieno della modernità e della cultura di massa, dunque, Hopper predilige l’individuo atomizzato, corroso da un vuoto interiore: ogni forma di collettività, di relazione è bandita. I soggetti umani sono come assenti, la loro posa contemplativa denuncia una stanchezza esistenziale. D’altra parte, però, questo suo insistere sul singolo rivela un profondo approccio intimistico, un monito a cercare, comunque, il volto dell’uomo.

Andrea Musacci

Pubblicato su la Nuova Ferrara il 17 aprile 2016